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'E il PD dov'è?' - Come sinistra e sindacati hanno perso il senso della realtà

Le cause della scomparsa della sinistra dalle nostre vite e dalle nostre realtà sono molte. Tra queste: il lavoro.
Piazza San Giovanni, maggio 2013. Foto di Federico Tribbioli.

C’è una domanda che circola insistentemente in questi giorni. Ce ne sono molte, a dire al vero, alcune anche abbastanza difficili da metabolizzare per la serenità collettiva. Qualche esempio a caso: faremo davvero dei censimenti su base etnica? Usciremo dall’eurozona? Chiuderemo i porti? Chi è Conte? Abbiamo realmente fatto sottosegretario all'Interno Carlo Sibilia?

Eppure, anche se sommate insieme—anche alla luce del risultato dei ballottaggi per le amministrative, con la perdita delle 'roccaforti rosse' a vantaggio del centrodestra—tutti questi interrogativi non riescono a raggiungere la percentuale di angoscia richiamata dalla domanda principale, cioè: dov’è il PD?

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Mi piacerebbe rispondere a questa domanda una volta per tutte, dicendo qualcosa come: il PD non può rispondere al telefono in questo momento, perché è morto. Ci scusiamo per il disagio!

La sigla in sé non sembra più recuperabile e la cosa più sensata da fare, probabilmente, è sperare nella nascita di nuovi soggetti politici in grado di canalizzare le forze della sinistra moderata. Tanto più che tutti quelli—come la sottoscritta—che hanno votato a sinistra hanno trovato un passatempo formidabile per ingannare l’attesa, cioè incolparsi a vicenda di aver mandato al governo delle forze autoritarie, incompetenti e pericolose. Siamo una perfetta rappresentazione plastica del declino: mentre fuori, letteralmente, si affoga, a noi interessa puntualizzare che "È colpa tua che hai votato/non hai votato il PD perché…” e via con l’autocelebrazione.

Questo è un parlarsi addosso esasperante non solo perché fuori la situazione di urgenza si aggrava costantemente, ma soprattutto perché i motivi concreti di questa sconfitta esistono e avviare una riflessione collettiva sarebbe un hobby estremamente più efficace. Il PD ha demolito la sinistra? Forse. Ma ho come l’impressione che nemmeno l'insensatezza urticante di alcune decisioni e di molti dirigenti del Partito Democratico sarebbero riusciti nella difficile impresa di smembrare un’identità storica come quella della sinistra italiana in tutte le sue varie anime, da quella movimentista a quella governista.

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Il Partito Democratico non è riuscito a soppiantare nemmeno il carrozzone di Silvio, non credo avesse molte speranze contro la memoria di Berlinguer, ecco.

Le cause della scomparsa della sinistra dalle nostre vite e dalle nostre realtà, dicevamo, sono molte, e il livello di complessità del tutto è notevolmente al di là delle mie capacità ricettive—eppure ci sono delle macro responsabilità che è difficile ignorare. Oggi parliamo di una di queste, che si dà il caso essere anche una delle principali aree operative della sinistra italiana: il lavoro.

Tramite i sindacati la teoria politica diventava tutela, diventava rete di scambio e assistenza, diventava dignità. È importante ricordarlo oggi che il ministro del Lavoro Di Maio usa la parola “dignità” per associarla a un decreto che dovrebbe combattere il precariato giovanile e invece comprende divieti di pubblicità per il gioco d’azzardo (?), tagli di incentivi alle imprese e una proposta sui riders costituzionalmente dubbia.

Le sigle storiche dei sindacati, CGIL, CISL e UIL, sono totalmente assenti nel terziario, specie giovanile. Personalmente non ho mai conosciuto una lavoratrice o un lavoratore del terziario sotto i 40 anni che avesse avuto anche un solo, romantico e fuggevole, contatto con un qualsiasi membro di un qualsiasi sindacato.

Le partite iva raccolgono i professionisti autonomi e anche la percentuale più alta di giovani sotto i 35 anni, che spesso si trovano più o meno costretti ad aprirle per lavorare. Ma sai che succede se dici a una persona di 20 anni la parola “sindacato”? Non succede niente perché quella persona non avrà idea di cosa tu stia parlando, ti guarderà come se avessi appena rilasciato accidentalmente gli sfinteri in mezzo a tutti e tornerà a produrre articoli/fotografie/film/ricerche scientifiche con contratti scadenti e compensi non adeguati, senza neanche poterli concepire, degli strumenti di reazione.

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E farà bene. Perché in questo momento non esiste una rappresentanza sindacale valida per alcune delle fasce più esposte al rischio povertà di tutta la forza lavoro, un fatto che negli ultimi anni ha permesso alle partite iva di diventare oggetto di una mattanza sociale senza precedenti, con una pressione fiscale che supera il 60 percento. Dove sono i sindacati delle partite iva? Dove sono i leader politici che ne parlano? Nessuno lo sa. Si saranno nascosti insieme ai voti del PD, chi può dirlo.

I sindacati, nel tempo, non sono riusciti o non hanno desiderato adeguarsi ai cambiamenti del mercato del lavoro, non solo quelli che riguardano i lavoratori autonomi. Probabilmente anche perché privi di una direzione politica adeguata non hanno saputo costruire nulla al di là delle forme tradizionali di lotta, valide e necessarie, ma solo per una categoria sempre più esigua di lavoratori, paradossalmente già tutelata rispetto al nuovo mercato emerso di precariato, perché già inquadrata a livello storico e legislativo. Sembra essere mancato del tutto il tentativo di dialogare con le nuove forme di professionalità o con chiunque avesse meno di 50 anni.

Non pretendo di conoscere ogni singola iniziativa sindacale degli ultimi dieci anni: se dei tentativi ci sono stati, però, non sono stati efficaci. Non è stato in nessun modo creato uno spirito associazionista e di rete, non si è tutelato, non si è elaborata nessuna forma nuova e credibile di lotta per questo proletariato nuovo di zecca che ci hanno regalato gli ultimi anni. Probabilmente erano tutti impegnati nel rendere la scaletta del concertone il più brutta possibile—che comunque dopo un po’ non deve essere facile, e di questo gli va dato atto.

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La frattura senso della realtà vs sindacati è ormai così profonda che negli ultimi giorni siamo arrivati a dei notevoli capolavori, come la UIL che si augura una grande manifestazione contro le multinazionali. Così, a caso. (Non so bene da dove cominciare. A naso mi verrebbe da dire il fatto che in Italia le multinazionali danno lavoro a quasi un milione e mezzo di persone, ma non so, ci dovrei riflettere).

Il lavoro è forse fra i temi fondanti di quella che definiamo e percepiamo come “sinistra”. Negli anni lo strumento sindacale è stato un mezzo di contatto concreto fra sinistra ed elettori, un modo per creare cultura e assistenza su base quotidiana, per non isolarsi in tante piccole inutili schegge contro il capitale. Un modo per non sentirsi soli e impotenti, in sostanza, che guarda caso sembra essere invece un punto forte della narrativa Cinque Stelle per i suoi elettori.

Il tema del lavoro è stato fra quelli che ha fatto implodere il più grande partito di centrosinistra a disposizione. Se bisogna ripartire da capo cominciare da lì potrebbe essere un buon inizio.

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