FYI.

This story is over 5 years old.

Musica

Ho amato Elio E Le Storie Tese

Ma nonostante questo, la verità è che da quando si sono sciolti non mi mancano per niente.
elio storie tese
Fotografia promozionale.

Circa un anno fa gli Elio e le Storie Tese davano l'addio alle scene. In realtà, l'annuncio era circolato già qualche mese prima tramite i loro social ma nessuno se l'era filato, tanto che sarebbe servita quell'intervista di fine ottobre a Le Iene per far sì che la notizia potesse rimbalzare davvero su quotidiani e riviste. Questa discrasia è già di per sé sintomatica di un paio di cose: di quanto la band fosse finita fuori dal "giro" e di come fosse rimasta comunque tv friendly e rispettata dai media.

Pubblicità

Io ho amato con feticismo reverenziale la loro discografia ma a mesi dal loro scioglimento sento che non ci siano rimpianti di mezzo e che anzi a oggi gli Elii non manchino affatto, a me come all'Italia. La verità è che il ritiro non è mai una scelta scontata: si contano sulle dita, qui da noi, gli artisti che lo abbiano esplicitamente scelto. Nel loro caso però è stata una soluzione giusta, persino tardiva.

Ho amato Elio e le Storie Tese perché hanno incarnato una forma parecchio sottile di rock demenziale che viveva all'intersezione fra il satirico, il parodistico e il nerd. Gli Elii prima di tutto facevano ridere, ed è sempre stata lì la chiave del loro successo. Un'ironia ibrida, sboccata e intelligente, citazionistica e goliardica, sempre surreale, talmente efficace che lo strapotere tecnico che hanno via via dimostrato è rimasto comunque secondario alla loro comicità. Leggevo in una bella recensione su OndaRock che "ascoltare i dischi di Elio e le Storie Tese solo per la musica è un po' come (…) andare su YouPorn per studiare anatomia", ed è vero. Ricordarli esclusivamente come i musicisti virtuosi che sono stati sarebbe un torto all'ironia che è stata a lungo loro prerogativa assoluta.

Elio Samaga Hukapan Kariyana Turu

La copertina di Elio Samaga Hukapan Kariyana Turu, cliccaci sopra per ascoltarlo su Spotify.

Per anni—dalle origini datate 1980 a, diciamo, il 1998—la loro produzione si è retta quindi su un equilibrio sottilissimo: alle fondamenta composizioni complesse e difficili da replicare; in superficie una comicità esilarante, con una satira che non faceva prigionieri e che avrebbe garantito loro un seguito mediatico impensabile per una band di quel "genere".

Pubblicità

I loro primi dischi, Elio Samaga Hukapan Kariyana Turu, il "pacco di Natale" e Italyan, Rum Casus Cikty (il fatto che li abbia scritti correttamente senza aiuti è la prova più tangibile del feticismo di cui prima), rappresentano tutt'ora pietre miliari di questo mood quasi zappiano e restano privi di effettivi eredi. C'è tanta carne al fuoco, in quegli album, tante idee e tanti linguaggi distrutti e ricostruiti, accorpati fra loro come da un Frankenstein ubriaco. C'è la definizione di un codice interno, l'umorismo sagace, la goliardia, ma soprattutto un'ironia che racconta la realtà di quegli anni (e non solo) con freschezza, senza compromessi che schierino la band da qualche lato della barricata.

All'epoca gli Elii erano un fenomeno underground, in fuga ossessiva da ogni collocamento, socialmente inaccettabile per la volgarità dei testi e sottovalutato dalla critica. Eppure a loro tutto questo importava poco e, anzi, sembravano trovare legittimazione proprio nell'integerrima indipendenza che rappresentavano. Giravano l'Italia senza regole, come sabotatori, fra censure e prese per il culo di tutto ciò che avevano intorno, della classe politica di allora ai testimoni di Geova, fino agli stessi fan, raccontati con (auto)ironia in perle come "Servi della gleba", "Supergiovane" e "Abitudinario". Brani accattivanti e divertenti, prima ancora che tecnicamente ineccepibili.

elio storie tese servi gleba

Uno screenshot dal video di "Servi della gleba", cliccaci sopra per guardarlo su YouTube.

Soprattutto, però, i sei davano un'impressione di cazzeggio senza eguali, tipica di un gruppo di amici che amava non prendersi sul serio, in una scena in cui tutti invece sembravano farlo, dal pop all'alternative. Per questo, e per questo loro essere "alieni" a tutto, "La terra dei cachi" sbancò Sanremo 1996, segnando l'apice della loro carriera. La tv ha delle regole ben visibili, seriose, e gli Elii erano nati per sovvertirle in maniera intelligente e implicitamente complementare. Col senno di poi, si potrà dire che la loro ascesa a fenomeni televisivi fosse solo una questione di tempo.

Pubblicità

Non ho mai preso come un tradimento, quindi, la partecipazione di Elio come giudice a X Factor, datata 2010. Sarebbe stato da idioti non rendersi conto di quanto fosse naturale che la band sarebbe cambiata con il passare del tempo, e parlare di "imborghesimento" non aveva senso. Presi molto peggio, semmai, il ritorno a Sanremo nel 2013, sintomo di un logorio di idee evidente nonostante (onesti) tentativi di occultamento. Se pensiamo poi che sarebbero tornati all'Ariston altre ancora due volte, abbiamo un quadro completo del disfacimento degli Elii degli ultimi anni.

Il punto che ne giustifica ampiamente il ritiro non è comunque tanto l'esaurimento delle idee, quanto la scomparsa di una credibile verve comica. Difficile trovarne una causa unica: sicuramente la morte del polistrumentista Feiez nel 1998 ha inciso molto su un gruppo di amici come loro, come pure il trascorrere del tempo, che rende sempre più difficile aggiornare il proprio repertorio (da sempre molto "giovanile") alla realtà circostante.

elio storie tese sanremo

Elio e le

In ogni caso da vent'anni ormai Elio e le Storie Tese vivevano di rendita su formule reiterate allo sfinimento, sempre meno innovative e improvvisate, mentre l'equilibrio miracoloso dei primi dischi andava sfaldandosi. In album come Cicciput o Studentessi—rispettivamente del 2003 e del 2008, e quindi della "seconda fase"—il baricentro, infatti, appariva compromesso: musicalmente enciclopedici e splendenti, complessi e pieni di ospiti "giusti", perdevano in cattiveria, e in generale non risultavano più esaltanti o divertenti. Manierismo? Quasi. Calligrafici, sicuramente. Pura masturbazione, a tratti.

Qualcosa rimaneva ("Parco Sempione", per dire), ma tutto suonava ormai dannatamente adulto, politicamente corretto, bonario. Non facevano più ridere, insomma, allineati com'erano a una comicità da prima serata necessaria alla loro sopravvivenza. Un gruppo come gli Skiantos, ad esempio, in questo senso ha fatto terra bruciata per non scendere a compromessi.

Gli anni post Studentessi sono stati i più noiosi, la loro pensione da "venerati maestri", con la critica passata dalla repellenza degli esordi a una santificazione oggettivamente eccessiva, quasi grottesca. Se ci sono stati degli Elii "geniali", e ci sono stati, non sono certo quelli de "La canzone mononota" e della "destrutturazione" della forma-canzone, ma si trovano semmai nella distruzione dei cliché dei rapporti di coppia in "Cara ti amo" (uno dei loro primi e più longevi cavalli di battaglia), nell'iconoclastia di Enrico Ruggeri che canta "Il vitello dai piedi di balsa" o nelle bestemmie di "Supergiovane".

C'è da dire comunque che nell'ottica di un bilancio finale gli ultimi anni con la museruola, antipatici e noiosi quanto volete, offrono un'immagine ingenerosa della loro musica. Prima di essere adulti e boriosi, infatti, Elio e le Storie Tese hanno fatto ridere con intelligenza, hanno creato un linguaggio unico e personale, raccontando con efficace (auto)ironia le contraddizioni di almeno due generazioni. Musicisti esaltanti, fra i più importanti che l'Italia ha avuto negli ultimi trent'anni, hanno funzionato finché la perizia tecnica e il citazionismo sono stati al servizio della satira, del giocare scorretto di cui sono stati campioni, e per i quali è stato giusto averli amati. Cani sciolti, insomma, feroci nonostante l'aspetto goffo e buffo. Per almeno quindici anni, gli Elii hanno rappresentato davvero una variabile impazzita e incollocabile, l'alternativa all'alternativa, la condanna di un pop obsoleto e di un alternative serioso. Satira di costume, un rifugio sicuro. L'unico in grado di non prendersi mai davvero sul serio. Patrizio è su Instagram. Segui Noisey su Instagram e su Facebook.