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Cosa c'è dietro i presunti interessi della 'ndrangheta sulla curva della Juventus

Il suicidio di Raffaello Bucci, capo ultras della Juventus, ha acceso i riflettori sull'inchiesta della procura di Torino sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nella curva dei campioni d'Italia.
Foto di Simone Zappella via Wikimedia

Giovedì scorso Raffaello Bucci, noto ultras della Juventus, si è ucciso lanciandosi da un viadotto dell'autostrada Torino-Savona.

Al di là del fatto di cronaca, la sua tragica fine si inserisce in un quadro nel quale gli interessi della criminalità organizzata si intrecciano con il mondo del calcio.

Il giorno prima, infatti, Bucci era stato interrogato dai pm della procura di Torino come testimone (non era indagato) nell'inchiesta che ha portato all'arresto di 18 persone, molti dei quali accusati di associazione mafiosa. Tra gli arrestati, oltre ad alcuni presunti esponenti della 'ndrangheta, anche un altro capo del tifo juventino, Fabio Germani.

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Bucci detto "Ciccio", 41enne di origini pugliesi, era uno dei leader dei Drughi, storico gruppo ultras della Juventus. Ma non era solo un semplice tifoso: a partire dalla scorsa stagione era diventato "Supporter Liaison Officer", figura di collegamento tra la tifoseria e il club.

In questa veste professionale, prevista dal regolamento FIFA, Bucci fungeva da "anello di congiunzione" tra i tifosi e la società col compito di controllare la biglietteria, "intervenire in caso di problemi, verificare eventuali complicazioni per l'ingresso allo stadio e mediare, se necessario con i tifosi."

Mansioni tecniche, di responsabilità, con finalità anche di ordine pubblico.

Proprio questa posizione lo rendeva un testimone chiave nelle indagini che l'antimafia torinese sta conducendo sulle possibili infiltrazioni della 'ndrangheta nella curva juventina.

Nell'ordinanza che l'1 luglio ha portato in carcere 18 persone, il giudice delle indagini preliminari Stefano Vitelli scriveva infatti che la potente famiglia Dominello gestiva con successo un business basato sul bagarinaggio, con l'aiuto di alcuni dirigenti della Juventus — al momento non indagati.

A controllare gli affari per i Dominello sarebbero stati, da dietro le quinte, il padre Saverio - già condannato per associazione mafiosa e appartenente alla cosca Pesce/Bellocco di Rosarno, uno dei clan più potenti della 'ndrangheta - e, in prima persona, il figlio Rocco.

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L'arrivo dei "Gobbi"

Tutto inizia il 21 aprile del 2013, in occasione di Juventus-Milan, quando in Curva Sud fa la sua prima apparizione lo striscione "Gobbi": è quello il nome del gruppo ultras che fa capo ai Dominello.

La "sigla" non è lì per caso. Avere il proprio striscione in curva vuol dire essere uno dei gruppi di tifosi organizzati riconosciuti - oltre che dalla DIGOS - anche dalla società calcistica. Un vantaggio non indifferente visto che, come da prassi in tutti i club, ai membri del gruppo vengono garantiti biglietti gratis.

Ai Dominello, però, non interessava sedersi sugli spalti dello Stadium. Per loro si sarebbe trattato solo di business, e i biglietti dovevano essere rivenduti.

All'interno dei "Gobbi", infatti, la passione calcistica sembrava non essere troppo rilevante: in un'intercettazione del 14 aprile si possono sentire Giuseppe Sgrò, Saverio Dominello e Marcello Antonino del clan di Rosarno mentre compiaciuti discutono in macchina. "Andiamo avanti! Eh abbiamo il benestare da tutte le parti e nessuno domani ci può dire a noi 'che avete fatto?'… Andiamo avanti e non è detto che non ce la prendiamo noi, la curva, direttamente."

I "Gobbi" erano infatti riusciti ad ottenere il benestare dagli storici club ultras già presenti in curva. Giuliano Loris Grancini, referente dei Vikings, era stato chiaro: "Se sono juventini problemi non ne abbiamo… che poi sono interisti, milanisti, fiorentini, della Roma allora sì…"

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Anche Gerardo Mocciola, detto Dino, capo indiscusso dei Drughi (20 anni di carcere già scontati per l'omicidio di un appuntato dei carabinieri) aveva dato il suo ok. Gli inquirenti hanno provato a contattare Mocciola, che però risultava irreperibile.

Il gruppo ha poi continuato a vendere i biglietti forniti dalla società, consolidando la sua posizione.

I rapporti del gruppo con il club

Nella stagione successiva il nome sullo striscione cambia. Dai "Gobbi" si passa a "delle Vallette". Rocco Dominello avrebbe gestito gli affari cooperando con Fabio Germani, altro capo ultrà bianconero. È lui che lo introduce nel mondo Juve presentandogli Alessandro D'Angelo, security manager del club.

Quest'ultimo non è indagato ma sembra essere l'anello di congiunzione tra il gruppo ultras e la società bianconera. Al momento non c'è nessuna prova che il dirigente della Juve conoscesse i legami di Dominello con la malavita, ma il gip sottolinea i toni confidenziali di alcune conversazioni tra i due, tanto da sfociare "quasi in un rapporto servente o comunque molto attento" da parte di D'Angelo, si legge nell'ordinanza — come quando il 7 giugno 2013 il security manager fa presente a Rocco Dominello di avere ridotto le tessere dei Vikings: "Sì…come ti ho detto io?," risponde Rocco.

Dominello e Germani sembravano essere ben inseriti nei meccanismi della società, tanto da ottenere parecchi biglietti da rivendere a prezzo maggiorato.

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In occasione della semifinale di Champions con il Real Madrid, però, si sono fatti prendere un po' troppo la mano con il rincaro: insospettito, un tifoso svizzero ha mandato un'email alla Juventus lamentandosi di aver pagato 620 euro un biglietto che, in realtà, ne costava 140.

Stefano Merulla, responsabile della biglietteria della Juventus, sa che quel tagliando faceva parte di quelli su cui aveva la prelazione D'Angelo, e che poi erano stati girati a Dominello.

La società ha cominciato così ad avere sospetti sulla caratura di quel tifoso. Ed è a questo punto che sembra manifestarsi tutto l'ascendente che Rocco Dominello ha su D'Angelo: è lui infatti che escogita un espediente per continuare a garantire a Dominello la sua quota di tagliandi. "Li mettiamo sotto un codice diverso," dice D'Angelo, intercettato dagli inquirenti. "Devi solo dirmi chi va a ritirarli".

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C'è un episodio però che sembra spiegare meglio di altri la ragione di fondo che spinge molti club di Serie A - anche i campioni d'Italia - a trattare con i gruppi ultras: la paura.

Per il derby del 23 febbraio 2014 i Drughi avevano proclamato lo sciopero della curva. Sapendo bene che un'iniziativa di questo tipo avrebbe intaccato il business dei biglietti dati alla curva e rivenduti, Rocco Dominello decise così di fare il mediatore fra la società e i Drughi.

In una telefonata con D'Angelo del 21 febbraio, il security manager spiegava la natura del loro rapporto: il bagarinaggio ufficioso viene tollerato da alcuni dirigenti - quantomeno da lui - in cambio della tranquillità. "Io voglio che voi state tranquilli e che noi siamo tranquilli e che viaggiamo insieme," riferiva D'Angelo. "Allora se il compromesso è questo a me va bene! Se gli accordi saltano, ognuno faccia la propria strada."

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Nell'ordinanza compare trasversalmente anche il nome di Beppe Marotta, direttore generale e amministratore delegato della Juventus. Fabio Germani è riuscito infatti a organizzare il 15 febbraio 2014 un incontro fra l'a.d. e Rocco Dominello, che avrebbe voluto piazzare "un giovane calciatore" figlio di un suo amico del clan di Rosarno.

Il provino alla fine è stato organizzato, ma il ragazzo non è stato ingaggiato dai bianconeri nonostante le pressioni di Dominello — episodio che potrebbe essere la dimostrazione che le massime sfere della dirigenza bianconera non sapessero - o non fossero interessate - al particolare peso del clan di Rosarno.

Il gip però conclude il capitolo dell'ordinanza dedicato al business del bagarinaggio facendo proprio riferimento al "preoccupante scenario che vede alti esponenti di un'importantissima società calcistica a livello nazionale ed internazionale consentire di fatto il bagarinaggio abituale e diffuso come forma di compromesso con alcuni esponenti del tifo ultras."

Contattata da VICE News, la Juventus ha spiegato di non avere gli elementi per rilasciare dichiarazioni ufficiali. Sembra però che i pm abbiano ascoltato martedì 11 luglio un esponente della società.

L'avvocato di Saverio Dominello, Domenico Putrino, ci ha invece spiegato che nel corso dell'interrogatorio in procura il suo assistito ha precisato che "la 'ndrangheta non c'entra con la Juve e le tifoserie."

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Stando alla sua difesa, alcune intercettazioni sarebbero state equivocate: Fabio Germani e Rocco Dominello prima di essere soci erano grandi amici e la rivendita di biglietti da parte di Rocco - incensurato e finito per la prima volta in carcere con il blitz del 1 luglio - sarebbe stato "solo un affare di 3 o 4 mila euro al mese".

Intanto un'altra inchiesta è stata aperta: quella sul suicidio di "Ciccio" Bucci. Gli uomini della Squadra mobile stanno cercando di raccogliere il maggior numero di informazioni possibile dai due cellulari trovati sul sedile dell'auto con cui il leader dei Drughi è arrivato in autostrada. C'è da capire il perché del gesto. E soprattutto se qualcuno, saputo del suo interrogatorio, lo abbia ricattato o minacciato.


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