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Italia

La 'sparatoria fantasma' di Palermo che ha portato all'arresto di due agenti di polizia

Due poliziotti si sarebbero inventati una sparatoria per ottenere, secondo l'accusa, "riconoscimento e benefici": in attesa del processo, i due sono agli arresti domiciliari.
Foto via Flickr

In un pomeriggio piovoso di marzo 2015, a Palermo, una volante della polizia con due agenti a bordo segnala via radio di aver intrapreso un inseguimento.

Secondo quanto riferito dagli agenti, intorno alle 18:30 del 16 marzo durante un pattugliamento hanno notato un'auto procedere a zigzag a velocità sostenuta. Gli agenti hanno cercato di fermarla, ma la Hyundai Atos grigia ha continuato per la sua strada, ed è iniziato l'inseguimento a sirene spiegate.

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Fino a quando, secondo le dichiarazioni dei poliziotti, l'auto non si è fermata e uno dei due uomini a bordo è sceso con in mano una pistola e ha sparato contro uno degli agenti, ferendolo a un braccio.

I poliziotti affermano di aver risposto al fuoco e di aver ferito uno dei due uomini alla gamba. Uno dei presunti malviventi è fuggito in auto, mentre l'altro si è allontanato a piedi.

Dopo l'arrivo di altre volanti e un nuovo inseguimento, la Hyundai grigia che è risultata rubata è stata fermata e l'uomo alla guida, il 22enne di origini rom Roberto Milankovic, è stato arrestato.

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Meno di due mesi dopo, però, ecco il colpo di scena.

Il 6 maggio 2015, dopo 50 giorni di prigione, il Pubblico Ministero Maurizio Bonaccorso ha ordinato la scarcerazione di Milankovic e ha messo sotto indagine i due poliziotti, accusati di calunnia, simulazione di reato, falso, procurato allarme, danneggiamento.

Stando a quanto riportato da La Repubblica Palermo, per la Procura gli agenti si sarebbero inventati la sparatoria che in realtà non è mai avvenuta.

Già da subito la versione fornita dai poliziotti non aveva convinto gli agenti della squadra mobile di Palermo e il Questore Guido Longo, nonostante la ferita riportata da uno dei due e un proiettile conficcato nel cofano della loro auto di servizio.

Sono due gli elementi che smentiscono la storia raccontata dagli agenti. Innanzitutto, i filmati delle telecamere: analizzando le immagini di un centro commerciale, gli inquirenti hanno constatato che la macchina è passata davanti al "Conca d'oro" alle 18:15, con un'andatura regolare e quindi non all'inseguimento di alcuna auto.

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Da lì al punto in cui la Hyundai grigia si sarebbe fermata, e quindi dove sarebbe avvenuta la sparatoria, ci vogliono in auto circa trenta secondi. Ma la comunicazione radio è arrivata alla sala operativa alle 18:24, troppo tempo tempo, e questo lasso temporale ha messo in forte dubbio il racconto degli agenti.

Il secondo elemento è l'analisi balistica del proiettile ritrovato nell'auto dei poliziotti. Secondo i rilevamenti il colpo sarebbe stato sparato da circa cinque metri di distanza, e non da 40 metri come hanno riferito i due agenti.

In tutto ciò, Milankovic è rimasto coinvolto nella storia perché aveva rubato l'auto e credeva che tutte le volanti dispiegate in zona stessero cercando proprio lui, e non gli autori della presunta sparatoria "fantasma" a cui lui non ha preso parte.

E infatti il 21 luglio scorso sono arrivati gli arresti ai domiciliari dei due agenti, l'ispettore capo Francesco Elia, 56 anni, e l'assistente capo Alessandra Salamone, 49.

Sui motivi che avrebbero spinto i due poliziotti a inventare l'episodio, si sospetta il desiderio di ottenere "riconoscimento e benefici," come sostiene l'accusa. Dalle indagini della squadra mobile è emerso anche che, dopo l'accaduto, l'ispettore capo Elia avrebbe presentato un'istanza al Ministero dell'Interno con cui chiedeva di essere riconosciuto come "vittima del dovere," oltre a un "equo indennizzo per causa di servizio."

Giovedì scorso, il Tribunale del Riesame ha rigettato la richiesta di rilascio presentata dall'avvocato dei due agenti, che aveva presentato anche una controperizia che non ha però convinto il giudice.

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Foto in apertura di raffaele sergi via Flickr in Creative Commons