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Perché abbiamo bisogno di un Sacha Baron Cohen anche in Italia

Who is America? va ben oltre il concetto di trolling, ed è da questo che dovremmo imparare.
Sacha Baron Cohen e l'attivista pro-armi Philip Van Cleave in Who is America?. Grab via YouTube.

Cosa ci fanno insieme un complottista repubblicano autoproclamatosi giornalista che si sposta in sedia a rotelle per preservare la sua energia, un integralista democratico cisgender bianco con una maglietta della NPR, un avanzo di galera che usa i fluidi corporei per fare quadri, un colonnello dell’esercito israeliano esperto di anti-terrorismo e un playboy italiano con un programma su Canale 5?

La risposta è uno dei programmi televisivi più chiacchierati del momento e probabilmente dell'anno: Who is America? di Sacha Baron Cohen. Ora, sono quasi vent’anni che il comico passa gran parte del suo tempo a prendersi gioco di persone famose. Certo, con Alice attraverso lo specchio, il biopic su Freddy Mercury che si è perso per strada, il semi flop di Grimsby e un bel periodo di silenzio, si sarebbe potuto supporre che la sua carriera avesse imboccato una direzione diversa.

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Be’, a quanto pare Cohen ha trascorso un anno a girare sotto copertura e il 15 luglio scorso è andata in onda su Showtime la prima puntata del suo nuovo progetto di satira politica—che ufficialmente si presenta come "lo show televisivo più pericoloso della storia della televisione."

Al di là della dichiarazione provocatoria, ancora prima che l'episodio di lancio di Who Is America? debuttasse, la notizia della serie aveva già fatto il giro di Internet per l'ondata di sdegno di molti conservatori americani—da Sarah Palin fino all'ex membro del Congresso Joe Walsh.

In Who is America? lo schema è lo stesso di Ali G: Cohen, davanti alla videocamera, raggira i soggetti e gli fa credere di parlare con persone reali—il complottista repubblicano e tutti gli altri citati all'inizio di questo pezzo—quando dietro a queste c’è lui, che ha studiato per filo e per segno ogni dettaglio.

Il risultato? Com’è facilmente prevedibile, i soggetti si ritrovano a fare e dire cose così folli da sembrare finti a loro volta. Se Ali G, così come Borat e Brüno, hanno smesso di funzionare dopo che sono state trasmesse in televisione e il volto di Cohen era diventato troppo riconoscibile, questa volta il lavoro dietro ai personaggi è a dir poco zelante.

A sorprendere è infatti, la capacità di Cohen di portare le situazioni al limite della realtà. Come quando, in veste del Dott. Nira Cain-N’Degeocello, l’integralista cisgender, è a cena con una coppia del partito repubblicano del South Carolina e spiega che per combattere il sessismo ha costretto il figlio a pisciare da seduto e la figlia a pisciare in piedi—oltre ad aver salvato il proprio matrimonio dopo aver avuto un rapporto con un delfino.

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O come quando interpreta Ricky Sherman, l’artista che utilizza fluidi corporei per i suoi quadri, e si incontra con una consulente d’arte che—incredibilmente—sta dietro alle sue provocazioni arrivando a descrivere accuratamente un suo quadro fatto di merda (nel vero senso della parola) e a tagliarsi dei peli pubici per la collezione di Sherman.

Tutto questo può anche far sorridere, ma il programma va ben oltre il concetto di troll. E la vera capacità di Cohen emerge al massimo nella parte della puntata in cui riesce a persuadere rappresentanti politici e attivisti che da decenni combattono per il libero possesso di armi.

Nell’intervista Cohen, questa volta nel ruolo del colonnello israeliano Erran Morrad, riesce a far partecipare l'attivista pro-armi Philip Van Cleave a un finto spot per un'iniziativa mirata a dotare i bambini di peluche contenenti delle pistole. Il tutto secondo lo slogan per cui “l’unica cosa che può fermare un uomo cattivo con un'arma è un bambino buono con un'arma.”

A titolo informativo, l'iniziativa prendeva il nome di Gunimals ed era composta dalla linea di peluche-pistola Puppy Pistol, Dino-Gun, Rocket Ship RPG, Gunny Rabbit e lo speciale “per le ragazzine” Uzicorn. E chi volete che la beva, direte. Be', è successo.

Tanto che sempre Sacha Baron Cohen nei panni di Erran Morrad, nella puntata andata in onda il 22 luglio, riesce a convincere il deputato della Georgia Jason Spencer a partecipare a un’esercitazione volta a simulare un rapimento dell’Isis. Il deputato, tramite una serie di sfondoni razzisti durante la finta esercitazione, è riuscito a mettersi talmente in ridicolo che pochi giorni dopo ha dato le dimissioni.

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Nel corso della stessa puntata Dick Cheney, vice presidente degli Stati Uniti durante l’amministrazione di Bush, autografa un kit per il waterboarding—che, tra le altre cose, è stato per un breve periodo in vendita su Ebay.

Ecco, Who is America? è un susseguirsi di situazioni del genere in cui Cohen, seppure in maniera mendace, riesce a fare luce sul caos ideologico e politico odierno—personalmente, non credo con l’intento di lanciare chissà quale messaggio politico.

Credo piuttosto che Cohen ci stia invitando a guardare le cose da un’altra prospettiva, forse più umana e di conseguenza più lucida. E il suo modo di fare il troll è forse l’unico ad avere realmente senso nel 2018. Cohen non se la prende con “la gente,” non cavalca il dibattito pubblico con contro-fake news, esagerando una narrazione già di per sé esagerata, e con ogni personaggio crea una satira che va dal basso verso l’alto. È esattamente questo che dovrebbe fare una satira di quel tipo. Ma soprattutto, è esattamente questo che tutti i troll del mondo possono imparare da lui.

Penso che chiunque con un minimo di cervello sia in grado di mettersi giù a consultare l’agenda setting, scrivere notizie false, montare dei video con delle potenzialità virali e cavalcare il sentimento con qualche frase a effetto. Il problema è che azioni di questo genere portano solo a un'ulteriore esasperazione del clima generale.

Cohen invece rovescia l’ordine, si pone come un coglione davanti agli occhi dei suoi interlocutori riuscendo a tirare fuori la banalità del male e mettendo in luce le ipocrisie e i paradossi che dominano il mondo in cui viviamo. Certo, c’è sempre la possibilità che le cose possano andare in una direzione diversa e che Cohen, come al suo solito, finirà per mungere così tanto i suoi personaggi così che tutti ce ne stuferemo.

Ma se riuscirà a resistere a questa tentazione e se le puntate manterranno la potenzialità delle prime due, be’, allora abbiamo veramente a che fare con uno dei programmi televisivi più significativi della nostra era—anche perché, in tutta l’onestà, credo sia l’ultimo programma della carriera di Cohen in questo formato.

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