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relazioni

Perché la prima impressione delle persone è quasi sempre sbagliata

È il momento di smettere di fidarsi dell'istinto.

"Sapevo che sarebbe stata una pessima idea nel momento stesso in cui l'ho visto la prima volta." Di sicuro avete già sentito questa frase, o ve la siete detta. E tutti sanno quanto conti fare una buona prima impressione, quel primo cruciale secondo in cui ti aggiudichi o perdi per sempre un lavoro, o un fidanzato. È il motivo per cui sui social, sui curriculum, e sui siti d'appuntamenti mettiamo sempre la nostra foto migliore. Quello che gli altri pensano quando vedono la tua faccia per la prima volta può davvero cambiarti la vita.

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È partendo da questa idea così diffusa nella nostra società che Alex Todorov, professore di psicologia a Princeton, ha scritto il libro Face Value: The Irresistible Influence of First Impressions. Da anni studia le interazioni umane—la prima impressione, il modo in cui giudichiamo se possiamo fidarci di qualcuno, come poi questo pensiero si modifica—e i risultati della sua ricerca sono stupefacenti, soprattutto la parte che riguarda la prima impressione: nel formularla, abbiamo spesso torto. Di molto, anche. Perché? Abbiamo chiesto a Todorov di spiegarcelo.

VICE: Sono contento che quest'intervista sia telefonica, altrimenti dovremmo fare i conti con la prima impressione visiva…
Todorov: [Ride] È vero, non ho idea di come sia la tua faccia.

Meglio per lei. Ma il risultato della sua ricerca è strabiliante: non pensavo potessimo sbagliarci così tanto nel giudicare una persona.
È ovviamente una cosa complessa, ma il motivo per cui ci fidiamo della prima impressione è che sembra giusta. E il motivo per cui sbagliamo è che non sempre dall'impressione si riesce a inferire il carattere di una persona. Ci sono situazioni in cui potrebbe avere qualcosa di vero. Per esempio, dai modelli computerizzati abbiamo stabilito che buona parte dell'impressione deriva dall'espressione delle emozioni. Un volto che sembri felice, anche se non sorride, è un volto di cui automaticamente ci fidiamo. Volti arrabbiati non ci sembrano volti di cui possiamo fidarci. In un capitolo del libro, mostro sia volti di persone che hanno dormito bene sia quelli di persone insonni: pallidi, con gli occhi gonfi e gli angoli della bocca all'ingiù. La prima reazione a vederli è pensare che non siano molto intelligenti. Ma ovviamente è un giudizio legato a un momento specifico, e che poco c'entra con il carattere generale della persona.

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Dando per scontato il nostro primo giudizio, secondo lei, ci roviniamo la vita?
Può essere. Non facciamo mai la controprova. Se vai a una festa e la prima persona che vedi ti sembra poco amichevole, non le parlerai. E non arriverai mai a sapere se hai ragione o torto. Non ci diciamo mai, "Mm, dovrei proprio mettere alla prova quell'impressione che ho avuto." L'unica cosa che facciamo è cercare di rafforzare i nostri pregiudizi.

È un bel problema, se pensa a tutte le persone che vediamo per la prima volta su LinkedIn o Tinder.
Già. La cultura digitale è satura di immagini. E le persone traggono conclusioni dalle tue immagini. Bisogna sempre postare foto diverse su LinkedIn e Facebook. Mi ricordo che in qualche studio si diceva che prima di assumere qualcuno i datori di lavoro vanno a controllare le sue foto su Facebook, e questa è una cosa che non mi piace. Se non hai le giuste impostazioni della privacy, le foto che vedono i tuoi amici saranno le stesse che vedono i datori di lavoro. Nel mio libro ne parlo. Usare foto diverse con persone diverse è una cosa fondamentale, perché genera impressioni diverse. La stessa persona può sembrare bella e competente in una foto, e non tanto intelligente in un'altra.

Che è il motivo per cui guardando un mugshot non ti viene certo in mente di andare a cena con quella persona.
Esattamente! Ma sarebbe diverso se vedessimo una foto normale della stessa persona. Prendi Jared Loughner, che ha cercato di uccidere il membro del Congresso Gabrielle Giffords, dell'Arizona, e ha ucciso sei persone. Dal mugshot, sembrava un pazzo. La foto è finita sulla prima pagina di tutti i quotidiani. Ma il Guardian ha pubblicato una sua foto completamente diversa, e io nel libro le mostro entrambe. In quest'ultima sembra una persona normale! Ma la sua faccia "normale" non andava bene per la storia mediatica.

È giusto dire che la prima impressione rivela più di chi la pensa che di chi ne è oggetto?
Sì, uno dei punti fondamentali del libro è che la prima impressione rivela i nostri pregiudizi. Bisognerebbe essere scettici nei riguardi di questa prima impressione. Ed è difficile, perché di solito si pensa che la prima impressione sia quella giusta, e che siamo in grado di distinguere giusto e sbagliato. Ma ci sono prove che dimostrano che non è vero. E che i pregiudizi sono tantissimi. Ci sono prove che dimostrano che le facce che ci piacciono di più sono quelle simile a quelle che siamo abituati a vedere. Anche la mascolinità e la femminilità sono elementi che contano, quindi stiamo anche attenti agli stereotipi di genere.

Perciò dovremmo dare una chance a una persona anche se il primo istinto ci dice di scappare il più lontano possibile.
[Ride] In molti casi, è così. Se sei a una festa e l'istinto ti dice di scappare da una persona, be', quella persona potrebbe essere il partner della tua vita. Il modo in cui tratti un nuovo vicino di casa può portare a un conflitto che andrà avanti per anni, invece che aprire le porte a una bella convivenza. E lo stesso vale sul posto di lavoro, e su tutto il resto.

Thumbnail via Unsplash. Questo articolo è tratto da Tonic.