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Attualità

La fashion designer che stampa abiti improbabili in 3D

La bellezza caotica di questi vestiti è un misto di reale e digitale.

Immagini gentilmente concesse da Noa Raviv

Gli spazi virtuali sono dimensioni ancora relativamente nuove per gli umani, e navigare in essi distorce la nostra percezione. Il tempo è avulso dal resto e lo spazio viene annientato dalle tecnologie di comunicazione istantanea, e la concezione di cosa distingua un originale dalla sua copia—quando tutto è già entrambe le cose in molti sensi—è molto problematica.

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Il mondo digitale sarà pure recente, con la sua struttura di griglie, schemi e algoritmi matematici, fatto sta che nell'uso quotidiano ci sembra  spesso ancora uno spazio dove non regna che il caos. Noa Raviv, fashion designer di 26 anni di Tel Aviv, realizza abiti che riflettono la problematicità di questo regno in un certo senso ancora ricco di misteri.

L'ultima collezione realizzata da Raviv, Hard Copy, è una combinazione del mondo virtuale con quello fisico, che risulta in progetti di una bellezza caotica. Gli abiti sono stati prima progettati con un programma di rendering 3D, a cui Raviv ha dato quelli che lei chiama “dei comandi impossibili”—in sostanza dei comandi scoordinati che mettono in crisi il programma e i cui risultati sono dei design dall'aspetto esplosivo. Ha poi stampato in 3D i materiali di cui aveva bisogno per portare in vita questi stupefacenti abiti che combinano linee frammentate e fluide.

“Credo che nel nostro mondo le cose spesso siano molto confuse. Non sai sempre quale sia la copia e quale l'originale,” ha affermato Raviv. “Molte volte le cose sono combinazioni caotiche, e quello che ho voluto realizzare è proprio questo caos che unisce il 2D e il 3D, il reale e il virtuale.”

Raviv ha disegnato gli abiti ispirandosi alle forme antiche e in rovina delle sculture dell'antica Grecia—un braccio mozzato da una parte, una gamba mancante dall'altra. Per lei la catena senza fine di copie, riproduzioni, facciate e frantumazioni che le sculture greche hanno subito nel corso dei secoli sono dei punti di partenza per parlare del regno del digitale.

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“Quelle sculture sono state copiate e riprodotte moltissime volte nel corso della storia: prima nell'epoca romana, poi nell'epoca neoclassica, e ancora e ancora fino ad arrivare al kitsch,” ha affermato Raviv. “In questo modo ho iniziato a riflettere sulla nostra cultura e sulla produzione digitale, sulle copie digitali.”

E la stampa in 3D era il modo migliore non solo per portare alla realtà i suoi progetti virtuali, ma per parlare della natura della riproduzione digitale e del concetto di autenticità. Teoricamente chiunque sia in possesso dei modelli di progettazione per la stampa in 3D da lei elaborati può fabbricare i suoi abiti.

Tuttavia, ha affermato Raviv, è importante evidenziare che l'intrecciarsi dell'high-tech, dei processi di fabbricazioni ripetifibili e dettagli aggiunti a mano sul prodotto ultimato complicano ulteriormente la relazione tra il modello digitale e quello fisico dei suoi abiti.

“Gli indumenti, nonostante ci siano in essi molte componenti digitali, alla fine sono fabbricati in modo tradizionale. Molte cuciture fatte a mano, un uso molto limitato della macchina da cucire, e molti drappeggi,” ha spiegato Raviv. “Questo è una sorta di paradosso, perché anche se teoricamente potrebbero essere riprodotti, non è possibile farlo. Neanche io posso ricreare esattamente lo stesso abito a causa delle modifiche fatte a mano, delle cuciture e dei drappeggi.”

Anche solo guardandoli, questi abiti mi provocano un strano senso di tensione. Sono instabili, sembrano precari ma pare abbiano in sé una logica intrinseca, che in qualche modo si trova oltre la nostra. In questo modo la collezione riflette l'esperienza vissuta del digitale: tutto si muove alla velocità di milioni di tweet, status e foto che circolano, indipendenti dal mondo fisico. È travolgente.

È vero, spesso è difficile trovare un senso in questo caos digitale, dove il vero e il falso sembrano non in competizione ma in una sorta di strana simbiosi. In questa confusione Raviv ha visto l'invito a scovare le forme in cui si cela la bellezza.