L'Europa è finalmente pronta per le canzoni in italiano?

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Musica

L'Europa è finalmente pronta per le canzoni in italiano?

Gabbani all'Eurovision ci ha dimostrato che i tempi sono propizi per rendere la lingua italiana great again, ma tutto dipende anche dalla Brexit e da Phra dei Crookers.
Tommaso Tecchi
Milan, IT

Quelli tra voi che hanno trascorso a casa lo scorso sabato sera si saranno sicuramente imbattuti in quella pacchianata di concorso che è l'Eurovision, il cui valore principale è quello di farci pensare che, dopo tutto, effettivamente Sanremo non sia poi così antiquato. A proposito del festival della canzone italiana, tra i concorrenti dell'Eurovision Song Contest 2017 c'era proprio il vincitore dell'ultima edizione Francesco Gabbani, con la sua hit Occidentali's Karma e con l'ormai irrinunciabile ballerino-gorilla. Vi sarete certamente resi conto che il cantante toscano era tra i pochi partecipanti a cantare nella sua lingua madre, mentre quasi tutti gli altri presentavano almeno un ritornello in inglese per coinvolgere pubblico e giuria. L'aspetto più strano è che nonostante persino noi abbiamo fatto fatica a comprendere il singolo di Gabbani, il nostro partiva tra i favoriti e alla fine è riuscito anche a portarsi a casa il premio della sala stampa. Poco importa se sia arrivato sesto (sotto Svezia, Belgio, Moldavia, Bulgaria e Portogallo), perché in questa apertura nei confronti della lingua italiana io ci voglio vedere della speranza. Il motivo è che non si tratta di un evento fortuito, ma di un segno dei tempi che stanno cambiando e non a caso gli unici infastiditi dalla performance di Gabbani sono stati quelli che preferiscono quando gente come Pierpaolo Capovilla canta in inglese e la BBC, che si è lasciata sfuggire il tweet "go home Italy, you're drunk", ora rimosso, facendo fare ai suoi social media manager la figura dei rosiconi e mettendo in ridicolo la stampa italiana.

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Ma non è affatto un caso se da un momento all'altro l'italiano è diventato socialmente accettabile, e soprattutto non è un caso se ciò è stato percepito come una brutta notizia dagli inglesi. Per capirci di più torniamo indietro fino al 5 maggio: quel simpatico signore lussemburghese di Jean-Claude Juncker, in occasione di una conferenza al Palazzo Vecchio di Firenze, ha pronunciato un discorso in francese, annunciando (con la fierezza tipica di chi ha l'occasione di vendicarsi dopo un abbandono) la decisione di non utilizzare più la lingua inglese negli eventi ufficiali dell'Unione Europea. La motivazione, stando alle parole del presidente della CE, è che "l'inglese sta perdendo importanza", a causa anche e soprattutto della Brexit. Se questa predizione dovesse rivelarsi vera, il superamento dell'inglese come lingua di tutti porterebbe gli europei di fronte ad un cambiamento radicale, ma anche all'importante opportunità di far valere la propria lingua nazionale. Dopotutto il non sapersi esprimere in inglese non ha impedito a migliaia di lavapiatti italiani di trasferirsi a Londra parlando esclusivamente il proprio dialetto di provenienza e di riuscire comunque a trovare un modo per pagarsi l'affitto in qualche ghetto della capitale britannica. Tra l'altro anche Gabbani stesso ha perpetuato lo stereotipo dell'italiano all'estero, presentandosi nel suo promo pre-esibizione nei panni di cuoco e cameriere.

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Gli italiani sono sempre andati molto fieri della propria lingua, ma la forte eterogeneità dei vocabolari delle diverse regioni e la nostra mancanza di spocchia non ci hanno mai reso facile il cercare di imporla a qualcun altro; cosa che invece viene molto più naturale a francesi, spagnoli e tedeschi. Questo si rispecchia anche nella difficoltà che trovano ad affermarsi all'estero i nostri artisti che scelgono di cantare in italiano, al punto da costringere al cambio di lingua anche chi non ha né una conoscenza base dell'inglese né tantomeno una pronuncia adeguata, per provare a buttarsi in un mercato più ampio. Le band e i cantanti che inviamo ogni anno ai vari SXSW sono quasi sempre quelli più anglosassoni, vedi Soviet Soviet, Be Forest e Birthh; a parte qualche caso eccezionale come Iosonouncane al prossimo Primavera, aiutato però dalla prevalenza strumentale dei suoi brani e da un pubblico culturalmente più adatto a digerire mezz'ora di concerto in italiano. Insomma, Jacopo Incani non avrà bisogno di tradurre Stormi in Bandadas, come ha dovuto fare gente come Eros Ramazzotti e Laura Pausini per farsi amare dal pubblico latino. I primi che dovrebbero avere più convinzione sono tutti i gruppi italiani, emergenti e non, che riescono a trovare l'aggancio per un tour all'estero. Finché la scelta sarà tra dire due cazzate in inglese o farsi ignorare dal pubblico belga di turno il problema non si risolverà mai. Bisognerebbe seguire l'esempio de La Femme, che con il 90% dei testi in francese si sta affermando in giro per l'Europa: i due concerti sold out sui tre di aprile nel nostro paese ne sono la prova. Pur essendo i due ottimi album pubblicati la ragione principale del loro successo, i francesi sono stati furbi perché dove non è riuscita ad arrivare la musica (o le parole) lo hanno fatto delle belle facce, un'attitudine punk e le frequentazioni con il mondo della moda.

Il video di "Dove sei" dei WOW. Ora non mi aspetto di certo un pubblico parigino che canti a memoria Che cosa mi manchi a fare di Calcutta, anche perché per molti sarebbe come vivere in una specie di futuro distopico e per cercare di recuperare la Universal Italia sarebbe capace di mandare i Thegiornalisti a suonare da Trump. Però, ad esempio, perché La Femme può essere internazionale e gli WOW no? Entrambe le band rappresentano una rilettura moderna della tradizione musicale dei loro rispettivi paesi, con il minor spazio possibile alle contaminazioni anglosassoni; ma la differenza principale è che mentre i primi sono riusciti a creare un immaginario molto ben vendibile, i secondi hanno il problema tipicamente italiano di non riuscire mai a staccarsi davvero dalla propria città o provincia, che rende ancora più difficile la comprensione da parte di ascoltatori esteri. Per quanto riguarda il rap la questione è totalmente diversa. A parte la perenne sfida persa in partenza di fare qualcosa senza copiare gli Stati Uniti, nessuno esige che un rapper europeo tiri fuori delle barre in inglese, perché nella maggioranza dei casi suonerebbe ridicolo. Questo ha fatto sì che ogni paese costruisse la propria scena locale, concentrata esclusivamente nell'avere un seguito all'interno dei confini nazionali. Anche in questo caso la Francia è riuscita, complice l'affinità di background tra la banlieue e posti come Compton, a poter vantare un roster solido di artisti e la reputazione di miglior fiocina dell'hip-hop europeo (titolo oggi conteso solamente con il grime britannico, ma anche qui la lingua gioca a favore di quest'ultimo). Il forte senso multiculturale della trap del vecchio continente rende invece il genere molto più propenso alla convivenza di lingue diverse, permettendo ad artisti e collettivi dei vari paesi di far nascere collaborazioni che hanno alla base numerosi elementi comuni (sia per quanto riguarda le tematiche che a livello di sonorità). Gli esempi negli ultimi anni sono stati svariati, da Sfera Ebbasta con il marsigliese Sch a Dark Side con il catalano KaydyCain, e giustamente nessuno ci ha visto nulla di strano.

Phra che rappa in italiano sul disco di Mr. Oizo. Un ultimo esempio che mi sta molto a cuore è il modo in cui Phra dei Crookers sta silenziosamente ottenendo spazio sui dischi della Ed Banger rappando in italiano sugli argomenti più improbabili. L'unico membro rimasto del duo milanese, a diversi anni di distanza da quando il remix di Day n Night di Kid Cudi faceva ballare tutto il mondo, è riuscito grazie alle sue amicizie con i producer dell'etichetta di Busy P ad avere un brano intero sull'ultimo album di Mr. Oizo con perle come "Suono proprio tutto / il pianoforte, il sax di brutto / e parlo quando rutto / mi rotolo nel fango tutto fatto come a Woodstock" e lanciando un messaggio decisamente chiaro: "No English today / ma perché te la prendi? / Cosa intendi, cosa intendi?" (quest'ultima, brillante traduzione del "what you mean, what you mean" di Skepta). Il buon Phra in Italia si era fatto conoscere in qualità di rapper sotto lo pseudonimo Luckybeard, ricorderete sicuramente tutti la sua hit La cassa spinge. Ancora più recentemente il fondatore dei Crookers si è ripetuto venendo incaricato dell'intro, ancora una volta prodotto da Mr. Oizo, della compilation celebrativa per la centesima pubblicazione di Ed Banger; ovviamente anche in questo caso la lingua selezionata è l'italiano. Abbiamo la dimostrazione che i nostri artisti sono più che volenterosi di diffondere le bellezze del nostro dizionario; ciò significa che se le parole pronunciate da Juncker a Firenze si trasformeranno a breve in realtà tangibile e non rimarranno una semplice frecciatina rivolta ai traditori di UKIP, non avremo più scuse. Le premesse per rendere di nuovo cool la lingua italiana ci sono tutte, starà poi a noi scegliere i giusti ambasciatori per rubare il primato ai cugini d'oltralpe una volta ogni tanto. A meno che non vogliamo restare per sempre il paese di Andrea Bocelli (o del cantante che balla con una scimmia). Tommaso scrive per La Caduta e Rumore, ed è su Twitter. Segui Noisey su Twitter e Facebook.