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Tecnologia

La chiave per la materia oscura potrebbe essere la luce nascosta

I ricercatori dell'esperimento FUNK cercano la materia oscura utilizzando uno specchio enorme.
Immagine: Hannah G/Flickr

Un team di astrofisici tedeschi sta lavorando alla riqualificazione di un grosso specchio metallico, costruito inizialmente per un prototipo di rilevatore di raggi cosmici, per metterlo al servizio della caccia alla materia oscura. In confronto alle cisterne super-raffreddate di xenon usate attualmente in diversi laboratori nascosti nel profondo della superficie terrestre, un normalissimo specchio potrebbe non sembrare così eccitante. Invece, è alla ricerca di un diverso tipo di materia oscura: i fotoni nascosti.

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La maggior parte dei rilevamenti di materia oscura sono fatti avendo in mente un determinato tipo di elementi: le WIMP, weakly interacting massive particles. Queste particelle sono quelle che dovrebbero essere state generate agli stadi iniziali dell'evoluzione dell'universo, quando tutto esisteva sotto forma di equilibrio termodinamico; quando, per esempio, tutto aveva la stessa temperatura e tutte le particelle avevano le stesse proprietà limitate. Il raffreddamento ha poi portato alla definizione dell'universo e alla sua differenziazione.

Le WIMP si sono consumate nel corso del processo di raffreddamento cosmico e, mentre la materia "normale" dell'universo si è aggregata dando origine ad un nuovo sistema di interazioni fisiche—l'elettromagnetismo, le forze forti e deboli e la gravità—queste particelle di materia oscura subiscono solamente le forze deboli e la gravità. Senza le forze forti o l'elettromagnetismo non possono unirsi in nuclei ed atomi, e non possono attrarsi o respingersi tra loro per mezzo della forza elettromagnetica.

Gli effetti visibili della gravità della materia oscura sono ingenti, e possiamo calcolare, sulla base di questi effetti, stime sulla quantità di materia oscura nell'universo: circa l'85 percento di tutta la sua massa. Ben lontana dall'essere una rarità, la materia oscura è ciò che permette alle galassie di restare unite e a cose come il sistema solare e i pianeti simili alla Terra di formarsi.

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Le WIMP, però, non sono solo un sogno notturno di alcuni astrofisici. C'è una straordinaria corrispondenza tra la forza osservata delle forze deboli, che governano il decadimento radioattivo, e la quantità osservata di materia oscura nell'universo.

Immagine: Ralph Engle/physicsworld.com

Questo fenomeno è il "miracolo WIMP." "Dalla prospettiva della fisica particellare, le prime fasi nella storia dell'universo erano caratterizzate dalla presenza di alta energia, dove l'energia e la massa potevano mutare da uno stato all'altro, come dimostrato dall' E = mc2 di Einstein," scrive Stacy McGaugh, un'astrofisica dell'Università del Maryland e scettica della materia oscura. "Le coppie di particelle e le loro antiparticelle possono generarsi e disgregarsi.

Nonostante ciò, espandendosi, l'universo si raffredda; raffreddandosi perde l'energia necessaria per creare coppie di particelle.Il momento in cui ciò accade per una determinata particella dipende dalla sua massa," continua McGaugh, "maggiore è la massa, maggiore è l'energia richiesta, e più 'l'ibernazione' di quella particella-antiparticella verrà anticipata. Dopo l'ibernazione, la rimanente coppia particella-antiparticella può annullarsi a vicenda, lasciando solo l'energia. Per evitare questo destino ci dovrebbe essere o una qualche asimmetria, oppure la 'cross-section'—la probabilità di interazione—dovrebbe essere così bassa che le particelle e le loro antiparticelle vadano per strade separate senza incontrarsi troppo spesso da annichilirsi completamente."

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Le particelle WIMP che non incontrano le loro antiparticelle e, perciò, non vengono distrutte, continuano per la loro strada lasciando dietro di sé ciò che è conosciuto come "relic density." La cross-section di cui parla McGaugh deve essere più o meno uguale alla probabilità di interazione particellare secondo la forza debole (ovvero la cross-section della forza debole) fino a restituirci quella che è la distribuzione di materia oscura che osserviamo nell'universo. Una coincidenza impressionante.

Nonostante ciò, di sicuro c'è bisogno di più di una coincidenza per provare l'esistenza delle WIMP: abbiamo anche bisogno di vederle davvero.

Lo specchio, che si trova al Karlsruhe Institute of Technology, è in fase di rimodernamento per dare la caccia ad una forma teorizzata diversa di materia oscura, la WISP, ovvero i fotoni nascosti. Questi fotoni sono simili a quelli che percepiamo ogni giorno come portatori di forza elettromagnetica (la luce, l'elettricità, il calore), ma interagiscono attraverso questa forza in maniera molto debole. Una WISP potrebbe interagire con un elettrone proprio come un normale fotone, ma solo una piccolissima parte. Individuarle è difficilissimo.

Le WISP hanno delle strane proprietà (o dovrebbero averle), una delle quali è la possibilità di trasformarsi in un normale 'vecchio' fotone se influenzate da un forte campo magnetico. Nel modello a specchio del gruppo tedesco, l'idea è che i fotoni nascosti di classe WISP dovrebbero sbattere contro lo specchio, interagendo quel poco che basta con gli elettroni presenti in esso per farli diventare regolari fotoni. Questi saranno sparati come una minuscola lucetta verso le WISP in arrivo. I fotoni emessi vengono quindi concentrati verso un rilevatore centrale, che viene regolato di modo da filtrare tutte le particelle inutili ai fini dell'esperimento.

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"Per rilevare i fotoni generati da questo processo, il vantaggio di utilizzare uno specchio sferico è evidente," scrive il team tedesco in un documento pubblicato sul server preprint arVix. "I fotoni provenienti da fonti non attinenti che colpiscono lo specchio saranno concentrati nel punto focale … mentre i fotoni generati dalla materia oscura si propagheranno al centro dello "specchio sferico". In quel punto si può montare un rilevatore.

Gli sforzi del gruppo per la ricerca delle WISP dovrebbero assumere un'altra gravità vista la pubblicazione, la scorsa settimana, di un documento che descrive misteriosi segnali di raggi x che sembrano arrivare dal Sole. C'è la possibilità che questi raggi x siano particelle di classe WISP, conosciute come assioni, che diventano fotoni nel momento in cui si scontrano col forte campo magnetico della Terra.

"Sembra plausibile che gli assioni—particelle candidate alla denominazione di materia oscura—siano generati nel nucleo del sole e si convertano in raggi x una volta entrati a contatto col campo magnetico della Terra," conclude George Fraser, il principale autore del documento sui raggi x.

È questa la risposta al quesito sulla materia oscura? Difficile. I nuovi risultati riguardanti i raggi x richiederanno ancora anni di analisi, mentre il nuovo modello di rilevazione a specchio è solo il secondo del suo tipo, dopo l'esperimento ADMX negli Stati Uniti. Nonostante tutto, è sempre bello vedere progredire la scienza sulla base di errori: cosa c'è di meglio che sbagliarsi?