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Tecnologia

Ora tutti possono recensire i giornalisti del gaming

Il GamerGate ha generato molte cose, tra le altre, un sito che recensirà i tuoi giornalisti preferiti.
​Immagine: MyMediaCritic

No, non parlerò del GamerGate. Cioè, sì, parlerò del GamerGate, non posso negarlo. Il fatto è che non voglio parlarne nei soliti termini teorici e ampollosi farciti di utopie e femminismo. Pensiamoci un attimo: da dove è partito tutto? Da un uomo? Da una donna? Da un notte di sesso selvaggio tra una sviluppatrice di videogiochi e un giornalista di settore? No, da una recensione—che per altro non è mai esistita. Quale sarà quindi il fine ultimo del GamerGate? Ovviamente di tentare una riforma delle recensioni di videogiochi.

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Il problema esiste. Non si ferma ai videogiochi, ma si allarga in realtà a tutte le industrie di intrattenimento; è indubbio, però, che quello dei videogiochi sia l'ambiente dove questo intoppo si fa più evidente. Le recensioni su riviste, magazine o testate online sono all'ordine del giorno, e considerato il fatto che al momento il prezzo medio di un titolo si aggira attorno ai 70 euro non stiamo parlando di una spesa da fare alla leggera.

Un certo Jason LaChapelle salta fuori con un'idea. Metacritic lo conosciamo tutti: l'aggregatore di recensioni per prodotti di intrattenimento, che restituisce all'utente un numerino comodo comodo, chiamato Metascore, che indica la media dei voti delle recensioni di un determinato titolo, sia che si parli di videogiochi che di cinema, musica, tv. Quello che vi pare insomma.

È nata così l'idea di MyMediaCritic (da ora MMC), il Metacritic dei giornalisti; un servizio volto a definire la qualità di una determinata testata, giornalista o gruppo editoriale. L'idea di Jason non è esattamente fuori luogo, ma vive di un equilibrio fragilissimo che oscilla tra la valutazione di un prodotto finale—il videogioco—e della recensione stessa del prodotto finale, e un ambiente dove sono i lettori a decidere democraticamente quale sia il giornalista non più stimolante, ma più conforme ai loro punti di vista. Non un toccasana per il giornalismo, ecco.

È necessario quindi domandarsi come sistemare un giornalismo marcito da casi di corruzione conclamati senza trasformarlo in una fabbrica di neutri comunicati stampa, dove le linee guida sono quelle dettate dagli utenti dell'aggregatore.

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Per chiarire questo discorso, ho contattato Jason e gli ho esposto i miei dubbi: "MyMediaCritic non è e non sarà perfetto, e non so se tutto ciò che riguarda l'interazione dell'utenza potrà mai esserlo," ha premesso Jason.

"Il clickbaiting è ormai all'ordine del giorno nel mondo del giornalismo, e le buone penne stanno perdendo click (e il lavoro!) a favore di autori che passano il tempo a sensazionalizzare fatti ridicoli," mi ha detto Jason. Il fatto che il clickbaiting sia un grosso problema dell'editoria è più che risaputo, ma spesso ci si dimentica che se da una parte c'è un giornalista che scrive titoli ingannevoli per attirare quanti più click possibili, dall'altra c'è un reporter che perde il lavoro. Perché è chiaro: coniugare in maniera sostenibile le definizioni di giornalismo e di gossip è difficilissimo.

Jason non ha paura che la sua idea possa far scaturire azioni poco gentili nei suoi confronti, "Sono stato ddossato e il mio conto bancario è stato hackato: gli individui coinvolti nel GamerGate non mi fanno più paura."

Il problema di MMC sarebbe da trovarsi principalmente nel fatto che è un servizio user-driven, ovvero spaventosamente democratico. Jason punta a gestire le pagelle dei recensori attraverso un sistema di "voti", ovvero: un utente con maggiore influenza—perché storicamente affidabile o perché si è guadagnato la fiducia degli altri con analisi puntuali—riceverà maggiore visibilità alla propria recensione.

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"Io voglio un giornalismo che parla di fatti e che non sia influenzato dai pregiudizi dell'autore."

Il problema è che tutto ciò non mi suona troppo nuovo: il principio di MMC è quello che regola l'affidabilità di una qualsiasi recensione su una testata. Non mi sembra troppo solido nemmeno per ciò che riguarda la possibilità di aggirarlo, "Il sistema di 'influenza' per gli utenti è un sistema che ho abbozzato molto velocemente, e il brainstorming da cui ha origine consisteva praticamente in me medesimo che sparavo idee a ripetizione per trovare un modo per evitare che il sistema fosse aggirabile troppo facilmente. Non è perfetto, questo lo so."

Inoltre in un sistema di questo tipo salta fuori anche un altro problema: il giornalismo non è una scienza e un articolo non gradito non corrisponde, necessariamente, a un brutto articolo. Come far combaciare questi due aspetti del giornalismo in un iter valutativo basato su sfumature non troppo variopinte?

"Questa è una delle sfide più grosse per MMC. Ho in progetto di avere un sistema per le recensioni "ufficiali" di giornalisti, testate o articoli. Queste recensioni saranno scritte da utenti verificati con credenziali reali (licenze giornalistiche, master, etc), che valuteranno i testi sulla base degli stessi criteri utilizzati dagli utenti, con la differenza che da loro ci si aspetterà analisi ben più dettagliata." Non sarà un sistema troppo complicato?

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"La speranza è quella di creare una sorta di bilanciamento; se per esempio il ranking 'ufficiale' (dato dalla qualità delle loro credenziali) delle testate è più alto del loro ranking utente, allora c'è qualcosa che non va, e non necessariamente in negativo. Spesso giornalisti e testate sono effettivamente di una qualità intrinseca piuttosto alta, però non sono sulla stessa "linea d'onda" del volere dei lettori."

Lo scontro tra giornalismo professionale e "popolare" è all'ordine del giorno, e sempre più spesso il filmato di una persona qualsiasi vale più di mille parole di qualche firma nota. "Penso che entrambi abbiano i loro pregi e i loro difetti, e che entrambi siano strumenti estremamente validi, e penso che siano molto più simili tra loro di quanto credano molte persone," dice Jason.

Nel caso vi foste appena sintonizzati, il GamerGate si occupa anche di minacce personali e femminismo. Immagine: History of GamerGate

"Entrambi devono sottostare a degli impianti etici ben precisi. Io voglio un giornalismo che parla di fatti e che non sia influenzato dai pregiudizi dell'autore; è ovvio che il giornalismo sia, in una maniera o nell'altra, influenzato da queste cose, ma non sopporto quelli che non lo dichiarano prima di entrare nel merito delle vicende. Non mi piace nemmeno chi si fregia del titolo di "giornalista" solo per ottenere dei privilegi (pass stampa, per esempio), ma poi non sono coerenti con quella definizione."

Abbiamo poi parlato anche di questioni più concrete: nel corso del GamerGate testate come Kotaku, in risposta alle critiche, sono arrivate a vietare al loro personale di finanziare videogiochi su servizi di crowdfunding, per evitare sin da subito qualunque tipo di coinvolgimento personale nei progetti.

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"Personalmente, ritengo che un giornalista non dovrebbe partecipare alle campagne di crowdfunding. E ciò vale anche al contrario. Penso anche che le case di sviluppo di videogiochi non dovrebbero piazzare pubblicità su testate che trattano dell'argomento. Una volta aggiunti i soldi all'equazione, l'atteggiamento percepito (e a volte quello che è realmente il modo di comportarsi del giornalista) e la corruzione dietro sono troppo significativi per essere ignorati, come nel GamerGate."

A questo proposito, uno dei discorsi più significativi e in voga in tutto il filone GamerGate riguarda "l'etica giornalistica": all'interno del movimento, questo slogan ha generato un vero e proprio meme che ha fatto perdere il suo reale significato.

"Nel GamerGate ci sono tante persone diverse e per me il GamerGate è un grande calderone. Io voglio che i giornalisti che leggo si comportino in maniera più etica—non finanziando progetti o facendosi finanziare da dei progetti e mostrando le carte in tavola quando necessario. Voglio siano la voce dei consumatore, non che scrivano contro di noi. Non voglio che il giornalismo videoludico sia pregno di programmi politici e sociali." confessa Jason.

"Il consumatore dovrebbe essere quel crocevia per tutti i giochi, e i giornalisti dovrebbero lavorare a stretto contatto con i giocatori."

Queste ultime battute sono piuttosto delicate, perché non vedono vie di mezzo tra il tutto e il niente, per questo Jason precisa, "Elementi socio-politici sono assolutamente positivi nella discussione e nella recensione di un videogioco; nonostante ciò, non penso debbano essere inseriti all'interno di un articolo destinato al mercato dei lettori di massa, a meno che il giornalista non includa tutti gli elementi socio-politici presenti. Anche se non volessero inserirli per conto loro, dovrebbero permettere a questi elementi di esistere liberamente, senza che questa azione sia attaccata da altre testate."

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"Il tutto si fa sempre più complicato se pensi al fatto che i voti delle recensioni sono strettamente relazionati agli affari e agli stipendi degli sviluppatori. Questo significa che i giornalisti hanno in mano le buste paga degli sviluppatori. Oggi uno sviluppatore deve fingere di avere determinate tendenze socio-politiche, altrimenti mette a rischio il proprio portafogli."

Jason conclude con una considerazione che condivido in pieno, "Il problema è che abbiamo creato una realtà dove il giornalismo videoludico funge da imprescindibile crocevia per i giochi più piccoli. I giornalisti decidono di cosa parlare, quanto parlarne e come parlarne. Se un gioco non si allinea alle loro idee possono ignorarlo o parlarne male. Non succede lo stesso per i titoli tripla A (diciamocelo, Call of Duty sopravvivrebbe anche senza recensioni)."

"Il consumatore dovrebbe essere quel crocevia per tutti i giochi, e i giornalisti dovrebbero lavorare a stretto contatto con i giocatori. Queste due cose oggi non succedono," conclude.

Io sono fortemente contro il GamerGate, in tutte le sue accezioni, ma in Jason ho trovato una persona che ha saputo discutere lucidamente delle problematiche che realmente affliggono un settore economicamente gigantesco ma professionalmente alle corde.

Non so se MyMediaCritic riuscirà ad avere successo e a funzionare; perché i buchi logici da riempire sono davvero tanti. Quel che è certo è che se il GamerGate riuscirà ad abbandonare i suoi atteggiamenti radicali e a virare su una mentalità più morbida e flessibile, come quella di Jason, allora forse questo settore non è poi così perduto.

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