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Tecnologia

Per gli italiani la lingua di un videogioco è ancora importante

La percezione dell’importanza della lingua di un videogioco varia da paese a paese.
Giulia Trincardi
Milan, IT

L'altro giorno—tormentata dal fatto di non poter giocare a Obduction perché la mia scheda grafica fa schifo—mi sono messa a vagare su Steam alla ricerca di un gioco che non richiedesse livelli di prestazione troppo elevati da parte del mio computer. Dopo poco, mi sono ricordata di un titolo interessante e per cui non servono 84 processori e un milione e mezzo di giga di RAM. Arrivata sulla pagina del gioco, ho trovato però un altro avviso: la lingua italiana non era disponibile, il gioco non era stato né tradotto né sottotitolato. Poco male, ho pensato, tanto è un gioco americano.

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Nei commenti su Steam e su altri forum di settore, però, diversi utenti chiedevano se il gioco sarebbe mai stato tradotto in italiano e c'era persino qualcuno che offriva patch di traduzioni sottobanco (poco rassicuranti, in tutta onestà) per il pubblico nostrano.

Quanto è importante per il pubblico italiano che un gioco venga localizzato? Secondo una ricerca di mercato effettuata dal sito Wordnerd—e a giudicare dai commenti su Steam e sui forum di giocatori—parecchio.

La localizzazione dei videogiochi (come di cartoni animati, film e quant'altro) è un processo che non riguarda, ovviamente, solo la lingua, ma comprende tutti quegli adattamenti alla cultura del paese in cui viene esportato un prodotto mediatico che permettono una migliore comprensione, fruizione e generica godibilità del titolo stesso.

I cambiamenti possono essere più o meno consistenti e riguardare diversi piani: quando si parla di videogiochi, variano dall'estetica dei personaggi e determinati riferimenti culturali dentro al gioco, alle parti hardware di una console per questioni di compatibilità di sistema, alle leggi sui divieti di gioco ai minori di una certa età. In quanto prodotto mediatico, i videogiochi hanno ovviamente un impatto culturale, e la loro localizzazione può generare anche vere e proprie controversie, come il caso recente di Nintendo e Treehouse (l'azienda che si occupa di localizzare i prodotti Nintendo nel mondo) esemplificano perfettamente.

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La lingua di un videogioco, ad ogni modo, è sicuramente uno degli aspetti basilari di questo processo di adattamento internazionale, ma la percezione della sua importanza varia da paese a paese, in base, soprattutto, al livello di conoscenza delle lingue che ha il mercato di riferimento.

Secondo la ricerca condotta da wordnerd, infatti, paesi come Finlandia e Olanda—dove il livello di inglese è molto alto—producono una minore quantità di recensioni legate al (non) adattamento di un videogioco. A quasi nessuno interessa che un titolo sia tradotto, insomma. "Spesso, quando chiediamo ai giocatori di qui [Helsinki, Finlandia] se giocano alla versione inglese," scrivono sul sito, "la maggior parte di loro risponde che non sono neanche interessati [a provare quella tradotta], dato che in genere è tradotta male o suona 'davvero strana.'"

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Francia e Italia, invece, costituiscono una fetta enorme degli utenti che discutono apertamente problemi relativi alla localizzazione di un titolo, rappresentando il 38% totale delle recensioni analizzate. "La parte più grossa è composta da richieste di localizzazione," spiega il sito. "Questi paesi tengono particolarmente alla propria lingua. A differenza di Finlandia e Olanda, vedere un gioco tradotto nella loro lingua non li rende felici, è una questione di necessità e si aspettano che sia così. Una mancata localizzazione può scatenare reazioni particolarmente emotive."

Wordnerd approfondisce questa differenza notando come i giocatori italiani e francesi siano anche "molto protettivi" nei confronti della propria cultura: "una cattiva localizzazione è quasi un insulto," scrivono. "Per questo motivo, l'abitudine di alcuni sviluppatori ad usare Google Translate per facilitare la comprensione, in genere porta a conseguenze terribili."

Le conclusioni che è possibile trarre dalla analisi compiuta da Wordnerd, che si è basata su 21.000 recensioni relative alla localizzazione su Google Play Store, suddivise in tre categorie principali—buona localizzazione, cattiva localizzazione e richieste di localizzazione—, riguardano soprattutto le strategie delle aziende, che, se interessate a coprire con successo il mercato italiano, non possono esimersi dall'adattare con cura i propri titoli.

Magari, a un certo punto, cominceremo anche noi ad apprezzare i titoli in lingua originale.