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Tecnologia

La paura forse è un'eredità dei nostri genitori

Gli odori scatenano memorie antiche e profonde. Che a volte sfociano in puro terrore. Ora alcuni ricercatori dicono di aver trovato l'interruttore del DNA che causa la paura.
Immagine: Wikimedia Commons

Può essere difficile immaginare da dove provengano le nostre ansie e paure, ma forse la nostra genealogia potrebbe aiutarci a capirlo. Lo suggerisce un nuovo studio pubblicato su Nature Neuroscience, il quale suggerisce che le nostre fobie potrebbero essere trasmesse alle generazioni successive. Un'affermazione tanto sorprendente da suscitare qualche controversia. Lo studio ipotizza infatti che ciò avvenga grazie a un meccanismo chiamato "eredità epigenetica transgenerazionale".

Cosa significa di preciso? Secondo Nature Reviews Genetics, questo fenomeno può essere definito come “l'insieme degli effetti su un fenotipo (o sul risultato di espressioni geniche) che vengono trasmessi da una generazione all'altra. Tutto ciò avviene attraverso l'azione di molecole nelle cellule germinali e non può essere spiegato dalla genetica mendeliana (o da modifiche alla sequenza primaria del DNA).” In altre parole, le modifiche epigenetiche “alterano l'espressione dei geni, ma non la loro effettiva composizione in nucleotidi"—insomma, i mattoni del codice genetico restano gli stessi, ma il loro effetto sull'organismo è diverso.

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Quindi, tutta questa storia cosa ha a che fare con la paura? Brian Dias e Kerry Ressler della Emory University hanno cercato di dimostrare l'ereditarietà del terrore condizionando alcuni topi in modo che temessero un particolare odore, quello di una sostanza chiamata acetofenone. Dieci giorni dopo il condizionamento, questi topi—la generazione F0—si sono accoppiati. I loro figli—la generazione F1—mostravano una forte sensibilità all'odore dell'acetofenone, un aroma che non avevano mai sentito prima. E la successiva generazione F2 mostrava la stessa sensibilità.

Il punto cruciale è che il condizionamento ambientale è avvenuto ben prima del concepimento della prole F1 e quindi l'origine artificiale del sentimento di terrore non la riguardava direttamente.

Risultati comportamentali alla mano, Dias e Ressler hanno voluto appurare se ci fossero delle basi neurofisiologiche per questa sensibilità transgenerazionale. Hanno scoperto che rispetto agli animali che non erano stati condizionati, i topi a cui era stata indotta la paura avevano più recettori per l'acetofenone e un'attività cerebrale di risposta alla sostanza più marcata. Oltretutto, lo sperma mostrava segni di maggiore attività in risposta all'acetofenone.

Gli insoliti risultati sono stati confermati da ulteriori esperimenti, che hanno utilizzato la fecondazione in vitro e l'allattamento parziale nel tentativo di eliminare l'influenza di fattori esterni, come la “trasmissione sociale.”

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I topi non sono uomini, quindi non possiamo semplicemente applicare questi risultati alla specie umana. 

Cosa hanno da dire questi risultati per quanto riguarda l'uomo? Da ragazza adottata e ansiosa cronica, la mia mente rischia di esplodere all'idea del potenziale nascosto di questa ricerca. Potrebbe essere un'altra possibile spiegazione della mia incessante tendenza a preoccuparmi, oppure della mia più grande fobia?

Be', forse, ma non possiamo ancora dirlo. Saltare alle conclusioni riguardo al mio stato mentale—o a quello di chiunque altro—basandosi sulle paure olfattive delle cavie da laboratorio è decisamente prematuro, se non irresponsabile. I topi non sono uomini, quindi non possiamo semplicemente applicare questi risultati alla specie umana. Comunque sia, i ricercatori sperano che ulteriori studi possano fornire delle prove a favore.

“Un fenomeno simile potrebbe contribuire allo studio dell'eziologia e della potenziale trasmissione intergenerazionale dei disturbi neuropsichiatrici, come le fobie, l'ansia e il disturbo post-traumatico da stress,” scrivono Dias e Ressler. Ma questo non significa che ereditiamo il ricordo della paura. Come ha dichiarato Dias a Virginia Hughes su National Geographic, “Non so se è una vera memoria. Per ora è solo una particolare sensibilità.”

Ovviamente, dati sensazionali come questi non possono che attirare un certo scetticismo. Le critiche si concentrano principalmente su due aspetti. Primo, l'incapacità dei ricercatori di descrivere il meccanismo con cui la sensibilità si manifesta. Come è già successo in studi simili, un meccanismo molecolare univoco, responsabile dell'eredità epigenetica transgenerazionale, è sfuggente e difficile da individuare. Secondo, il benché minimo sentore di lamarckismo—pensate al collo delle giraffe—fa esitare molti scienziati.

Le obiezioni a questa ricerca sono ben riassunte dal commento che Timothy Bestor, biologo molecolare della Columbia University, ha postato su Nature.com. “Le affermazioni dei ricercatori sono così estreme che violano il principio non scritto per cui le conclusioni straordinarie devono essere sostenute da prove altrettanto speciali.” Ma alle sue dichiarazioni replicano altri scienziati, che hanno definito lo studio “convincente” e “sublime.”

Nonostante le divisioni tra colleghi, Dias e Ressler ci tengono a dire che ulteriori dati, provenienti da altri studi, in realtà “sottolineano il fatto che l'ereditarietà epigenetica transgenerazionale può manifestarsi nei mammiferi.” Stanno già pianificando il loro prossimo progetto, come spiega Dias a Hughes: vogliono scoprire se una paura appresa e poi dimenticata da una data generazione sarà ugualmente trasmessa alla prole.