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Le desolanti reazioni della politica italiana al "Muslim ban" di Trump

Ovvero, come hanno (o non hanno affatto) commentato la notizia i nostri politici.
Leonardo Bianchi
Rome, IT

Negli ultimi giorni mi è tornata in mente più e più volte un'intervista all'attore Christoph Waltz—il colonnello Landa di Bastardi senza gloria, per intenderci—fatta lo scorso novembre, poco dopo l'affermazione elettorale di Trump. Per un momento nel dibattito pubblico si era fatta strada l'idea che il neo-presidente, una volta arrivato alla Casa Bianca, si sarebbe in qualche modo "moderato" o "responsabilizzato."

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Waltz, in maniera molto chiara, diceva però che "non si può dimenticare quello che è stato detto," e soprattutto che "se Trump riuscirà a fare quello che ha annunciato durante la campagna elettorale, allora sarà la fine."

Ecco: tra elogi della tortura, attacchi sempre più violenti alla stampa e una sfilza di ordini esecutivi a dir poco controversi, è bastata una decina di giorni per catapultare tutti quanti in una puntata de La svastica sul sole.

Su tutti, il blocco all'ingresso nel paese da parte di cittadini di alcuni paesi a maggioranza musulmana, (il cosiddetto "Muslim ban") ha creato un caos giuridico e politico senza precedenti – caos di cui, tra le migliaia di persone colpite, ha fatto le spese anche una nostra connazionale di origine iraniana.

La decisione senza precedenti, oltre ad aver causato proteste di massa agli aeroporti e in molte città statunitensi, ha spinto diversi leader occidentali a prendere una netta posizione di contrasto. Il portavoce della cancelliera Angela Merkel, ad esempio, ha dichiarato che la lotta al terrorismo "non può giustificare" un misura basata "solo sull'origine e sulla fede" delle persone. Il sindaco di Londra Sadiq Khan ha definito "vergognoso e crudele" il provvedimento di Trump, e persino Boris Johnson— uno degli artefici di Brexit—ha criticato l'ordine esecutivo. Dal canto suo, il premier canadese Justin Trudeau ha pubblicato questo status su Facebook:

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In Italia—per motivi che ancora adesso mi sono nebulosi—le reazioni delle più alte cariche dello Stato sono state a dir poco asfittiche, come se ci fosse il timore di infastidire qualcuno.

Se si eccettua la presidente della Camera Laura Boldrini, infatti, il presidente del consiglio Paolo Gentiloni e il ministro degli esteri Angelino Alfano sono stati zitti per un giorno intero. Il primo ha affidato le sue riflessioni a Twitter, con un'anemica dichiarazione di principio in cui né Trump né il "Muslim ban" sono minimamente nominati:

Il secondo ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera, in cui—in politichese stretto—dice che "Trump in campagna elettorale ha detto delle cose e, sulla base delle cose che ha detto, ha vinto. Adesso le sta realizzando. Non sta facendo cose diverse da quelle promesse."

Il ministro dell'interno Marco Minniti, parlando all'assemblea degli amministratori del PD a Rimini, si è sempre mantenuto sul vago ma almeno è stato un po' più fermo. "L'equazione immigrazione-terrorismo è sbagliata, è inaccettabile," ha detto. "Stiamoci attenti perché si crea un'area di emarginazione e insoddisfazione che diventa il brodo di coltura del terrorismo."

Se da questo lato, dunque, la condanna per quanto accaduto non è stata così decisa e inequivocabile come avrebbe dovuto essere, dall'altro c'è stata una parte della politica italiana che nel "Muslim ban" non ci vede nulla di male.

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Naturalmente il primo posto di questa speciale lista va a Matteo Salvini, sempre pronto a rivendicare i successi altrui—un po' come le tabaccherie che esultano quando viene giocato un numero vincente al Superenalotto.

Dal palco di "Italia sovrana," la manifestazione di Fratelli d'Italia che si è tenuta questo sabato a Roma, il segretario leghista ha aggiornato il suo pantheon populista e sognato ad occhi aperti un trattamento Trump per l'Italia interna. "Buon lavoro al presidente Trump e a Putin, averne a Palazzo Chigi di Trump e Putin," ha urlato al microfono. "Quello che dice Trump lo faremo noi quando andiamo al governo, a casa nostra ci si viene solo se invitati."

Lo stesso, sulla propria pagina Facebook, ha poi rincarato la dose prendendosela con la "presidenta Boldrini" e "i suoi amici clandestini."

Dalle parti del Movimento 5 Stelle, poi, era lecito non aspettarsi chissà cosa—dopotutto, Trump è uno "statista forte" di cui il mondo ha bisogno per creare "scenari di pace e distensione." E in questo caso la reazione non è arrivata dal Grande Megafono, ma dal deputato Carlo Sibilia. Per quest'ultimo, le critiche a Trump sono semplicemente insensate perché si tratta di un politico democraticamente eletto che si sta limitando ad applicare il programma.

Il ragionamento non fa una grinza, no? Se non fosse che—come ha notato qualcuno, sempre su Twitter—ha la sgradevole conseguenza logica di portare a ragionamenti del genere.

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