Un ex membro del KGB ha lasciato il Canada sei anni dopo aver cercato asilo in una chiesa della Columbia Britannica.
Mikhail Lennikov, che rischiava di essere espulso in Russia nel 2009, si era trasferito all’interno di una chiesa luterana di Vancouver, pur di evitare di dover abbandonare la propria famiglia. Il mese scorso, però, il suo avvocato Hadayt Nazami ha dichiarato ai media canadesi che l’ex dipendente dell’agenzia di spionaggio sovietica ha abbandonato il paese.
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“Se ne è andato alla fine di questa settimana per libera scelta, volontariamente,” ha detto a Global News il legale dell’uomo.
Nazami ha spiegato ai media canadesi di ignorare dove Lennikov fosse diretto.
Lennikov aveva raggiunto il Canada per la prima volta con la moglie e il figlio nel 1997, grazie a un visto per studenti, e si era sistemato a Burnaby, un quartiere di Vancouver. Aveva poi avviato battaglie per rimanere, ma il suo status di ex spia rappresentava un problema insormontabile per il Ministro della Sicurezza Pubblica del paese. Alla delibera ministeriale si aggiunse poi una seconda conferma giudiziaria, che confermava la necessità di estradare Lennikov.
Il decreto di espulsione nei suoi confronti fu emesso il 3 giugno 2009; Lennikov, tuttavia, in quella data non si presentò all’aeroporto di Vancouver. L’uomo, invece, richiese asilo alla chiesa, che lo accolse e costruì una stanza apposta per lui. Lennikov temeva che in Russia sarebbe stato accusato di tradimento e dichiarò di voler restare vicino alle moglie e al figlio, cui era concesso di rimanere in Canada.
“Per evitare che la mia famiglia venga separata per un tempo indeterminato – se non per sempre – credo che per noi sia importante che io rimanga in Canada,” Lennikov spiegò alla CBC nel 2009.
Lo scorso agosto, dopo la partenza dell’uomo, il suo avvocato ha riferito ai media canadesi che la minaccia di un’accusa per tradimento non pende più sulla testa di Lennikov. Aggiungendo: “Posso solo sperare che lui sia al sicuro.”
Da allora, i membri della sua famiglia hanno ottenuto la cittadinanza canadese, e ora intendono rimanere nel paese.
Nel suo scontro con il governo locale, Lennikov non ha mai negato di aver lavorato come interprete per l’agenzia di spionaggio sovietica durante gli anni ’80. Eppure – si è sempre difeso – ha affermato non essere stato felice di lavorare per loro.
Nel 2014 il Winnipeg Free Press, un giornale locale canadese, denunciò che il governo federale aveva intenzione di deportare un altro ex esponente del KGB residente a Winnipeg. Il giornale parlava di una richiesta “top secret” per far sì che l’uomo fosse espulso aggiungendo che, secondo alcune fonti, il governo federale intendeva usare il caso di Lennikov come precedente.
Anche se il parlamentare locale Peter Julian affermò nel 2009 che il 98 percento della sua comunità sosteneva il tentativo di Lennikov di ricevere asilo nella chiesa, l’opinione pubblica non era tutta dalla sua parte.
Il giornale Burnaby Now riferì che la Ukrainian Canadian Civil Liberties Association (Associazione Ucraino-Canadese per le Libertà Civili) aveva lanciato una campagna per espellere Lennikov dal paese e che, nel Dicembre 2013, gli aveva offerto addirittura un biglietto di sola andata per la Russia.
Il presidente dell’associazione, Roman Zakaluzny, affermò sul giornale della Columbia Britannica il suo desiderio di non avere uomini del KGB in Canada. “Non riusciamo a capire perché la Canada Border Services Agency [CBSA, l’agenzia canadese deputata al controllo delle frontiere, ndt] non sia stata in grado di fare quello che gli era stato ordinato più di quattro anni fa.”
Benché la CBSA abbia il potere di arrestare chi cerca asilo nelle chiese, nel caso di Lennikov preferì non procedere.
“Lui non ha mostrato alcun rimorso per essere stato coinvolto nella repressione sovietica,” ha aggiunto Zakaluzny, sostenendo che il Canada dovrebbe preoccuparsi di aiutare piuttosto i “veri rifugiati.”
Zakaluzny ha detto a VICE News che la sua associazione ha aperto campagne contro numerosi ex agenti del KGB che risiedono in Canada, rifiutandosi però di fornire un numero preciso. Il gruppo, ha spiegato, non è contrario ai richiedenti asilo in generale, ma è ostile a gli ex membri della polizia segreta che “sono responsabili per la morte, l’incarcerazione e la tortura di milioni di persone in giro per il mondo.”
“Le nostre leggi non gli permettono di restare qui. Il fatto che dobbiamo fare delle campagne per questo, quindi, è motivo di disappunto; è deludente constatare che le nostre regole non vengano rispettate,” ha concluso Zakaluzny.
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