Dall’erba alla cocaina: come l’Albania è diventata il centro delle droghe europeo

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È gennaio, e mi trovo in un quartiere periferico di Tirana, in Albania, con due trafficanti di cocaina appena tornati da un viaggio clandestino in Germania. Come molti altri del giro, Artan e Luli si sono spostati dalla cannabis alla cocaina: ci sono più soldi in ballo ed è più facile da trovare. Mi dicono che piazzando un chilo di cocaina nei paesi europei più ricchi, dove il mercato è in continua espansione, si possono fare anche più di 20mila euro.

I due parlano di mazze da baseball, auto di lusso e donne. “Come probabilmente puoi vedere,” mi dice Artan indicando una strada infossata e allagata, “se vuoi uscire e avere cose qui, devi andare in Germania, Italia o Inghilterra. La cocaina dà lavoro.”

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Quando il tracollo finanziario degli anni Novanta ha gettato il paese nel caos e nella miseria, le generazioni albanesi più giovani sono state le più colpite da povertà e corruzione. Per alcuni, lo spaccio è ancora una via di fuga dalle periferie più abbandonate di Tirana.

Ma qui il traffico di droga non è niente di nuovo. Un rapporto del Dipartimento di Stato americano del 2018 ha descritto l’Albania come un luogo di “corruzione dilagante, istituzioni giuridiche e governative compromesse e controlli alle frontiere deboli.” Secondo lo stesso documento, i crimini più redditizi sono il narcotraffico, l’evasione fiscale, il contrabbando e la tratta di esseri umani.

L”Albania è considerata la più grande produttrice di cannabis in Europa. Nel 2017, le forze dell’ordine hanno sequestrato 68 tonnellate di erba per un valore di oltre 600 milioni di euro. Ma è il traffico di cocaina a rendere l’Albania un potenziale “narco-stato.” Le bande locali sono rinomate per vendere cocaina di elevata purezza a prezzi all’ingrosso molto competitivi, e dal 2012 hanno contribuito alla crescente disponibilità della sostanza in Europa.

I trafficanti hanno allestito linee di rifornimento dirette attraverso il Sud America e i grandi porti europei, in particolare quelli belgi e olandesi. A febbraio dello scorso anno, la polizia ha sequestrato 613 chilogrammi di cocaina nascosti in una spedizione di banane dalla Colombia in arrivo nel porto orientale di Durazzo. Allo stesso tempo, c’è stato un aumento di sospetti criminali di origine albanese uccisi in Sud America. Nel 2017 Remzi Azemi, un albanese kosovaro e presunto trafficante di cocaina, è stato assassinato da una gang mentre viaggiava con la famiglia in un’auto blindata a Guayaqil, in Ecuador. L’anno precedente, Ilir Hidri, un altro albanese sospettato di essere coinvolto nel narcotraffico, era stato ucciso nella stessa città.

L’Albania è anche un caso piuttosto unico in Europa, perché molti trafficanti non sono fuorilegge ai margini della società; al contrario, hanno legami con la classe politica e spesso sono in combutta con le forze dell’ordine—cioè con coloro che in teoria dovrebbero contrastarli.

Protestors run from tear gas in Tirana, Albania during February protests calling for the resignation of the prime minister over corruption allegations.
Manifestanti a Tirana, durante le proteste dello scorso febbraio contro il primo ministro Edil Rama. Foto: Gent Shkullaku/AFP/Getty Images.

Uno studio finanziato dall’Unione Europea—condotto dal 2016 al 2019—ha rivelato che uno sbalorditivo 20,7 percento degli albanesi ha ricevuto denaro o favori in cambio del proprio voto. A gennaio, poi, è venuto fuori che i trafficanti hanno truccato le elezioni comprando voti. In pratica, i proventi derivanti dal narcotraffico sono una parte essenziale del sistema: il modo migliore per assicurarsi i voti delle persone è pagarle in contanti, e il miglior generatore di denaro sono le droghe.

Afrim Krasniqi, responsabile dell’Istituto di Studi Politici Albanesi, ha affermato che il ruolo delle bande criminali nella campagna elettorale del 2017 è stato addirittura maggiore di quello dei partiti politici. “L’impressione generale è che oggi nessuno sia in grado di vincere le elezioni senza il sostegno di tali gruppi,” ha dichiarato.

Gli ultimi due ministri dell’Interno del primo ministro albanese Edi Rama si sono dimessi per il coinvolgimento in scandali giudiziari riguardanti il traffico di droga. Il primo, Saimir Tahiri, dovrebbe essere processato a fine anno con l’accusa di spaccio e corruzione. Il nome di Tahiri è citato in un’intercettazione dell’anti-mafia italiana a proposito di tangenti, traffico di cannabis e contrabbando di Kalashnikov. Tahiri nega le accuse contro di lui.

È stato sostituito da Fatmir Xhafaj, il cui breve periodo come ministro dell’interno è finito l’anno scorso, dopo che il fratellastro Agron è stato condannato a sette anni di reclusione per traffico internazionale di stupefacenti. Sebbene non ci siano prove che Xhafaj abbia avuto un coinvolgimento diretto, la pressione politica interna e internazionale hanno probabilmente portato Rama a sbarazzarsi del suo ministro.

Nel 2017, invece, Ermal Hoxha—nipote del noto dittatore comunista albanese Enver Hoxha, che ha governato il paese per 41 anni fino alla sua morte, nel 1985—è stato condannato a 10 anni di carcere per la sua partecipazione in un traffico di 120 chili di cocaina dall’America Latina verso l’Europa occidentale.

Tuttavia, nessun uomo dimostra la vicinanza tra l’élite albanese e i pezzi grossi del narcotraffico più di Klement Balili—proprietario di un hotel di lusso ed ex funzionario pubblico, descritto nel mandato di arresto spiccato dalla polizia greca come “il Pablo Escobar dei Balcani.” Un dossier di 10.000 pagine compilato dal governo greco (e visionato da VICE) ricostruisce in dettaglio il suo impero del crimine transnazionale, che vale oltre un miliardo di dollari e si snoda tra Italia, Grecia, Germania e Regno Unito.

La scalata criminale di Balili è coincisa con il collasso economico dell’Albania negli anni Novanta, causato dal crollo di enormi schemi piramidali sponsorizzati dal governo. Ufficialmente Balili si occupava di trasporti, divertimento, pesca e sicurezza; poi, nel 2014, è stato nominato direttore dei trasporti regionali nella località balneare di Saranda. Negli ultimi dieci anni, Balili ha costruito una serie di hotel di lusso sulla splendida costa adriatica dell’Albania.

Nel 2015 Ilir Meta, attuale presidente dell’Albania, ha tagliato il nastro all’inaugurazione dell’hotel a cinque stelle di Balili, il Santa Quaranta. Insieme a Meta e Balili, alla festa di apertura c’era l’allora ministro delle finanze Arben Ahmetaj e il deputato del partito socialista Koco Kokëdhima.

Lo stesso Balili ha parlato dei suoi stretti legami con uno dei principali partiti politici albanesi, il Movimento Socialista per l’Integrazione (Lsi). In un’intervista all’inizio di quest’anno, Balili ha spiegato che la sua nomina a direttore dei trasporti di Saranda è arrivata in cambio dei finanziamenti che lui e la sua famiglia hanno fatto all’LSI. Il nipote di Balili è sindaco di Delvina. Balili ha ammesso apertamente di avere un chiaro interesse nelle campagne elettorali di suo nipote.

La polizia greca ha dato la caccia a Balili per più di dieci anni. Ma ogni volta che sembrava fare progressi, le autorità albanesi mettevano i bastoni tra le ruote. Nel maggio 2016, ad esempio, i greci avevano arrestato 12 membri della banda Balili e sequestrato quasi 700 chili di marijuana—il risultato di un’inchiesta durata due anni in collaborazione con la Dea. Le forze dell’ordine albanesi non hanno però eseguito il mandato di cattura, perché secondo loro Balili era scomparso.

Peccato che, solo tre mesi dopo, Balili sia stato fotografo con un alto ufficiale della polizia su uno yacht al largo delle coste albanesi. E non si trattava nemmeno della prima volta: il suo volto sorridente è comparso spesso nelle gallerie dei cellulari dell’élite politica albanese.

Secondo i funzionari statunitensi e greci, la vicinanza di Balili al potere è la chiave del suo successo come narcotrafficante. Nel suo discorso d’apertura del 2016, l’ambasciatore statunitense in Albania Donald Lu ha detto che “i politici di destra e di sinistra si sono messi al servizio di uomini d’affari corrotti, di grandi criminali e persino di trafficanti. In che modo possiamo spiegare il fatto che l’intoccabile Klement Balili sia ancora a piede libero?” In un altro discorso del 2018, Lu ha spiegato che il più grande fallimento del governo albanese è stato quello di non riuscire ad arrestare Balili, definito “un potente leader del crimine organizzato con agganci politici.”

A masked Albanian police officer searches a clandestine cocaine refining laboratory in 2015.
Un poliziotto perquisisce una raffineria clandestina di cocaina a Xibrake, il 15 gennaio del 2015. Foto: AFP/Getty Images.

A gennaio di quest’anno, la polizia albanese ha finalmente arrestato Balili. Ma alcuni considerano il suo arresto più una mossa di pubbliche relazioni del governo che altro. Balili ha in pratica dettato le condizioni della cattura: si è consegnato direttamente, e i suoi avvocati hanno comunicato l’orario del suo arrivo al ministro dell’interno e alla magistratura. A causa di un cambiamento nella Costituzione non è stato estradato in Grecia, e sarà processato in Albania.

Un mese dopo la Corte per i reati gravi ha accettato la richiesta di Balili di accedere al rito abbreviato, che riduce la pena di un terzo. Il 7 maggio è stato condannato a 10 anni di reclusione per traffico internazionale di stupefacenti, associazione a delinquere e riciclaggio di denaro. [Aggiornamento del 17 gennaio 2020: nell’ottobre del 2019 la Corte d’Appello ha confermato la pena.]

Diversi uomini che hanno lavorato con Balili, e con cui abbiamo parlato, hanno espresso un certo affetto nei suoi confronti. “Non so cosa abbia fatto davvero Klement, o se sia vero quello che dicono di lui,” ha detto una persona che ha chiesto l’anonimato, “ma ha investito molti soldi nella nostra comunità. Ha avviato molti progetti edilizi, a cui noi abbiamo lavorato per anni. Pagava sempre e la comunità lo rispettava. Era un uomo d’affari, non un boss mafioso.”

Un altro costruttore che abbiamo sentito è stato decisamente meno tenero. “Pagava quando gli andava, e quando gli andava non c’era alcun modo di recuperare i soldi,” ha detto a VICE. “Si è comprato la polizia, i tribunali, gli esattori…Se avessi fatto problemi con una fattura, non voglio nemmeno pensare a cosa sarei andato incontro. Conosce e controlla tutto e tutti. Ci ha fumati come un sigaro.”

L’ascesa della criminalità organizzata albanese ha avuto un costo particolarmente pesante per i cittadini. Stando a un sondaggio del 2018 realizzato da Gallup, gli albanesi sono la quarta popolazione al mondo più propensa ad emigrare—superata solo da Haiti, Liberia e Sierra Leone.

Rudina Hajdari, leader del Partito Democratico albanese (all’opposizione) e presidente della commissione parlamentare sull’integrazione europea, ha spiegato a VICE che “i giovani albanesi sono arrabbiati e si sentono traditi da questo governo. Abbiamo un problema di corruzione gigantesco, e il traffico di droga non fa che aggravarlo. I soldi influenzano tutte le decisioni di questo paese, e sono soldi che arrivano dai cartelli. Chiunque stia combattendo la corruzione incontro enormi ostacoli.”

Questo mese l’Albania inizierà i negoziati di ingresso nell’UE, ma alcuni stati membri stanno pensando di limitare gli spostamenti dei cittadini albanesi—su tutti la Francia e i Paesi Bassi, che considerano i narcotrafficanti albanesi una “seria minaccia.”

Il premier Rama—un ex giocatore di basket che ha vinto le elezioni nel 2013 con la promessa di debellare la corruzione—ha incassato il plauso della comunità internazionale quando ha smantellato il “paesino-fortezza” di Lazarat, dove si producevano fino a 900 tonnellate di cannabis all’anno. Nonostante ciò, non è riuscito a togliersi di dosso le accuse di frode e corruzione, sfociate in violente proteste anti-governative a Tirana.

I suoi detrattori sostengono che dovrebbe dimettersi per permettere l’ingresso dell’Albania nell’Unione Europea. Lulzim Basha, esponente di spicco del Partito Democratico albanese, ha detto che “abbiamo una missione: liberare l’Albania dal crimine e dalla corruzione, e renderla come il resto d’Europa.”

Ha contribuito Alfredo Affazi, da Londra e Tirana. Segui Monty e Alfredo su Twitter.