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Forse dobbiamo ringraziare l’alcol per la Rivoluzione Francese

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Molti proprietari di locali che simpatizzavano con la causa avrebbero offerto vino e pasti ai rivoluzionari.

Lo psichiatra e studioso degli effetti che l’alcol ha sulla società Michel Craplet è un po’ come il protagonista di Il sesto senso—ma invece di vedere i morti, vede la gente ubriaca ovunque.

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L’alcologia è un’area di studi istituita negli anni Sessanta dal medico francese Pierre Fouquet, il cui intento era guardare al consumo di alcol sotto una lente medica, sociologica e culturale. Molti nel suo campo si occupano anche di dipendenza dall’alcol e Craplet non fa eccezione—oltre ad aiutare pazienti in modo individuale, è anche nel consiglio di Eurocare, una ONG europea che lotta per prevenire l’alcolismo.

“Penso che per aiutare le persone a smettere di bere, sia necessario comprendere il ruolo dell’alcol nella nostra società,” spiega Craplet al telefono. “E questo vale anche per la nostra storia.” Spinto da questa convinzione, Craplet ha deciso di approfondire gli archivi della Rivoluzione Francese per cercare riferimenti all’alcol. Il suo libro “Intoxication and Revolution – the Secret History of Alcohol between 1789 and 1794” (disponibile solo in francese) traccia il ruolo che gli alcolici hanno giocato durante le sommosse sociali e politiche della fine del Diciottesimo secolo in Francia.

“Quando ho intervistato alcuni archivisti, mi hanno detto di essere sorpresi dal mio argomento di ricerca,” dice Craplet. “Eppure, ho incontrato numerosissimi documenti e immagini [legati all’alcol].”

La Rivoluzione Francese è stata esaminata sotto diverse lenti—quella del teatro, della marina, persino del pane—eppure sembra che pochi abbiano fatto un collegamento con il consumo di alcolici all’epoca. “Durante diverse ere e ideologie, storici come Taine [un pensatore francese dell’Ottocento] hanno discusso dello stato generale di ebrezza delle masse rivoluzionarie,” spiega Craplet. “Ma molti altri vivevano l’argomento con disagio e l’hanno tralasciato del tutto.”

Craplet sostiene che questa improvvisa disponibilità alcolica, a braccetto con uno scontento crescente, ha trasformato la gente di paese in ribelli assetati di sangue.

Rimettendo l’alcol al centro della storia, Craplet sostiene di aver fatto combaciare racconti di bevande che sgorgano dai barili e alcuni dei momenti cardine delle rivolte di Parigi che hanno dato il via alla rivoluzione dell’11 e 12 luglio del 1789. Dice di aver anche documentato il saccheggio delle cantine di vino, l’allestimento improvvisato di svariati banchetti rivoluzionari e persino lo stato di ebrezza delle guardie del Re Luigi XVI, che potrebbe aver portato al ritardo nella fuga del reale da Parigi nel 1791.

Nel 1700, l’alcol non era prodotto ancora su scala industriale, dunque la gente comune beveva solo in occasioni speciali, nelle taverne e nelle locande che producevano in proprio gli alcolici che vendevano. Ma stando a Craplet, molti proprietari di locali che simpatizzavano con la causa avrebbero offerto vino e pasti ai rivoluzionari. Parte dell’alcol consumato durante le feste era rubato, e parte era donato dagli aristocratici nel tentativo di guadagnarsi la simpatia delle masse, che avrebbero altrimenti potuto tagliare loro la testa.

Craplet sostiene che questa improvvisa disponibilità alcolica, a braccetto con uno scontento crescente, ha trasformato la gente di paese in ribelli assetati di sangue. Per esempio, nel settembre del 1792, una folla inferocita ha giustiziato circa 1.600 prigionieri a Parigi nel giro di soli quattro giorni. Ma stando a Craplet, “le persone che compirono i massacri di settembre non erano mostri. Erano membri della borghesia tronfi e resi spavaldi dagli effetti disinibitori e rilassanti dell’alcol.” Arriva anche a ipotizzare che la famosa presa della Bastiglia, avvenuta il 14 luglio 1789, non sarebbe andata come è andata senza tutto l’alcool che è stato consumato i giorni precedenti.

Stando a Craplet, rappresentazioni di bevande alcoliche nelle immagini della fine del Settecento sono spesso state censurate nelle copie successive all’originale. Persino gli esperti che conoscono queste immagini sono rimasti sorpresi nello scoprire la quantità di dettagli presenti nelle immagini originali e poi tralasciati. “Devi essere un po’ ossessionato dall’alcol per notarli—che è sicuramente vero nel mio caso,” dice Craplet.

Per fare un esempio di questa tendenza alla censura delle scene di ebrezza durante quel periodo, Craplet cita un’illustrazione del 1761 in cui si è imbattuto, che dipinge la famosa Taverna Ramponeau, un locale nell’area rurale della periferia di Parigi, popolata di persone del posto. “Nell’angolo in basso a destra dell’immagine puoi vedere un uomo che vomita,” dice Craplet. “È una vomitata perfetta. La maggior parte delle riproduzioni cancella questo dettaglio.”

rivoluzione francese quadro uomo che vomita
La taverna Ramponeau. Historic Images / Alamy Stock Photo

Esattamente dopo la fuga di Re Luigi XVI da Parigi, i caricaturisti dell’epoca lo rappresentavano spesso come un vizioso ubriacone, ma Craplet sostiene che questa iconografia sia poi stata abbandonata in fretta. “Gli storici della Prima Repubblica non osavano mai dire che al Re Luigi XVI piacesse bere, quasi per conservare una forma di rispetto nei suoi confronti,” dice. “È sorprendente che non avessero lo stesso riguardo a proposito delle voci su Maria Antonietta e il suo essere—diciamo—una moglie capricciosa.”

In un libro precedente, Craplet ha scritto di come l’alcool sia stato usato dalle persone di potere nel corso della storia come mezzo per “alleggerire la percezione dei regimi oppressivi agli occhi di poveri, minoranze e popoli colonizzati.” Per esempio, i coloni europei usavano alcolici fortissimi come bene di scambio con le popolazioni native d’America, che sono poi state demonizzate per aver sviluppato una dipendenza. “per me, l’alcol è il vero oppio dei popoli,” conclude Craplet.

Nonostante sia stato usato come strumento di manipolazione da parte dei potenti, l’interazione che le masse hanno con l’alcol è diventato anche l’incubo peggiore dell’élite—forse anche durante la Rivoluzione Francese. Craplet spiega che Napoleone III, ultimo monarca a governare la Francia, aveva messo sotto rigido controllo gli stabilimenti che producevano alcol, dal momento che sarebbero potuti diventare “terreno fertile per insurrezioni e cospirazioni,” dice Craplet.

Da quando i locali e i bar in Francia—e un po’ ovunque—sono chiusi per la pandemia, Craplet e altri studiosi dell’alcol hanno notato una correlazione tra il bere in casa e l’aumento dei casi di violenza domestica nel paese. “Lo scrittore francese Alphonse Allais ha detto che il paradiso è la terrazza di un bar infinita,” conclude Craplet. “È un po’ un’utopia, ma capisco perché le persone sentano il bisogno di riprendersi questi spazi perduti di convivialità e calore umano.”

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