Questo non è un report di Club To Club ma una serie di pensieri sparsi che girano intorno a quello che è uno dei festival di musica elettronica più prestigiosi d’Europa e sicuramente il numero uno in Italia. L’ultimo in particolare mi sta molto a cuore, ma andiamo con ordine.
Un festival di queste dimensioni, per sua stessa natura, non può essere perfetto o esente da critiche. Alcune tra le più gettonate (i cani all’ingresso, la sicurezza serrata che arriva a sequestrare gli accendini anche all’interno delle sale, l’alcol che smette di essere servito alle tre) non sono però riconducibili all’organizzazione ma alle leggi italiane e ad alcuni funzionari un po’ troppo zelanti. Credo che si potrebbe invece lavorare sull’impianto e sull’acustica, soprattutto nella sala grande durante i concerti veri e propri. Se per i set elettronici le condizioni erano accettabili, magari anche a seconda di dove uno si posizionava, in particolare durante il concerto dei Beach House c’erano ampi margini di miglioramento. Per un festival che si propone sempre di più di puntare sull’avant-pop e sempre meno sull’idea di “festival di musica elettronica” è una questione importante.
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Non è così ovvio o banale nonostante non l’abbia sentito sottolineare quasi mai, ma va detto che quest’anno è stato fatto un grande miglioramento dal punto di vista logistico. La scelta di spostare il main stage in una nuova sala (che anche se a prima vista non comunicava questo effetto era tre volte più grande di quella storica) è stata perfettamente riuscita. Durante il set di Aphex Twin c’era davvero tanta, tanta gente, ma lo spazio è rimasto sempre assolutamente vivibile, con ampi spazi liberi in fondo e sui lati che permettevano di respirare a chi non voleva stare nella calca.
Da un paio di anni a questa parte è stato risolto anche l’annoso problema della seconda sala: abbandonata da tempo la Sala Rossa, capace di grande atmosfera ma anche ribattezzata Sauna Rossa per via della sua invivibilità, per un paio di anni il secondo palco è stato quello della sala gialla. Anche lì il grande afflusso creava però un problema, quello delle chilometriche code per accedervi. Dall’anno scorso il problema è risolto e a livello di logistica non c’è stato niente da dire. Anche in un anno particolare come questo, con un headliner in grado da solo di trascinare diecimila persone abbondanti in un sala.
Del resto, è inutile girarci attorno, questo è stato il festival di Aphex. Un nome talmente fuori scala, talmente con la caratura di “evento” intorno a sé, da mangiarsi inevitabilmente un po’ tutto il resto. Ci sono state altre belle cose, però. Note di merito vanno a Bienoise che ha sorpreso tutti con un set durissimo, agli Equiknoxx che sono sempre una meravigliosa forza della natura, al pazzesco Yves Tumor, a Skee Mask che dal vivo non ha ancora trovato la profondità che ha su disco ma si difende molto bene, ovviamente al dj set a sorpresa di Kode9, a Jamie XX che ha fatto il suo, al sempre carico DJ Nigga Fox, a un bel live di Blood Orange e al grandissimo Vessel, tra i nomi più interessanti dello scenario musicale in questo momento storico, in chiusura. Ho avuto anche una delusione, cioè Serpentwithfeet, che ha pochissimo dell’estro che dimostra su disco e si limita a fare “il cantante” soul annoiando un po’ tutti data l’ora a cui stava suonando. Ma in definitiva Club to Club 2018 è stato il festival di Aphex.
Il suo set è stato totale. Anche chi per lavoro lo accompagna e se li vede tutti ha detto che questo è stato forse il suo più bello cui abbia mai assistito. Visual e luci pazzesche, soprattutto i laser, il tutto curato in diretta da una collaboratrice di Weirdcore che per tutto il tempo è stata al suo fianco in consolle. Un finale fatto di schiaffi in faccia. L’inizio ambientoso, la parte acid/analord, un sacco di pezzi suoi. Tutto perfetto. La famosa discussione “Ma è un live o un dj set” non ha molto senso in questo caso. Tendenzialmente nella musica elettronica non si considera un live solo quello in cui qualcuno suona uno strumento, ma più o meno tutto quello che non è mettere play a dei pezzi e mixarli tra loro. Aphex fa indubbiamente molto di più. Ci sono sì pezzi altrui, ma in questo set c’è stato anche tanto, tanto (molto di più che anche nelle ultime date, con una proporzione 80/20 ribaltata) di suo, ed era trasfigurato, modificato. A volte erano solo parti che facevano capolino. Il tutto bellissimo, perfettamente coerente e eseguito in modo allo stesso tempo chirurgico e trascinante. Un set perfetto, memorabile, tra quelli della vita. E complimenti a Club To Club che per la seconda volta in tre anni (Autechre, 2016) porta qualcosa di cui parleremo ancora tra quindici anni.
Quello che mi ha lasciato perplesso, durante questo set totalizzante e che mi resterà per sempre nel cuore, è stato guardare il pubblico. La gente era in estasi, felice, scatenata, in trance. Era bella da vedere, però mi chiedevo anche “ma per tutto il resto dell’anno che cosa ascoltano?” Perché quando viene Aphex Twin sono tutti qua a ammazzarsi di break, acid, techno, rave, industrial, noise e poi quando ci sono altri artisti che fanno questa roba siamo spesso esponenzialmente di meno?
Certo, la mitologia, il feticismo, il simbolo. Però perché nessuno si interessa della musica? Perché nessuno va a cercare cosa sta facendo Aphex, quali sono i suoi riferimenti o anche solo quale musica mette? Perché mette un pezzo di Skee Mask e diecimila persone smattano e Skee Mask ha suonato la sera prima nella sala di fianco davanti, a occhio, a meno di duemila? Perché sta mettendo in tutte le sue date roba di Zuli, artista che peraltro pubblica per un’etichetta che abbiamo in casa, e la stessa gente che stasera si esalta non sa neanche chi sia? Perché suona Logos e Mumdance e quando questi suonano a Milano e a vederli siamo sempre i soliti? Perché a Milano i Lakker, che ha messo qualche sera fa, ce li siamo cagati in quattro? Perché tutti vanno in visibilio per questo set e poi metà della gente non si ferma a vedere Kode9 e soprattutto non va a vedere Vessel, che non so se Aphex abbia mai proposto nei suoi set, ma potrebbe benissimo mettere? Perché M.E.S.H., che è uno dei musicisti più interessanti degli ultimi tempi e che Aphex non ha suonato a Torino ma pochi giorni prima, non mobilita le folle? Insomma, perché l’underground va bene solo se è veicolato da Aphex Twin?
Al pubblico piace questa musica o piace l’idea di essere a vedere Aphex Twin? E se gli piace questa musica perché il resto dell’anno non la cerca? Perché non va, non dico a ricercarsi gente che abbia la stessa portata di Richard D. James, ma almeno gli stessi cazzo di artisti di cui mette i pezzi lui? Non dico che dovrebbero venire a sentire Mumdance proprio tutti i diecimila e passa che erano nel salone del Lingotto, però mi piacerebbe sapere se sanno chi è, e per esempio dov’erano quelli di Milano quando ha suonato poche settimane fa.
(Nota per nerd: un giorno, in un altro momento, si potrebbe anche aprire il discorso “Perché negli anni Novanta Aphex era considerato tra i massimi esponenti dell’IDM, tra quelli che toglievano carne e sangue all’elettronica per metterci più cervello, e ora sembra l’ultimo alfiere dell’hardcore continuum”.)
Non sono così ingenuo da non sapere il perché. So che ci sono seimila motivi e complesse dinamiche e che c’è di mezzo La Storia Della Musica. Ho presente il ruolo di certi artisti nel popolarizzare realtà più nascoste e che comunque nessuno fa cose di questo livello, così totalizzanti e con una produzione simile. Inoltre l’underground sta benissimo così e sono anche contento di non ritrovarmi in mezzo a diecimila persone ogni volta che esco di casa per andare a una serata. Non penso neanche che dopo aver scritto questa cosa improvvisamente tutti vadano a scoprire chi sono i Second Woman, però mi sembrava giusto farlo lo stesso. Anche perché altrimenti mi sarei criticato da solo: “Perché i giornalisti si esaltano per Aphex Twin e poi non parlano mai della musica che mette lui?”
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