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Questa intelligenza artificiale crea ritratti rinascimentali fighissimi

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In questi giorni, un nuovo filtro su FaceApp—un’app per iOS e Android che sfrutta le reti neurali per modificare il volto di una persona in vari modi—ha monopolizzato l’attenzione di tutti: trasformando in modo piuttosto impressionante e credibile un viso giovane nel suo equivalente rugoso e canuto (o un viso già anziano in uno molto rugoso e canuto), il filtro è innegabilmente un ottimo modo per ridere o—nel mio caso—avere la conferma definitiva che tra 50 anni sarò mio nonno con i capelli (dita incrociate).

Sempre in questi giorni, però, è uscito anche un tool sviluppato da un gruppo di ricercatori del MIT-IBM Watson AI Lab e del Politecnico di Milano chiamato AI Portraits Ars—che rielabora ogni primo piano dato in pasto al suo modello di rete generativa avversaria (GAN) in un ritratto d’arte moderna con diversi stili e livelli di astrazione. Le reti neurali utilizzate—spiegano i ricercatori sul sito—sono in realtà due: una, detta Discriminator, che riconosce i ritratti di persone, l’altra, detta Generator, che ha imparato a crearne di nuovi.

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Roberta di Munchies. Immagine via AI Portraits Ars

Non è una semplice questione di “trasferimento di stile,” specificano i ricercatori, perché i lineamenti sono completamente ridisegnati, anziché limitarsi ad alterare i colori, come è invece comune in altri tool di NST (Neural Style Transfer). “Il modello decide in autonomia quale stile usare per ogni ritratto. I dettagli del volto e dello sfondo contribuiscono a direzionare il modello verso un certo stile.”

Il risultato è convincente, talvolta inquietante. Ma, come spiegano i ricercatori l’obiettivo dell’esperimento va oltre la possibilità di appendersi in casa un ritratto finto-Settecento e spacciarlo per un antenato nobile a cui somigliamo un sacco. Il punto è capire come, tramite l’uso di un’IA, si possono in realtà individuare i condizionamenti e i pregiudizi legati storicamente a una certa tradizione o pratica artistica.

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Simone di VICE. Immagine via AI Portraits Ars
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Vincenzo di VICE. Immagine via AI Portraits Ars.
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Giada di VICE. Immagine via AI Portraits Ars
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Vincenzo di VICE. Immagine via AI Portraits Ars

Nonostante infatti esempi di ritratto siano comparsi in culture e tempi storici molto diversi tra loro, dal 1500 in poi questo tipo di opera, spiegano i ricercatori, è diventato un simbolo di status per gli europei e, allo stesso tempo, è diventato una delle forme d’arte distintive della cultura Occidentale. “Allenare i nostri modelli su un dataset così condizionato ci ha spinti a riflettere sull’importanza dell’equità nell’IA.”

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Rihanna. Immagine via AI Portraits Ars

L’intelligenza artificiale applicata ai ritratti, dunque, ci costringe a riflettere sulla nostra storia: “prima del 15esimo secolo, la pratica del ritratto su commissione era rara. Il cambiamento di rotta successivo riflette forse un mutamento dei principi della società verso l’individualismo,” hanno scritto i ricercatori. Allo stesso tempo, l’inabilità dell’intelligenza artificiale—che impara su un ampio dataset di quadri esistenti—nel riprodurre un sorriso aperto, “ci insegna qualcosa sulla Storia dell’Arte,” per cui sorridere non era un’azione raccomandata per il soggetto.

Se, ad ogni modo, farvi fare un ritratto rinascimentale da una intelligenza artificiale così come siete non vi basta, potete fare come qualcuno qui in redazione e usare prima il filtro di Face App per invecchiarvi e poi farvi fare un ritratto dal potenziale drammatico rasente infinito.

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Giacomo di Noisey. Immagine via AI Portraits Ars

Per guardare i ritratti creati dalla rete neurale del progetto AI Portraits Ars e farvene fare uno tutto vostro, andate qui.

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