Salute

Sono guarito dal coronavirus, ma dopo mesi non sento ancora gli odori

回復しない嗅覚、胸の違和感──新型コロナ感染者が語る現状

Julian Morgans è un Senior Editor di VICE che vive a Melbourne. Ha parlato con Ruby Lott-Lavigna della sua esperienza con il coronavirus e della perdita dell’olfatto.

Penso di aver contratto il coronavirus su un volo di ritorno dal Regno Unito. Ero stato a Londra il 20 marzo, giusto un paio di giorni prima di tornare in Australia con la mia ragazza.

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Ricordo che ero all’aeroporto e che ero stanco. Passavamo da fare una fila a farne un’altra e a un certo punto mi sono strofinato gli occhi e ho pensato “Ah, non avrei dovuto.” Un paio di ore dopo, sull’aereo, ero seduto a una fila di distanza da un tizio che non ha smesso un attimo di tossire. Tossiva così forte che ricordo di aver pensato “Mi sa che ha l’asma o qualche altro problemino, perché nessuno tossirebbe così alla leggera durante una pandemia.”

Otto giorni dopo, avevo il coronavirus.

Una volta in Australia ci siamo messi in quarantena, senza possibilità di lasciare l’Airbnb per almeno due settimane. Io stavo bene. Ci hanno detto che il virus ha un processo di incubazione lungo e io mi sentivo benissimo. Mi svegliavo e facevo attività fisica ogni mattina.

Poi, la situazione si è fatta più strana. Un giorno stavo ascoltando un podcast in cui un giornalista spiegava che il coronavirus si stava diffondendo così tanto perché ci vuole una settimana o una decina di giorni affinché compaiano i sintomi. È buffo, perché in quel preciso momento ricordo che ho pensato, “Merda, non mi sento un granché. Sono strano. Mi starò lasciando suggestionare.”

Così ho provato a ignorare i messaggi che mi lanciava il mio corpo—e ci sono riuscito, per un po’. Finché a letto, la notte, non mi sono sentito caldo, caldissimo. Caldo da far paura. La mia prima reazione è stata, “Non posso gestire questa cosa. Voglio solo che vada via.”

La mattina successiva mi sono svegliato e stavo decisamente peggio: mi faceva male tutto, scottavo. Non avevo tosse e non ne ho avuta per tutta la prima settimana di malattia, ma ero molto indolenzito. Sono passati tre giorni così. Non miglioravo, mi sentivo solo più caldo e più dolorante. Così mi sono sottoposto a tampone.

È stato quasi un sollievo ricevere una diagnosi positiva per il COVID-19. Tre giorni passati a negare e cercare di trascinarmi fuori dal letto e continuare a vivere la mia vita mi avevano esaurito. Alla fine, è stato più facile sapere che non sapere.

La prima settimana di isolamento, i sintomi si sono stabilizzati. Non era malissimo, ero in grado di stare seduto e lavorare e fare altre cose. Ma i dottori mi avevano avvertito: era la seconda settimana quella a cui avrei dovuto prestare più attenzione. E così è stato (come se non bastasse, io ho peggiorato le cose bevendomi due birre, convinto che almeno così mi sarei sentito un po’ meno solo e triste. Solo che dopo quelle due birre era come se il mio corpo fosse fatto di piombo. Non riuscivo a uscire dal letto. È stato molto spiacevole. È durata 24 ore ed è stata decisamente la parte peggiore).

Dopo, piano piano, ho iniziato a sentirmi meglio. Alla fine della seconda settimana ero in piedi e dicevo di essere guarito, benché, in realtà, c’è voluto un mese perché fossi al 100 percento in forma. Sono andato a correre un paio di volte in quel mese, ma finivo subito il fiato. Completamente cotto.

A mesi di distanza l’olfatto non è ancora tornato, ed è decisamente l’aspetto più frustrante e inquietante. Se mi piego ad annusare un fiore, un paio di scarpe usate o cerco di capire se sia il caso di farmi una doccia, il mio cervello non reagisce. Non ricevo informazioni.

Resto anche senza fiato un po’ più in fretta di prima, se faccio una corsa intensa. C’è qualcosa di distintamente diverso nel mio petto. Un leggero rantolo. Spero di recuperare l’olfatto, ma non sono certo che accadrà. Per ora, non ci sono stati ancora segni di miglioramento.

L’intervista è stata editata per ragioni di brevità e chiarezza.

@RubyJLL / @morgansjulian