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Chi è Mohammed Rasool, il giornalista di VICE News detenuto da un mese in Turchia

È passato un mese dall'arresto dei tre giornalisti di VICE News in Turchia e uno di loro, Mohammed Rasool, continua a essere in carcere. Queste sono le testimonianze delle persone che l'hanno conosciuto e hanno lavorato con lui.

È passato ormai un mese da quando tre giornalisti di VICE News sono stati arrestati mentre si trovavano nel sud-est della Turchia per fare delle riprese. Undici giorni dopo essere stati arrestati, due di loro, Philip Pendlebury e Jake Hanrahan, sono stati rilasciati e sono potuti ritornare nel Regno Unito. Tuttavia il terzo, Mohammed Ismael Rasool, si trova ancora in carcere con accuse di terrorismo che appaiono prive di qualsiasi fondamento.

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Contro la reclusione di Rasool si sono espressi diversi gruppi per i diritti umani, tra cui Commitee to Protect Journalists, Amnesty International e PEN International, e decine di scrittori e giornalisti famosi.

Rasool ha 24 anni ed è un giornalista che ha lavorato come fixer e reporter per diverse agenzie e testate internazionali, tra cui Associated Press e Al Jazeera.

Qui sotto, alcune testimonianze dei colleghi di Rasool, che raccontano le esperienze che hanno condiviso con lui.

Jake Hanrahan
Ho conosciuto Rasool in Iraq. Eravamo lì nello stesso periodo, ma in zone diverse del paese. Uno dei suoi amici lavorava con me, ma all'ultimo momento ero stato costretto a cambiare fixer per un imprevisto che non dipendeva da me. L'amico di Rasool era furioso. Quella sera, mentre mi sentivo in colpa per aver illuso l'amico di Rasool, mi aveva chiamato Rasool stesso per capire cos'era successo. Mi aspettavo di doverci litigare. Invece era stato calmo e comprensivo, e aveva persino scherzato sulla situazione. Così abbiamo iniziato a parlare sempre più spesso e siamo diventati amici. Durante i primi giorni che abbiamo passato insieme nel sud-est della Turchia, io Phil e Rasool abbiamo filmato un sacco di belle scene per il reportage a cui stavamo lavorando, ed è stato soprattutto merito di Rasool. Le sue capacità di negoziazione sono senza pari, e grazie a lui avevamo ottenuto accesso a tutto quello che ci serviva. Prendevamo contatti e Rasool negoziava. Ogni sera, quando finivamo di lavorare, andavamo fuori a mangiare—per Rasool il cibo è uno dei più grandi piaceri della vita. Il ristorante lo sceglieva sempre lui. "Certo che qui il cibo fa schifo!" gridava a volte a metà di un pasto normalissimo. Scherzava sempre.

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Una delle cose più divertenti di Rasool è la sua finta arroganza. Dice spesso cose che potrebbero sembrare offensive, si comporta come se fosse il re del mondo, ma lo fa solo per farti ridere. "Jake, te lo dico, questi sono degli ignoranti," è la frase che dice più spesso, su qualsiasi soggetto, ridendo sotto i baffi. Per qualche motivo io e Phil abbiamo iniziato a chiamarlo "Razza." "Siete solo degli ignoranti" diceva ridendo.

Una mattina, in albergo, abbiamo bussato alla porta della sua stanza per svegliarlo. Si era presentato alla porta con gli occhi cisposi; nella stanza tutte le luci erano accese, c'era musica a tutto volume e la tv accesa. "Perché bussate così forte? Stavo cercando di dormire," aveva detto.

Questo è un breve ritratto di chi è Rasool. Sa essere offensivo come poche persone, e usa questa caratteristica a suo vantaggio, ma è simpatico e professionale come pochi altri. In carcere riusciva sempre a fare battute, riusciva a tenerci su di morale mentre ci venivano urlate contro cose in una lingua che non capivamo. È una delle persone più gentili che conosco, e mi manca.

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Phil Pendlebury
Il modo in cui gli amici e i colleghi di Rasool continuano a lottare per la sua liberazione dà prov del ragazzo fantastico che è. Nessuno è in grado di parlare male di lui. È intelligente, affascinante e ha la capacità di andare d'accordo praticamente con tutti.

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Fino al suo ingiusto arresto del mese scorso, Rasool aveva di fronte a sé un futuro radioso in Turchia. Mentre lavorano stava valutando se intraprendere la carriera accademica, cercare lavoro nel giornalismo o buttarsi in politica. Parla un sacco di lingue e gli mancava soltanto un mese per completare un master in una prestigiosa università di Istanbul.

Per me Rasool è più un amico che un collega. Nelle pause tra le riprese passavamo il tempo a discutere di calcio e di ragazze, fumando una sigaretta dopo l'altra. Di solito non parlo con i tifosi dell'Arsenal, ma per Rasool ho fatto un'eccezione.

Abbiamo vissuto insieme delle esperienze pazzesche e ci siamo trovati in situazioni piuttosto folli—dalle basi dei Peshmerga in Iraq alle feste sui tetti in Turchia. Indipendentemente da quello che ha intorno, lui è sempre lo stesso: sorridente, socievole e impassibile davanti a tutto quello che gli succede. È una persona molto avventurosa, con una grande curiosità, e io mi fido ciecamente di lui.

Anche se io sono stato liberato, continuo a vedere questa situazione come una grande ingiustizia. L'idea che Rasool possa restare chiuso per mesi in una prigione turca per accuse assurde e false è semplicemente folle. Penso che la maggior parte delle persone sarà d'accordo con me se dico che una persona che rischia la vita per raccontare storie come quelle che stavamo seguendo noi nel sud-est della Turchia—storie che devono essere raccontate—non dovrebbe venire punita per quello che fa. Spero che alla fine le autorità turche riconosceranno che il giornalismo non è un crimine e ci permetteranno di rivedere presto il nostro amico.

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Freddie Paxton
Ho conosciuto Rasool la scorsa estate, mentre ero in viaggio verso Sinjar, nell'Iraq del nord, per girare un documentario. In quell'occasione ha davvero salvato la situazione: avevamo qualche problema di comunicazione per via di tutti i dialetti parlati nella zona, ma Rasool è stato in grado di farci da traduttore senza problemi. E le sue capacità di traduttore sono solo la punta dell'iceberg. Ho avuto il piacere di lavorare con lui come producer per una serie di documentari.

Lavorando con Rasool, una delle cose che mi sono piaciute di più sono state le nostre chiacchierate notturne. Quest'estate stavamo girando un documentario sui Peshmerga che combattevano lo Stato Islamico a Sinjar. I combattimenti erano molto duri, e le posizioni dei Peshmerga erano un bersaglio facile per i miliziani dell'ISIS che occupavano il centro della città. Dopo lunghissime giornate di riprese, ci sedevamo insieme davanti a una tazza di tè e chiacchieravamo per ore, ridendo e raccontandoci le nostre storie e i nostri sogni.

Mi insegnava un sacco di cose sulla regione e io ero più che felice di sedermi ad ascoltarlo. Parlavamo delle nostre ragazze e di cosa avremmo mangiato una volta tornati a casa; mi parlava di un ristorante vicino a casa sua, a Istanbul, dove ogni domenica mattina si fiondava a comprare una grande quantità di baklava per poi chiudersi in casa tutto il giorno a leggere e mangiare.

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È un grande giornalista ma anche una persona molto gentile e dall'intelletto acuto—una di quelle menti che potrebbero cambiare il mondo in meglio. Come giornalista, non si concentrava sugli aspetti militari (questa pistola si chiama così, questa pallottola è di questo calibro) ma era più interessato al lato umano e a come la guerra stesse cambiando la vita delle persone. Questo suo interesse per le persone, per le loro storie e per la loro sofferenza, gli permette di comprendere meglio la complessità della guerra. L'idea che una persona così brillante sia accusata di lavorare con per lo Stato Islamico è semplicemente assurda—Rasool ha più di una volta messo a rischio la sua stessa vita per documentare le atrocità commesse dal gruppo.

Come molti altri grandi giornalisti che ho incontrato in vita mia, Rasool ha una certa scintilla negli occhi: è pieno di interessi ed è curioso per natura. Non credo esista anche solo una prova credibile contro di lui e spero che le autorità turche lo rilascino il prima possibile per evitare che la loro reputazione vada del tutto in rovina. Sono sicuro che presto torneremo a bere tè e che guarderò nuovamente gli occhi del mio amico ridendo di quanto sia stata ingiusta la sua detenzione.

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Rasool (a sinistra) con Freddie Paxton durante le riprese del loro documentario sulla lotta dei Peshmerga contro lo Stato Islamico. (Foto di Aris Roussinos)

Aris Roussinos
Rasool è un astro nascente del giornalismo e la sua detenzione—con l'annesso trasferimento in un carcere ad alta sicurezza lontano dai suoi rappresentati legali—ha sconvolto la comunità dei giornalisti stranieri di Istanbul, che ora temono che le intimidazioni e la censura del governo di Erdogan nei confronti dei giornalisti stiano tornando ai livelli di un tempo.

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Se l'ingiusto arresto dei giornalisti di VICE News è un avvertimento ai media internazionali perché evitino di occuparsi di quello che succede nel sud-est della Turchia, il protrarsi della detenzione di Rasool dopo il rilascio di due dei tre giornalisti arrestati è un altro presagio piuttosto preoccupante.

I giornalisti internazionali possono lavorare nelle zone di conflitto come il sud-est della Turchia solo grazie al supporto dei fixer, dei traduttori e dei giornalisti locali, in grado di guidarli in modo sicuro all'interno di regioni caotiche e pericolose. Rasool conosce perfettamente sia la lingua curda che quella turca, ed è un brillante prodotto del giornalismo turco. Sarebbe una tragedia, sia per la Turchia che per tutto il giornalismo, se adesso diventasse un simbolo della repressione della stampa in Turchia continuando a languire in prigione per aver fatto soltanto il suo lavoro.

Se il governo di Erdogan vuole fregiarsi di garantire un trattamento equo per tutti coloro in suo potere, allora deve garantire gli stessi diritti a un giornalista curdo come a uno inglese. Come membro della squadra di VICE News, Rasool non deve diventare un capro espiatorio per la magistratura politicizzata della Turchia. La sua causa è la causa di tutti i giornalisti che lavorano in Turchia, e di tutti i turchi preoccupati per la svolta antidemocratica nel paese e per il rischio di una guerra civile. Se il governo turco vuole dimostrare il suo impegno nel rispettare la libertà di stampa e i diritti umani, deve rilasciare immediatamente Rasool.

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John Beck
Ho conosciuto Mohammed—Rasool per gli amici—quando documentavamo la guerra tra i Peshmerga e lo Stato Islamico nel nord dell'Iraq, la sua patria. Grazie al suo fascino, alle sue eccezionali competenze linguistiche (parla fluentemente cinque lingue e riesce a conversare in almeno altre due) e alla sua etica lavorativa abbiamo raccolto una quantità di materiale impressionante in pochissimo tempo.

Siamo diventati subito amici e da quel momento abbiamo lavorato insieme in varie occasioni, trascorrendo insieme anche buona parte del nostro tempo libero a Istanbul.

Rasool è molto intelligente e lo aspetta una grande carriera. Ha una conoscenza incredibile della politica e della cultura mediorientale e se lo lasci parlare inizierà a raccontarti tutto nei dettagli. Non ci chiedevamo mai se, ma solo quanto tempo ci sarebbe voluto prima che diventasse un capo di stato.

Per le sua qualità personali e professionali il lavoro non gli manca, ma la sua priorità è sempre stata la sua istruzione e la sua formazione, e spesso ci raccontava di come volesse finire il suo master e prendere un dottorato.

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David Enders
Rasool è un ottimo giornalista, uno dei migliori che lavorano nel nord dell'Iraq e in Turchia. Ha passato gran parte degli ultimi due anni lavorando per agenzie di stampa internazionali, riconosciute dal governo turco e dalla comunità internazionale. Quando i miei colleghi mi chiedono di consigliare loro un contatto per lavorare nella zona, faccio sempre il nome di Rasool. Mi sembra assolutamente folle affermare che possa far parte di un gruppo terroristico.

Ogni tanto gli amici lo chiamano "Freddie Mercury," e il senso dell'umorismo di Rasool è davvero d'aiuto nelle situazioni difficili che ci si trova a vivere durante questo lavoro. L'anno scorso ho passato due settimane in macchina con lui, attraversando il nord dell'Iraq—un sacco di tempo in uno spazio angusto, in cui qualunque persona finirebbe per darti sui nervi. Eppure, alla fine non vedevo l'ora di tornare in Iraq. Inoltre, la sua grande empatia lo aiuta a raccontare perfettamente le tragedie più gravi, come i profughi iracheni creati dall'espansione dello Stato Islamico.

È ancora all'inizio della sua carriera, che sarà senza dubbio strepitosa. Ogni giorno che passa in quel carcere, il governo turco si sporca un po' di più le mani. Devono lasciarlo andare.

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Danny Gold
Ho lavorato con Rasool in Turchia e sul confine siriano, ed è una delle persone più brillanti, simpatiche e gentili che abbia mai conosciuto. In poche parole, è una gioia averlo intorno.

È molto intelligente e riesce a comprendere alla perfezione tutto quello che succede in Medio Oriente, meglio di qualsiasi altro ventenne che conosco. La sua prigionia non ha ricevuto tanta attenzione quanto quella dei nostri colleghi inglesi, e temo che il suo grande futuro possa essere in pericolo, specialmente perché oltre a essere un giornalista è anche un curdo iracheno.

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