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Mi sono fatto ipnotizzare per entrare in contatto con le mie vite precedenti

Sono in un parcheggio, in attesa di avere la mia prima esperienza metafisica. Clare, un'ipnoterapista certificata, sta per portarmi a casa sua, dove in teoria riuscirò a entrare in contatto con i corpi che la mia anima ha abitato in passato.

Sono in un parcheggio, in attesa di avere la mia prima esperienza metafisica. Clare, un'ipnoterapista certificata, sta venendo a prendermi per portarmi a casa sua, dove in teoria riuscirò a entrare in contatto con i corpi che la mia anima ha abitato in passato e comprendere quale sia lo scopo della mia esistenza terrena. Anche se è tutto molto interessante, sono un po' scettico. Ma, detto questo, Claire ha tutte le carte in regola. Ha superato un esame che l'ha resa membro del Newton Institute, un'organizzazione di ipnoterapisti che praticano tecniche di Past Life Regression (PLR) e Life Between Lives (LBL). La prima permette ai pazienti di rivivere i momenti più importanti delle loro vite precedenti, mentre la seconda li trasporta ovunque la loro anima sia stata prima di reincarnarsi.

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Il Newton Institute prende il nome dal dottor Michael Newton, l'ipnoterapista che—grazie ai suoi due best-seller Destiny of Soul e Journey of Soul—ha reso famose queste terapie. Secondo gli studi di Newton—basati su un campione di oltre 7.000 pazienti su cui è stata effettuata l'ipnoterapia—l'ipnosi sarebbe in grado di trasportarti in uno stato di meta-coscienza che permette all'anima e ai suoi ricordi di manifestarsi.

Leggendo le opere di Newton, ho trovato difficile non considerarla una specie di truffa—una serie di sedute in cui si paga per sentirsi dire delle cose che sembrano un mucchio di cazzate. Ma, tutto sommato, l'unico modo di conoscere una cosa è provarla in prima persona, ed è per questo che ho deciso di sottopormi a una seduta di PLR e LBL con un professionista.

Quando la incontro, Clare mi sembra molto pacata ed emana un certo calore; a differenza delle normali sedute di psichiatria, il rapporto tra paziente e terapista è molto aperto. Non ci vuole molto perché arrivi a esporle i miei dubbi sulla legittimità dei precetti del dott. Newton. Dico che la sua teoria mi sembra dogmatica, ma Clare mi spiega subito che lei ha proprio fede in queste cose—aggiungendo di non essere un persona religiosa, semmai spirituale. Sono i casi che ha seguito di persona, mi racconta, ad averla convinta che esiste una vita dopo la morte.

"Non c'è nessun dogma: conta soltanto la tua esperienza," mi dice.

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Arriviamo a casa di Clare ed entriamo in una stanza arredata con un paio di divani, qualche poltrona, due orsacchiotti di pezza e un pianoforte. Per cominciare dobbiamo identificare i problemi su cui lavorare, perché—secondo Clare— "lo scopo principale delle terapie LBL e PLR non è fare esperienza dell'aldilà, ma capire qual è lo scopo della nostra vita o risolvere i problemi sepolti dentro di noi, che spesso sono collegati a traumi che abbiamo subito durante le nostre vite precedenti."

Clare insiste sul fatto che in questo modo è possibile curare anche alcuni disturbi psicosomatici. Allora tiro fuori alcuni dei miei problemi, sia fisiologici che emotivi: le mie inspiegabili dermatiti, il mio pessimismo e la mia tendenza ad andare nel panico se non ho il controllo della situazione.

Clare mi fa sedere su una delle poltrone e mi dice di rimanere immobile, e poi mi copre con una coperta. Possiamo iniziare. Con l'aiuto di una musica ambient in stile Twin Peaks in sottofondo, mi lascio andare. Sento la voce di Clare che mi invita con delicatezza a trovare la pace interiore, e mi sento subito pervaso da una sensazione di tranquillità e da un piacevole tepore. Sono completamente rilassato.

La maggior parte delle persone associa l'ipnosi a una perdita di controllo, e sbaglia. Al contrario, sotto ipnosi i sensi sono amplificati, così come sono potenziate la coscienza e la memoria. Dopo che ho raggiunto questo stato mentale, la voce di Clare mi conduce—o, come dicono i terapisti di LBL, "conduce la mia anima"—in un corridoio. Devo immaginarmi questo corridoio e devo immaginare che abbia delle porte, in una delle quali dovrò poi entrare. Non posso fare a meno di pensare a Matrix, anche se so che non è un pensiero molto appropriato.

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Quando apro una porta, vedo uno spazio bianco illimitato. Non rappresenta nulla, e Clare mi dice di provare un'altra porta. Dietro la seconda porta vedo un uomo dalla carnagione scura, in piedi, con un paesaggio brullo sullo sfondo. Il problema è che sono troppo consapevole del fatto che è tutto un prodotto della mia immaginazione. A questo punto, Clare decide di farmi rilassare un altro po' prima di ricominciare.

Quando mi ipnotizza di nuovo, immagino un uomo con degli zoccoli, dei pantaloni verdi, una maglietta bianca e un grembiule marrone. Ha la barba incolta e i capelli ispidi. Non so il suo nome, ma decido di chiamarlo Alfred. È un ladro; deve rubare per sopravvivere. Lo so perché ha appena rubato del pane e degli abiti di seta—so che è un po' ridondante, ma me lo immagino così.

È per questo che, quando mi viene chiesto di immaginare l'ultimo giorno di Alfred, me lo immagino in carcere, che sta per essere ghigliottinato. Claire mi chiede, "Qual è stato il suo ultimo pensiero?"

Sembra spaventato, ma non c'è modo di capire cosa provi, e non voglio dare a Clare un'interpretazione errata dello stato emotivo di quest'uomo immaginario. Decido di andare sul sicuro, e ipotizzo un suo risentimento: se ha rubato l'ha fatto per non morire di fame, quindi la pena non gli sembra equa.

Non so cosa succeda di preciso quando poi la ghigliottina scende; muore, e basta. Non sono io; è stato il mio cervello a crearlo. Clare cerca di farmi capire le somiglianze: se Alfred aveva una totale mancanza di controllo sul suo destino, io ho una vera e propria smania.

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Passiamo a un'altra "vita."

Clare dice che dovremmo prenderci un po' di tempo per capire cosa mi abbia causato quelle dermatiti allo scalpo.

Mi concentro, e mi immagino in un bosco. Sono un indiano. Penso che la scelta del personaggio dipenda dalla parola scalpo, perché dopo poco vengo colpito dal mio inseguitore, un inseguitore di cui non conosco il volto, e mi viene fatto lo scalpo.

Ecco, così la dermatite dovrebbe essere a posto.

Alla fine mi viene fatto scegliere se andare nel "luogo dove si va dopo la morte," o su un altro pianeta. Anche se ho la sensazione di essere la vittima di qualche scherzo a telecamere nascoste, scelgo la seconda opzione. Ma la mia mente sembra affaticata; anche il mio subconscio sembra stanco di creare situazioni per rispondere alle domande di Clare.

Come sono i miei piedi? Piccoli.

E le gambe? Piccole.

E le braccia? Non ho le braccia.

Forse è ora di smettere.

La mia anima, mi dice Clare alla fine della seduta, non è riuscita ad abbandonarsi del tutto all'esplorazione delle vite passate; ne ho avuto un assaggio, ma non è stato abbastanza. Io invece ho l'impressione di aver partecipato a un corso di improvvisazione privo di particolare attrattiva. Certo, ho avuto modo di scavare nelle profondità del mio subconscio e dei miei ricordi; nel momento di massimo relax ho avuto l'impressione di trovarmi in un sogno lucido, in uno stato di dormiveglia in cui le informazioni immagazzinate nel mio cervello erano a portata di mano.

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Somiglia un po' a ciò che gli scienziati chiamano criptomnesia, lo stato in cui un soggetto richiama alla mente ricordi andati perduti e li scambia per situazioni nuove – molte delle cose che ho visto sembravano effettivamente provenire da situazioni o esperienze che avevo già visto o vissuto.

Sono d'accordo con alcuni dei punti fondamentali del lavoro di Clare, in particolare con l'importanza che assegna alla risoluzione dei propri problemi tanto a livello cosciente che incosciente.

Credo anche che la sua terapia possa aiutare, in certi casi. Potrebbe essere un modo per arrivare a sensazioni altrimenti soppresse. Però non credo all'aldilà che mi ha descritto; mi sembra solo un tentativo di far fronte all'inevitabilità della morte grazie a un'illusione di controllo.

Stavo per dimenticarmi che la terapia può illuminarci sul senso della vita; poi Clare mi ricorda che la vita che sto vivendo è un banco di prova; a vent'anni ho scoperto di avere il cancro, e il fatto di essermi confrontato con la morte a quell'età potrebbe essere considerato una sfida. Ma non mi trovo d'accordo nemmeno con questa conclusione; credo anzi che a un dato avvenimento si possano attribuire una miriade di significati. Non ci è dato sapere quali siano validi e quali no.

Alcuni hanno paura dell'ignoto, certo: l'ignoto è di per sé terrificante. Capisco anche che per molti riempire un vuoto esistenziale con una religione o con la spiritualità sia una soluzione; capisco l'idea (almeno a livello inconscio) che questa cosa possa essere d'aiuto nell'affrontare il diverso.

Ma a me sta bene vivere con quel vuoto. Mi sta bene che il mondo sia assurdo, e che sia pieno di meccanismi che eludono la ragione umana. Mi sta bene l'idea che la morte sia la fine di ogni cosa.

Segui Robin Cannone su Twitter: @robincannone