Questo fine settimana si sono tenute oltre cento manifestazioni politiche in tutta Italia. Una delle più grosse è stata quella della Lega in piazza Duomo a Milano, dove tra le altre cose Matteo Salvini—brandendo un rosario—ha giurato fedeltà sul Vangelo e citato il povero Pier Paolo Pasolini.
A parte ciò, nella stessa piazza è sventolata una strana bandiera verde modellata sulla Reichskriegsflagge nazista, su cui la stampa italiana si è immediatamente focalizzata; dopotutto, era la prima volta in assoluto che quel vessillo compariva in un’occasione pubblica. Il Corriere, ad esempio, ha titolato: “La bandiera della destra Usa in piazza, polemica per il comizio di Salvini.” Repubblica ha parlato di “bandiera dei neonazi Usa” in “bella mostra.” E Radio Popolare ha segnalato la compiuta “mutazione antropologica” della Lega di Salvini, passata “da movimento nordista che sognava la secessione” a “contenitore del nazionalismo di destra italiano.”
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Ora, non è certo la prima volta che nelle piazze leghiste compaiono simboli “estremisti.” Nel 2015, a piazza del Popolo a Roma, erano apparsi cartelloni con Mussolini, croce celtiche e bandiere della Repubblica Sociale Italiana. In questo caso, però, siamo di fronte a qualcosa di molto diverso; e prima di parlare di chi l’ha portata in piazza Duomo, è utile ripercorrerne (brevemente, perché in realtà è piuttosto complicata) la storia.
Quel vessillo verde, infatti, rappresenta il cosiddetto “Kekistan”—uno stato fittizio inventato dagli utenti della board /pol/ di 4chan e che ha come “inno ufficiale” una canzone chiamata Shadilay, uscita nel 1986 e composta dalla band italiana P.E.P.E. Come spiega il sito Know Your Meme, le prime menzioni risalgono al dicembre del 2015; ma è nel corso del 2016 e all’inizio del 2017 che il meme ha preso davvero quota, principalmente negli ambienti legati all’alt-right.
I “kekistani” (ossia gli “abitanti” del Kekistan) adorerebbero Kek. Il nome deriva dal modo in cui gli orchi dicono “lol” in World of Warcraft, e si tratta di della“divinità” (presa a sua volta dalla mitologia dell’antico Egitto) di un’ironica “religione” online, che ovviamente nessuno prende sul serio. Secondo David Neiwert, autore di Alt-America ed esperto dell’estrema destra americana—questa “religione” è stata creata “per divertimento, per trollare sia i liberal che i conservatori, e per rimarcare un punto a livello politico.” Nella logica del meme, Kek rappresenta la divinità del caos e dell’oscurità, ha la testa di una rana (come il più famoso “Pepe the frog”) ed è la fonte della “magia memetica” dell’alt-right.
Kek, sempre per citare Neiwert, è anzitutto un dispositivo di trolling che serve a ridicolizzare il “politicamente corretto” e a “triggerare” i media mainstream. In un certo senso, poi, rappresenta anche l’“apoteosi della bizzarra realtà alternativa dell’alt-right: da un lato è giovanile, trasgressiva e razzista; dall’altro tradisce un’aspirazione pseudointellettuale.” Non è un meme di immediata lettura, insomma, e racchiude vari significati.
Lo stesso discorso si può applicare al Kekistan. La popolarità del meme è stata sfruttata anche da uno youtuber inglese che si è autoproclamato “presidente del Kekistan,” e la bandiera è apparsa in diverse occasioni pubbliche—tra cui la manifestazione “Unite the Right” a Charlottesville, nell’agosto del 2017. Nel settembre dello stesso anno, la casa di produzione Bungie ha annunciato su Twitter di aver rimosso un pezzo di armatura dal videogioco Destiny 2 perché era troppo simile alla K di Kekistan, descritto come un “simbolo d’odio” per l’associazione con l’alt-right.
Il meme, insomma, si muove “nella confusa area al confine tra satira, ironia e ideologia,” e con il tempo è diventato una sorta di “marcatore tribale” dell’alt-right: chi ne conosce il significato profondo, può dirsi idealmente membro di una comunità che si autorappresenta come un “agente del caos nella società contemporanea” e che, proprio per questo, è difficilmente qualificabile e quantificabile.
Arrivati ormai al 2018, tuttavia, il meme del Kekistan da un lato ha perso parecchia trazione; e dall’altro si è normificato (a questo proposito, la voce su Encyclopedia Dramatica è parecchio critica) e ormai definitivamente politicizzato.
Non è assolutamente un caso, dunque, che la bandiera del Kekistan sia stata portata in piazza Duomo dagli admin della pagina Dio Imperatore Salvini (sic), che è attiva da qualche mese e prova miseramente a replicare i contenuti e lo stile di pagine come God Emperor Trump. Solo che, appunto, il livello di cringe dell’intera pagina è talmente elevato da far venire male agli occhi. Per fare un esempio: nella foto copertina c’è scritto “Fare L’Italia Grande Ancora,” il cui acronimico è #FIGA. Capito lo scherzone? #FIGA, come la figa! Che ridere! “Il popolo italiano vuole FIGA!” Figa, figa! Ehehe!
L’imbarazzo viene fuori a fiotti anche dalle dirette Facebook che DIS ha fatto da piazza Duomo, dove si vede una manciata di ragazzi che si aggirano con simboli leghisti, la bandiera del Kekistan (quello che la regge è un militante leghista) e il cappellino rosso con la scritta “Make America Great Again.”
Come si può vedere dal video, oppure dal post qui sopra, di “ironia” non c’è traccia; a meno di non considerare “ironia” l’equivalente politico delle scoregge fatte con le ascelle alle medie.
Al di là di tutto, il fatto è piuttosto semplice: c’è un gruppetto di cheerleader di Matteo Salvini che si fomenta con “trollate” elementari, e solo ed esclusivamente per aver “triggerato”—a loro dire—la stampa italiana. Se questa è “l’alt-right italiana,” insomma, possiamo stare tranquilli.
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