Perché siamo così fissati con la bellezza

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Perché siamo così fissati con la bellezza

Secondo l'antropologia la bellezza è effettivamente il valore numero uno, non solo per la nostra società ma per l'evoluzione dell'uomo. Ecco perché, e cosa possiamo fare per convivere con quella che è una buona notizia solo da certi punti di vista.

Per quanto mi piaccia pensare di aver scartato in tenera età la carriera di modella per dedicarmi alle virtù intellettuali, la verità è che nondimeno la questione della bellezza estetica mi perseguita da sempre. Da parte mia sono dolorosamente cosciente del modo in cui appaio, ma a colpirmi ancor più della questione personale è il fatto che molte serate vadano perse in interminabili dibattiti sulla bellezza o meno di conoscenti, attori e colleghe.

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Il motivo che mi ha spinto a indagare il tema in termini più "scientifici" è che, pur non riuscendo mai a trovare un accordo tra chi ha standard di bellezza divini, chi non riesce a scindere tra bello e simpatico e chi semplicemente nega la bellezza come metro di giudizio, non riusciamo proprio a fare a meno di parlarne. Ho quindi contattato Marco Costa, professore di psicologia all'Università di Bologna e autore di vari libri sulla psicologia della bellezza, e la dottoressa Alessia Buscarini, chirurga plastica milanese, per capire se e perché la bellezza riveste un ruolo così fondamentale nella nostra società, e quali sono le sue caratteristiche incontrovertibili.

"Alcuni studi dimostrano che fin dalla nascita il bambino cerca ed è rassicurato dalla bellezza," mi ha spiegato il professor Costa. "L'idea che la bellezza sia un fenomeno totalmente culturale è sbagliata: è un fenomeno evoluzionistico. Negli studi in cui si deve giudicare la bellezza fisica di una persona sconosciuta l'indice di concordanza è altissimo," anche se poi, quando conosciamo una persona, i tratti di personalità, familiarità, affetto e piacevolezza cominciano a ingannare il nostro cervello.

Proprio per il peso dell'aspetto evoluzionistico, alcuni dei parametri su cui si basa la bellezza sono di per sé piuttosto rigidi e indipendenti dalle mode. Il primo che mi citano i due esperti è la giovinezza—la bellezza è un parametro biologico, cioè indicativo di salute e fertilità. A partire da questo e basandosi sulla nostra istintiva attrazione per i cuccioli gli studiosi hanno elaborato il concetto di baby face: occhi grandi, naso piccolo, bocca piccola ma turgida e pelle liscia sarebbero dimostrazione di maturazione biologica lenta. "È una teoria buona," aggiunge Costa, "ma non spiega fino in fondo la bellezza, perché alcuni aspetti tipici del bambino come la rotondità del viso devono essere persi."

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Quanto alla bellezza del viso, la dottoressa Buscarini ha cercato di indorarmi la pillola: "Non esistono volti perfetti, esistono volti le cui componenti sono caratterizzate da equilibrio e simmetria," mi ha spiegato. "Nei canoni estetici di bellezza il viso è diviso in tre parti: il terzo superiore è rappresentato dalla fronte, dalle sopracciglia e dalla zona occhi, il terzo medio dal naso e dagli zigomi e il terzo inferiore da mandibola, mento e bocca," ha continuato. "Ognuna di queste parti dovrebbe occupare circa un terzo del viso per dare un senso di armonia ed equilibrio." Questo non significa che dobbiamo essere perfetti in ogni componente, ma proporzionati. "Per esempio, alcuni nasi piuttosto lunghi e importanti spesso sono in armonia con un viso piuttosto lungo e dal mento pronunciato, e non dovrebbe essere altrimenti." Sta di fatto che un altro chirurgo plastico se ne è sbattuto delle belle parole e ha creato una maschera in 42 mediane che calza a pennello tutte le persone che vorresti essere, da Nefertiti a Brigitte Bardot.

Pur essendo quasi ovvio che un corpo giovane sia più bello di uno anziano e che un volto proporzionato sia più bello di uno cubista, devono esistere bellezze diverse che dipendono dalla temperie culturale. Non mi spiego altrimenti perché quando ero al liceo mi infagottavo per fingere di non avere un sedere, e oggi se mi volessi bene farei degli squat. "Esistono variazioni, certo, ma sempre all'interno di un intervallo prestabilito," mi risponde Costa. "Per esempio, a un PIL più elevato corrisponde l'attrazione per donne più magre e viceversa, ma non è vero che in determinati periodi storici persone sovrappeso siano state considerate belle."

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"Noi percepiamo la bellezza nel confronto con gli altri," continua. Perciò, se eravamo abituati a paragonarci a società di qualche decina o centinaio di persone, "con la globalizzazione dei mezzi di informazione siamo esposti ai massimi dei massimi a livello mondiale in termini di bellezza, a modelli che riguardano code probabilistiche estremamente rare." Per fare un esempio, mia nonna era la più bella del paese, ma se fosse nata nel 1990 qualcuno avrebbe detto "be', bella, piano, bella è Scarlett Johansson."

Considerando poi il fotoritocco e le possibilità della chirurgia, siamo cognitivamente portati a classificare noi stessi o le persone che ci circondano come insoddisfacenti. "Gli ideali di riferimento sono indirizzati verso modelli di perfezione difficilmente replicabili," ha aggiunto la dottoressa Buscarini, "e il raggiungimento di tali modelli comporta per alcune persone il superamento di limiti del tutto naturali—mentre la bellezza è sempre e anzitutto naturale."

Ma se l'asticella si alza, non per questo viene meno la nostra preoccupazione numero uno quando usciamo la sera: essere o sembrare belli. Se il nostro millennio rispetto ai precedenti ci fa fare i salti mortali per risultare gradevoli, c'è d'altra parte anche una parvenza di maggiore inclusività. La volontà di essere annoverati tra i belli ha creato infatti una serie di movimenti di "orgoglio": l'orgoglio curvy, l'orgoglio dei peli sotto le ascelle, l'orgoglio dell'androgino etc. Che è un bene.

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Ma per quanto il tentativo di allontanarci dal bieco evoluzionismo sia fondamentale per la società e il potersi riconoscere in un modello che ha fatto dei nostri stessi difetti dei punti di forza sia rassicurante, alla base di questi gruppi di pride c'è la mistificazione di una presa di coscienza. Quello che chiamiamo orgoglio curvy non è l'orgoglio di essere grasse. È l'orgoglio delle persone cicciotte belle: che hanno un bel viso, argani invisibili che sorreggono masse corporee inspiegabilmente sode. È una chiamata a ricordarci che esistono esemplari belli anche al di fuori delle copertine. È una reazione a un'estetica dominante e alla bellezza limitata ad essa, non all'idea di bellezza in sé.

Non ho citato l'orgoglio curvy a caso. Quello sulle forme corporee più tondeggianti che sarebbero state ritenute belle in alcune società è un luogo comune piuttosto diffuso. Ma la verità è che in alcune società (che non sono la nostra) "Il sovrappeso può essere giudicato attraente non come simbolo di bellezza ma come simbolo di dominanza, ricchezza e disponibilità." Così come determinate caratteristiche del viso—occhi piccoli, lineamenti, marcati—non sono belle, ma sono dominanti. È vero che la bellezza è potere: una persona bella e curata ha più possibilità di essere assunta, gli uomini ricchi sposano le donne belle, e per l'effetto alone le persone belle sono percepite come depositarie di caratteristiche positive ("La persona bella diventa buona, socialmente desiderabile, competente," spiega Costa, "e ci sembra che sbagli perché influenzata dal contesto"). Ma è altresì vero che a un livello più profondo bellezza e potere sono due cose slegate quando non opposte—tanto da essere in qualche modo, sempre secondo la scienza, simboleggiati dai due sessi.

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"Per i maschi la desiderabilità è veicolata da bellezza fisica e fedeltà," dice Costa, "mentre per le femmine è molto più complicato: la bellezza fisica è solo uno dei moltissimi ingredienti insieme a posizione socioeconomica, occupazione, successo sociale con cui valutano il partner."

Come conclude Costa, "la bellezza è il valore numero uno, seguita dalla dominanza. Proprio per questo è curioso che venga nascosto, parlarne sembra quasi futile e anzi un po' svilente—abbiamo lo stesso pudore con cui nascondiamo la sessualità e tutto quello che ci fa sentire in qualche modo animali."

Forse il professor Costa direbbe che l'antropologia non si può cambiare così, con gli account Instagram per la "bellezza inclusiva". Forse la nostra evoluzione non è ancora pronta per tararsi in considerazione del fatto che possiamo vivere 100 anni e, grazie alla medicina, dimostrarne 20 a 40 e riprodurci a 45. Forse stiamo pervertendo l'idea di bellezza per tutelarci o cerchiamo di prenderci rivincite esercitando potere perché non tutti siamo belli e dobbiamo proteggerci dalla crudeltà di tale giudizio. Ma la cosa ancora più pericolosa è che alla fine ci sentiamo comunque tutti brutti perché non siamo belli come.

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