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Nel 2050 i nostri oceani conterranno più plastica che pesci

Con il crollo del prezzo del petrolio, anche i costi dei materiali petrolchimici necessari per produrre la plastica scende, rendendo meno vantaggioso il riciclo: per i nostri oceani - e per l'intero pianeta - non è una buona notizia.
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Nel 2050 gli oceani conterranno più bottigliette d'acqua, pacchetti di noccioline o altri oggetti di plastica che pesci. A lanciare l'allarme è un nuovo studio elaborato dalla Ellen MacArthur Foundation e dal World Economic Forum.

Intitolato "La Nuova Economia della Plastica," lo studio riporta statistiche impressionanti sulla quantità di materiale plastico che inquina i nostri mari. 150 milioni di tonnellate di oggetti abbandonati e rifiuti galleggiano sull'acqua, spesso confluendo in grandi accumuli come il Great Pacific Garbage Patch, dove le correnti marine causano un accumulo di plastica.

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"Viviamo nell'era della plastica," ha dichiarato Charles Moore, il marinaio che ha contribuito alla scoperta del Great Pacific Garbage Patch. "È il materiale che definisce la nostra epoca." Con una difficoltà in più, secondo Moore: "Se ai tempi dell'Età della Pietra gli uomini sapevano come utilizzare le pietre, oggi non è così: solo per capire come riciclarla o riutilizzarla c'è bisogno di una laurea."

Il problema è che la quantità di plastica presente nei mari sta crescendo rapidamente. Secondo lo studio oggi finiscono in acqua 8 tonnellate di plastica all'anno, l'equivalente di un camion colmo di spazzatura al minuto. Il report prevede che questo tasso di inquinamento possa quadruplicare nei prossimi 34 anni, a causa di un incremento nel consumo di plastica.

La soluzione proposta dai ricercatori consiste nell'eliminare gli sprechi dell'industria della plastica e dei consumatori, specialmente per quanto riguarda gli imballaggi.

Il 95 per cento dei pacchetti di plastica viene utilizzato una sola volta prima di essere buttato, per uno spreco complessivo che sfiora i 120 miliardi di dollari all'anno.

Quasi un terzo delle confezioni non viene portato in una discarica o in un centro per il riciclo, ma finisce per inquinare strade, zone selvatiche e corsi d'acqua. Secondo lo studio, l'inquinamento causato dalla plastica comporta costi enormi: 40 miliardi di dollari di danni ambientali dovuti al danneggiamento di interi ecosistemi, al degrado urbano e alle emissioni sprigionate durante il processo produttivo.

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Allo stesso tempo, i ricavi generati dai produttori di imballaggi di plastica oscillano tra i 26 e i 39 miliardi di dollari all'anno. Ciò significa che i guadagni del settore sono inferiori ai costi che bisogna sostenere a causa di chi si sbarazza in modo improprio della plastica che avvolge giocattoli, alimenti, medicinali e altri prodotti.

"Questo studio dimostra l'importanza di avviare una rivoluzione nell'ecosistema dei materiali plastici industriali, ed è il primo passo per mostrare come l'utilizzo della plastica nella nostra economia possa essere trasformato," spiega Dominic Waughray, membro del comitato esecutivo del World Economic Forum.

Delle 78 tonnellate di imballaggi di plastica prodotte ogni anno, solo il 14 per cento viene riciclato. Il 40 per cento, invece, finisce nelle discariche.

Secondo gli autori del report, l'industria della plastica dovrebbe aumentare l'uso di plastica riciclata per gli imballaggi e utilizzare forme di energia rinnovabile nel processo produttivo. Nel frattempo, tutti dovrebbero stare più attenti a come smaltiscono la plastica. "Il concetto cardine della Nuova Economia della Plastica è che la plastica non diventa mai spazzatura," riporta lo studio, "rientrando invece nel ciclo economico come nutriente tecnico o biologico."


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