gianni bismark roma felpa dark polo gang
Tutte le immagini sono tratte dal video Noisey Meets Franco126, presto fuori su YouTube.

FYI.

This story is over 5 years old.

Musica

Gianni Bismark, storia di un vero romano

Gianni Bismark, cresciuto sotto il segno della Maggica e der Chicoria, ci ha raccontato la sua vita e la sua musica come mai aveva fatto prima.

Una delle ragazze di Universal che lavorano con Gianni Bismark mi dice che è uno degli artisti più gentili con cui ha mai avuto a che fare. Lui le ha appena tenuto la porta aperta e ha insistito perché entrasse prima lei. Siamo in redazione, dove l'ho invitato a parlare con me. L'ho conosciuto solo un paio di settimane prima, a Roma, quando sono sceso a girare un'intervista video a Franco126 (presto fuori su YouTube! Fine pubblicità). Mi ha dato immediatamente l'impressione di un pezzo di pane, ma bello abbrustolito dal fuoco della vita.

Pubblicità

La sua carriera è legata strettamente a quella della Dark Polo Gang: amico di lunga data di Tony, scoperto da Sick Luke—come mi racconterà nel dettaglio durante la nostra conversazione—Gianni è comparso su "Latte di suocera" nel 2016 e ha ospitato sui suoi brani le parole di Tony, Wayne e Pyrex. La terra da cui sono cresciuti è la stessa, la grande madre che è Roma, ma sono piante molto diverse: la DPG è il risultato di un seme extraterrestre, Gianni una saggia quercia scheggiata.

Il suo è un rap fatto di valori antichi, tradizionalisti e maschi: "Mi dispiace ma stasera me gioca la Roma / Senza cattiveria ma lo sai come funziona / L'amicizia, la mia squadra, poi c'è la mia donna", rappa in "Ci vedo lungo". Grezzo come la vita che ha avuto e gli amici che lo hanno accompagnato, quelli che onora a ogni occasione possibile nelle sue barre e in cui trova conforto. Si percepisce un bisogno di fratellanza nelle sue parole, così forte che quando canta un amico morto si crea un cortocircuito tra la genuina commozione che trafigge le sue parole e i particolari brutali, violenti e sbagliati che dettaglia nel testo.

gianni bismark

Gianni Bismark a casa di Drone126, immagine tratta da Noisey Meets Franco126.

"Da bambino stavo a San Giovanni, davanti a via Sannio", mi racconta Gianni quando gli chiedo di parlarmi della sua infanzia. "Vivevo in una cantinetta con le finestre sulla strada che mio padre aveva fatto diventare una casa". Il primo ricordo che gli viene in mente, e mi butta addosso con un entusiasmo contagioso, è l'apparizione di Francesco Totti: "Er capitano veniva sempre lì ar grattacheccaro, mi citofonavano e io scendevo in mutande e ciabatte pe' famme fà la firma. Ero piccolo, avrò avuto sei anni".

Pubblicità

Il piccolo Gianni, che in realtà si chiama Tiziano, cresce con il pallone nel cuore - concepito, anch'esso, come ferreo sistema di valori e comunanza più che come un gioco. "Ancora me ricordo, per metteme in punizione mio padre 'n me portava allo stadio", dice nelle parole che chiudono il suo primo vero album, che si chiama Re Senza Corona. Gli chiedo di andare più nel dettaglio: "Mia madre andava a parlare con i professori e porella, è una persona tanto carina… 'Te sei la madre de Menghi? 'N ce credo!', le dicevano. Tornava a casa tutta abbacchiata, perché le dicevano de tutto." E quando la scuola andava male, all'Olimpico il padre portava solo il fratello: "Mio padre mi ha insegnato a vivere, quando sbagli hai da pagà".

Dopo qualche anno, la famiglia di Gianni abbandona la cantinetta e si trasferisce a Tor Marancia. Suo padre, che l'aveva fatta diventare una casa a tutti gli effetti ("per mettere le chiavi avevo la bocca della verità, spietata come cosa!"), la vende e con i ricavi compra casa in periferia. Sarà lì che Gianni continuerà a formarsi, esplorando le strade della Garbatella e scontrandosi con l'autorità sotto forma dei professori.

"Le mie medie sono durate sei anni, calcola che mi hanno bocciato in prima. Ma te rendi conto? Pensa che danno che ero! Nun me puoi boccià in prima media! Poi mi hanno bocciato due volte al secondo. Mi hanno mandato via da scuola. Un macello. Certe sospensioni che a casa c'era da ride." Gianni, insomma, non è uno studente modello. Ma se ripensa a quel periodo, dice, rifarebbe tutto: "Dai danni alle cose fatte bene. È quello che ti segna, in fondo."

Pubblicità

Gianni descrive la Garbatella come un paese dove "le signore lasciano la porta aperta" e "tutti si salutano", un concentrato di pura romanità. È lì, per strada, che fa l'incontro che gli cambierà la vita: "Ci stava Sick Luke che girava per la zona mia. Quando l'ho visto l'ho fermato e gli ho detto che mi piacevano un botto le sue basi. Io sto in fissa per i beat, mi sono appassionato al rap per DJ Premier, e lui faceva 'ste melodie… e a un certo punto pure lui, e il padre, mi chiedono perché non inizio a cantare."

Gianni non aveva mai davvero scritto in vita sua: "Ai temi, a scuola, andavo proprio male. Infatti non l'avrei mai detto. Non ho mai avuto un professore che mi abbia davvero capito." Ad accendergli dentro una scintilla è la presa di coscienza di una mancanza, che esprime nel testo di "Lucifero: “Me so messo a scrive i testi / Solo perché il rap italiano de nascosto me li ha richiesti”. "Era il periodo che tutti iniziavano a dire stronzate sul beat e quindi mi sono un po' risentito", mi spiega, "Io sono cresciuto col Chicoria, Gente De Borgata, Matt Er Negretto. Gente che aveva dei valori e diceva cose originali. Io ho iniziato a rappare perché non sentivo più quella cosa ruvida, di strada, e mi sono detto 'mò lo faccio io'".

gianni bismark

Gianni Bismark, fotografia tratta da Noisey Meets Franco126.

Prima del rap, Gianni passava le giornate a "fare cose": "Da regazzino, vennevo er fumo pe n'paro de squalo", esordisce in "Mentre invecchio", uno dei pezzi più emotivi della sua produzione, raccolta di istantanee di una vita di strada, tra "imbruttite", "scazzottate tra quartieri" e un padre che, se tornava "gonfio" a casa, gli "dava er resto" per farlo crescere. "Ero un gran fijo de na mignotta", mi dice, "Me sentivo più sveglio degli altri. Magari vedevo mio fratello più grande che faceva certe cose e io le facevo tre anni più piccolo". A cambiare la sua vita, e la sua personalità, è stato proprio il rap: "Perché invece di sfogarmi sugli altri non mi sfogo su un paio di note?"

In “Pensieri", pubblicata nel 2015 nel suo mixtape d'esordio, Gianni cantava “Scrivo da poco / Ma bello io col rap nun ce gioco”. Gli chiedo quanto fosse quel "poco" e ci rimango un po' quando mi dice che aveva davvero cominciato a mettere insieme parole dieci giorni prima di registrare quelle di cui gli chiedo conto. "Io mi vergognavo. Prendevo in giro chi faceva rap, anche i miei amici, perché facevi rap criminale anche se non lo eri. Poi invece un giorno mi sono imboccato da Luke con due o tre canzoni registrate sul telefono e lui c'è andato in fissa."

Da lì in poi la musica di Gianni e la sua persona sono cresciute assieme, di pari passo: "A calmarmi è stato il rap. Mi ha dato proprio una mano, mi ha tirato su." Di pezzo in pezzo costruisce un immaginario di pura romanità i cui mattoni sono la Maggica ("Adesso cor destino nelle mie mani / Non posso sbagliare / Come er rigore de Ciccio Graziani"), le scorribande con gli amici ("La prima cosa che ho fatto insieme alla mia squadra / È rubarmi un frietto") e il senso di comunanza ("La tua mano non la voglio, la fiducia è ciò de cui ho bisogno"). "All'inizio pensavo che la romanità potesse dare un effetto macchietta", mi dice. "Avevo cominciato a cantare in italiano, a pensare di fare cose un po' per tutti. Ma poi mi sono chiesto, perché cambiare? Io sono arrivato qua per quello che sono, non perché sono uno dei tanti".

Prima di salutarci, chiedo a Gianni come la sua famiglia ha reagito alla sua crescita personale e artistica, all'arrivo di un contratto con una major. "Io non sono uno che parla molto, nemmeno coi miei, mi sfogo più sulla musica. Con mia madre e mio padre ce la siamo sempre vissuta così, per me sono come fratelli. Magari imboccavo a casa con le mani rotte, mio padre rosicava, non gli dicevo niente. Ma da quando feci una canzone su Totti già mio padre aveva capito. Quando gli ho detto che andavo da Universal a firmà mi ha detto 'Ma Universal chi? Quella d'ii firm?'" Bè, no, quella è un'altra. Ma non meno importante. Elia è su Instagram. Segui Noisey su Instagram e su Facebook.