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Tecnologia

Ipazia e l'arma a doppio taglio delle donne nella scienza

Quella del rapporto tra donne e scienza è allo stesso tempo la più frustrante e affascinante delle storie.
​Immagine: Louis Figuier.

​Ieri era la giornata internazionale della donna, un'opportunità annuale per celebrare le donne del passato, del presente e del futuro. E anche un momento per riflettere sull'eredità lasciata da donne del passato e per meditare sulle sfide poste nel ventunesimo secolo.

Per quanto riguarda quest'ultimo punto, ci sono sicuramente molte questioni, che vanno dai diritti alla procreazione al superamento del test di Bechdel. Ma una delle questioni più salienti è l'impegno nel superare il divario di genere nei campi di scienza, tecnologia, ingegneria e matematica (in inglese STEM).

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La battaglia per dare rilevanza alle donne scienziato risale a molto tempo fa, ed è un argomento tanto affascinante quanto deprimente. Sia nel mondo antico che in quello medievale, ci sono scienziate che hanno fatto scoperte di importanza fondamentale e hanno creato nuove tecnologie, ma spesso hanno suscitato reazioni molto negative da parte dell'establishment.

Ovviamente, questa narrativa non è riservata esclusivamente alle donne. Scienziati di fasce sociali disagiate, come Michael Faraday o Joseph von Fraunhofer, hanno dovuto lottare duramente per dimostrare il valore delle proprie scoperte.

La differenza è che la storia della scienza è colma di altri archetipi maschili, oltre a personaggi come Faraday e von Fraunhofer. Isaac Newton e Konstantin Tsiolkovsky erano geni solitari, ad esempio, mentre Humphrey Davy e Carl Sagan erano entrambi grandi comunicatori e personaggi molto carismatici.

La stessa diversità, invece, non è presente nella storia delle scienziate del passato, che sono caratterizzate prevalentemente dal martirio. Prendiamo ad esempio la vita di Ipazia d'Alessandria, considerata da molti la prima astronoma e matematica della storia.

Nacque tra il 350 e il 370 a.C., e divenne famosa per aver costruito astrolabi e per discorsi pubblici molto accorati. "La donna era solita camminare per il centro della città e interpretare pubblicamente Platone, Aristotele o i lavori di altri filosofi per chi voleva ascoltarla," scrisse lo storico bizantino Damascio, nella biografia sulla vita di Ipazia.

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"Ipazia era così, eloquente ed espressiva nel parlare quanto prudente e civile nelle azioni," continua. "La città giustamente la amava e la onorava in modi degni di nota, ma i governatori della città erano invidiosi di lei."

Damascio evidenzia questa invidia soprattutto in Cirillo, patriarca di Alessandria, che venne coinvolto in un diverbio con il governatore cittadino Oreste, ammiratore di Ipazia. Cirillo ordinò ai suoi monaci di uccidere pubblicamente Oreste, ma il governatore riuscì a sfuggire grazie all'aiuto delle sue guardie. I suoi piani fallirono, quindi Cirillo decise di colpire direttamente la città nel suo punto più sensibile: Ipazia.

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Senza nessuna guardia a proteggerla, Ipazia venne assassinata in modo crudele dai monaci mandati da Cirillo, che la uccisero utilizzando dei cocci. Il suo corpo venne smembrato e le parti vennero bruciate in vari siti nella città—una dissacrazione che lo storico cristiano del settimo secolo Giovanni di Nikiu definisce totalmente legittima, considerato che Ipazia stava ovviamente praticando stregoneria.

"Le lacerarono i vestiti e la trascinarono per le strade finché lei morì. La portarono in un luogo chiamato Cinaron, e bruciarono il suo corpo. E tutte le persone circondarono il patriarca Cirillo e lo chiamarono "il nuovo Teofilo" perché aveva distrutto gli ultimi resti dell'idolatria nella città," scrive Giovanni.

Lo storico non vede alcun problema nel fare a pezzi un brillante essere umano in nome di un concetto come l'idolatria. Il passaggio è davvero uno dei più grotteschi "se l'è cercata" della storia. Ma per quanto Giovanni di Nikiu avrebbe voluto cancellare la macchia del martirio di Ipazia, esso è diventato la parte più importante della sua storia.

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E questo ci porta al cuore del motivo per cui la storia delle donne nella scienza è un argomento così scoraggiante. Abbiamo qui un oratore al livello di Sagan che entusiasmava e arricchiva il suo pubblico con discorsi appassionati. Ed era anche un personaggio bizzarro stile Newton, che voleva tanto evitare il matrimonio che arrivò a cacciare i suoi pretendenti tirandogli dietro dei cenci imbevuti del suo sangue mestruale.

Che meraviglioso, strano e anticonvenzionale essere umano deve essere stata Ipazia. Tuttavia i suoi successi in vita saranno per sempre eclissati dalla brutalità della sua morte. Così come è un esempio del genio femminile, essa è anche un promemoria di come il prezzo da pagare sia sempre stato altissimo.

La storia delle donne nella scienza, infatti, è piena di storie simili. Un altro esempio è Agnodice, la prima donna medico che si dice abbia vissuto nell'Atene del quarto secolo, che si travestì da uomo per essere accettata tra i medici e si specializzò nella salute delle donne. Invidiosi del suo successo, i dottori ateniesi maschi volevano farla processare, ma vennero dissuasi dalle mogli che dissero loro "voi uomini non siete mariti ma nemici, dal momento che condannate colei che ha scoperto la salute di noi donne," afferma lo storico Igino.

La storia di Agnodice ha un finale più felice di quella di Ipazia, ma venne comunque processata solo perché era una donna di grandi meriti scientifici.

Con il passare del tempo, questi attacchi contro le scienziate si sono fecero meno violenti, e si sono evoluti piuttosto in una sorta di condiscendenza autoritaria. Per esempio, all'astronoma tedesca Maria Wilkemann, che visse nel diciassettesimo secolo, venne detto che non poteva essere ammessa all'Accademia perché "avrebbe lasciato tutti a bocca aperta", come se questa fosse una motivazione valida. La paleontologa Mary Anning, nata nel 1799, venne esclusa dalla comunità scientifica anche se le sue scoperte e le sue teorie furono di importanza capitale per la disciplina.

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Queste storie suscitano un'ovvia domanda: cosa c'è di così minaccioso in una donna scienziato? Dopo tutto, la scienza, di tutte le discipline, dovrebbe essere quella più basata sul merito, dal momento che è legata all'empirico e alla coerenza dei processi. Quindi perché le classi dirigenti nella storia non sono riuscite ad accettare il lavoro delle scienziate, invece di ignorarlo o addirittura punirle?

È una domanda che ha ancora ripercussioni oggi, anche se grazie a Dio siamo andati molto avanti dalla storia di Ipazia. Fortunatamente le donne non sono più ostacolate con questa rigidità, e il profitto intellettuale di questo empowerment è molto gratificante. Per quanto tristi siano i destini atroci di molte scienziate, oggi dobbiamo onorare i loro sacrifici e continuare il lavoro che hanno iniziato.