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A8N6: Il sesto annuale di narrativa

Invasioni vandaliche

Sicuri che il classico che state leggendo non sia stato modificato? I vandali scaricano libri, apportano variazioni e li rimettono online con lo stesso identico titolo.

Illustrazione di Tuono Pettinato

Nel racconto Il Vandalo, Roberto Gilli, esperto di sviluppo multimediale, utilizza l’espediente manzoniano del manoscritto ritrovato per riportare il pensiero di un autore anonimo, chiamato Vandalo, che racconta di avere un approccio “barbarico” alla letteratura. In questa confessione, egli spiega come e perché si è sviluppato il “vandalismo multimediale”, fenomeno che per ora si svolgerebbe principalmente su piattaforme peer-to-peer. Funziona così: i vandali scaricano libri, anche classici della letteratura, apportano variazioni dove ritengono necessario e li rimettono online, con lo stesso identico titolo, nella versione apocrifa “vandalizzata”. Mi sembrava un po’ troppo retrogrado condannare questa pratica per principio, così ho deciso di intervistare il dottor Gilli, portavoce del Vandalo, per chiarirmi le idee sui presupposti teorici e i risvolti pratici di questo approccio.

VICE: Ciao Roberto, in che modo sei legato al testo del Vandalo e alla sua filosofia?
Roberto Gilli: Be’, io mi occupavo di poesia digitale, poi, in seguito alla pubblicazione di questo racconto, ho deciso di proseguire sulla linea di ricerca che proponeva il Vandalo: la possibilità che un prodotto digitale possa essere modificato anche dal lettore. Un po’ come nella tradizione aedica: una storia prende corpo attraverso la collettività, si arricchisce.

In questo modo si apre la possibilità di esautorare gli autori: il Vandalo dice “anche Dickens può sbagliare.” Ma questa visione pluralistica non rischia di demolire ogni punto di riferimento?
Il problema non si pone se tutti possiamo apportare modifiche, la reciproca correzione porta a miglioramenti oggettivi. Guarda l’esempio di Wikipedia: lavorando sulla democrazia delle informazioni si arriva alla completezza.

E non si perde l’unicità dell’opera d’arte?
Non proprio: il vandalismo va a minare innanzitutto il sistema editoriale che detiene il diritto di vita e morte sull’opera. L’autore deve capire che deve svincolarsi prima dal favoritismo delle case editrici, poi dal possesso del prodotto: pubblicare un’opera significa donarla all’umanità, non è né di un autore né di un editore. Con questo sistema la selezione delle opere valide è democratica. 
Bisogna scollegarsi dall’ego, quando si produce come quando si modifica. Infatti tutto si svolge nell’anonimato, come avveniva nella tradizione orale.

È un bel lavoro educare gli autori a staccare il proprio ego dal prodotto, bisognerebbe ricostruire un linguaggio ripulito da tutta questa soggettività. E non solo in ambito letterario.
Infatti, guarda cosa succede con le licenze creative commons anche in ambito musicale, pensa ai remix di un brano. Anche in politica esistono esempi di democrazia diretta come il partito pirata o il liquid feedback, oltre a esperimenti sulla costituzione come è successo in Islanda. Però serve partire dal piccolo, forse, per sradicare l’idea assolutista dell’autore. Da qui magari si passerà ad attaccare altri ruoli come quello del leader politico.