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Forza Hogan

Dicevano che alla convention dei giovani di Forza Italia avremmo trovato la futura classe dirigente del partito. Non c'erano "falchetti", ma Berlusconi ha risollevato il morale di tutti.
Leonardo Bianchi
Rome, IT

A una settimana esatta di distanza torno alla sala del Palazzo dei Congressi all'Eur, lo stesso dove avevo assistito alla resurrezione di Forza Italia. Mi trovo qui per la convention della "Giovane Italia", il movimento giovanile del partito che dovrebbe portare nuova linfa al centrodestra. Sono le 11 passate del mattino, "Azzurra Libertà" è in sottofondo e la sala si presenta così.

Fuori fa freddo e diluvia. I giovani di Forza Italia sciamano dai torpedoni (immancabile quello bianco con la scritta "Angelino" su un fianco) e raccolgono ordinatamente i badge.

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Mi accorgo subito che qui non ci sono improbabili "falchetti" da dare in pasto ai media. Questa, teoricamente, è la futura classe dirigente del partito. Questa è la generazione cresciuta sotto il segno del Biscione a colpi di apertivi e scandali giudiziari, plasmata culturalmente dal palinsesto Mediaset e allevata al culto incondizionato di Silvio Berlusconi. Il look, come si può facilmente immaginare, è una delle componenti fondamentali della militanza.

Il vero collante identitario, quello che realmente definisce la Generazione Biscione al di là dell'appartenenza politica e dell'adesione a determinati modelli socio-economici, sono le Hogan. Dico sul serio: secondo i miei calcoli, naturalmente scientifici, almeno quattro-cinque persone su dieci ne indossano un paio.

La percentuale sale sensibilmente se si conteggiano anche le numerose imitazioni e i modelli pseudo-Hogan.

Annagrazia Calabria, deputata e responsabile del movimento, aveva presentato l'evento in termini piuttosto altisonanti: "Gli incontri come quello di sabato aiutano la politica a ritrovare le vere ragioni della sua esistenza." Anche la cartella stampa, che inizia con una citazione di Adriano Olivetti e usa le virgole con una certa disinvoltura, è sulla stessa falsariga: "La nostra utopia è quella di far tornare l'Italia ad essere un paese produttivo, che non consuma ricchezza prodotta altrove, ma che la produce. Il nostro sogno è che i giovani imprenditori italiani, possano tornare a concretizzare le loro idee in attività di successo."

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Il mio sogno, decisamente più modesto, è che la giornata si animi prima dell'arrivo di Silvio Berlusconi. Nel frattempo la sala si è riempita, ma la mattinata si trascina stancamente tra gli interventi di vari "startupperoi"—i coraggiosi giovani imprenditori che lacerano le catene stataliste e rilasciano gli "spiriti animali" del capitalismo selvaggio—e una retorica imbevuta di aziendalismo anni Ottanta.

Fuori dalla sala incontro Matteo, imprenditore 27enne e membro della Giovane Italia che fa politica "da una decina d'anni." Inizio subito chiedendo un giudizio sui processi di Silvio Berlusconi. "Sulle pendenze giudiziarie ho un'idea ben chiara," mi risponde. "Sicuramente Silvio Berlusconi ha subito un accanimento da parte della magistratura nei suoi confronti. Quando si dice che la legge è uguale per tutti dovrebbe essere uguale anche nel tipo di comportamento che la magistratura ha nei confronti del cittadino Berlusconi." La magistratura, dunque, è stata "l'arma che una certa parte dello Stato ha voluto impugnare per sconfiggere un avversario che stava dando fastidio, e tanto."

Per il resto, Matteo trova che "attualmente la politica sia un po' stagnante di persone, di idee e di teste. Credo che il primo punto sia cercare di imprimere un cambiamento anche generazionale all'interno dei palazzi." Quando gli chiedo se i giovani di Forza Italia non si sentano schiacciati da una classe dirigente immutata da vent'anni, Matteo mi risponde che questo però "è un problema di tutto il sistema politico nazionale. Molto dipende anche dall'atteggiamento che gli stessi giovani hanno. Molti giovani aspettano che qualcosa arrivi, piuttosto che andarselo a prendere. In un momento come questo non credo che possiamo aspettare."

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Altri giovani invece dimostrano che in Forza Italia, almeno fino a quando ci sarà ancora Berlusconi, il cambiamento generazionale può attendere. Aggirandomi per il Palazzo dei Congressi capto spezzoni di conversazione in cui si dice che: "Forza Italia è Silvio Berlusconi, e Silvio Berlusconi è Forza Italia"; "il suo popolo riconosce sempre la guida di Berlusconi"; "Silvio Berlusconi è il più grande contribuente d'Italia"; "sia in Parlamento o fuori, lui sarà sempre il nostro leader"; nonché il solito, martellante campionario propagandistico.

Le ore passano interminabili, e l'atmosfera si smuove dall'immobilità e dal tedio solo quando si avvicina l'arrivo di Berlusconi. C'è fermento nell'aria: i giornalisti e le telecamere smettono di rincorrere i militanti della Giovane Italia e si accalcano all'ingresso, cominciando una spietata lotta di posizione per occupare il posto migliore. La sala, intanto, entra in fibrillazione e si riempie di bandiere di Forza Italia. L'attesa si fa snervante, e solo il lampeggiare del corteo motorizzato di Berlusconi rompe la stasi. Il Caro Leader scende dalla macchina e, scortato da Annagrazia Calabria e dai bodyguard, percorre velocemente il corridoio transennato che lo porta dritto sul palco.

Torno dentro e c'è il delirio collettivo: la sola presenza di un pregiudicato ultrasettantenne è in grado di rivitalizzare centinaia di ventenni nell'arco di qualche minuto. Le bandiere sventolano impazzite e il coro "Silvio, Silvio, Silvio!" a tratti sovrasta l'inno di Forza Italia. Berlusconi appare sul palco, e il delirio si trasforma in pura e semplice isteria di massa.

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"C'è solo un presidente, un presidente," urlano a squarciagola i ragazzi. Berlusconi si siede di fianco alla Calabria (che non dirà più una parola fino alla fine della convention, in pratica), interrompe i cori e inizia subito con una delle sue fulminanti battute: "Visto che avete appena affermato che c'è solo un presidente, vediamo di non farcelo fare fuori." Ridono tutti. Mi accascio su una delle colonne laterali, pronto a sorbirmi l'ennesima omelia berlusconiana.

Il Cavaliere rivela che sono almeno tre notti che non riesce a dormire. Ovviamente la causa dell'insonnia non sono le sue trascurabili questioni personali. No, Silvio è "preoccupatissimo per quel che succede al Paese, all'attacco che si sta portando alla nostra libertà senza che nessuno si alzi in piedi a dire: 'Non è possibile'!" Applausi.

Berlusconi rispolvera un suo vecchio discorso fatto ai giovani del Ppe a Bilbao—ovvero un pippone clamoroso su nazismo, comunismo e l'autentico significato della Libertà. Ma non è nulla in confronto alla sua ricostruzione degli ultimi cinquant'anni di storia italiana. È una lunga serie di vaneggiamenti (già sentiti e risentiti) che riassumo brevemente in cinque punti significativi:

- Magistratura Democratica è una branca eversiva della magistratura che in passato ha sponsorizzato le tesi delle Brigate Rosse;
- Da quando è caduto il muro di Berlino, i giudici di Milano hanno cercato di praticare "la via giudiziaria al socialismo contro il capitalismo borghese";
- La polizia giudiziaria è il temibile esercito personale delle Procure, formato da poliziotti "orientati politicamente secondo l'orientamento della procura";
- Silvio Berlusconi ha convinto Stati Uniti e Russia a dimezzare il loro arsenale nucleare e ha fermato la guerra in Georgia nel 2008;
- Silvio Berlusconi non vuole pulire i cessi di don Mazzi.

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Senza un apparente motivo, Berlusconi si sente in dovere di ripercorrere la vicenda di Vittorio Mangano, lo stalliere mafioso che spacciava droga, "accendeva le candele in chiesa," faceva "la comunione" e resisteva alle pressioni dei giudici per fargli vuotare il sacco sui "rapporti di Dell'Utri e Berlusconi con la mafia." Insomma, un comportamento da vero e proprio "eroe". La platea applaude fragorosamente. Ma non dovrei sorprendermi: questi giovani avrebbero applaudito con la stessa foga anche se Berlusconi si fosse messo a bestemmiare e inneggiare a Satana.

Improvvisamente vengo affiancato da un individuo che tiene in mano un enorme ovetto Kinder ed è vestito con un cappotto gessato, un maglioncino fucsia e le Hogan. Distolgo un attimo lo sguardo da lui e lo rivolgo nuovamente a Berlusconi, che sta parlando da più di un'ora. È in quel preciso istante—mentre sto per sprofondare in un irreversibile stato catatonico—che metto a fuoco un particolare assolutamente sconvolgente: anche Berlusconi sta indossando un paio di Hogan.

Mentre sono completamente stordito, il Cavaliere mi ridesta alzandosi in piedi e gridando nel microfono: "Dopo venti anni di tentativi non andati in porto, mercoledì il Senato vota la mia decadenza. Io lo chiamo colpo di Stato! Omicidio politico! Non lasceremo che il colpo di Stato si realizzi senza nessuna reazione!" Queste parole leggermente eversive incendiano la folla, che a sua volta scatta in piedi e si spella le mani. "Signori della sinistra, sappiate che questo soggetto non ha paura!" conclude Berlusconi. "Non ha niente da farsi perdonare! È completamente innocente ed è considerato una bandiera dal suo popolo!"

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È un tripudio. Berlusconi raccoglie l'ovazione dei suoi giovani, che corrono verso il palco per salutare il Capo, toccarne il suo sacro corpo e ricevere la benedizione. Berlusconi, ovviamente, è felicissimo di stringere mani e dispensare consigli.

Osservo il giubilo dei giovani a cospetto del loro idolo, l'estasi nordcoreana impressa nei loro volti e imbocco velocemente l'uscita, camminando sotto la pioggia battente con una semplice, incrollabile convinzione: se questi giovani sono il futuro del Paese, allora siamo completamente fottuti.

Segui Leonardo su Twitter: @captblicero. Foto di Federico Tribbioli.

Altri incontri ravvicinati:

Le anime morte di Forza Italia

I testimoni di Silvio