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Cose che dovresti sapere quando tagghi una foto su Instagram #siciliabedda

Quest'estate sembra che proprio tutti siano stati in vacanza in Sicilia. Perché sì, la Sicilia è davvero un posto pazzesco. Ma non per merito suo. Mentre sì, la Sicilia è anche un posto di merda. E il merito di questo è tutto, per intero, suo.

Grab via Instagram.

Per settimane, quest'estate più di ogni altra, la mia timeline di Facebook e il feed di Instagram hanno trasmesso in loop foto e video di Scopello Duomo di Palermo Valle dei Templi panorama di Taormina Scala dei Turchi—e pure qualche carretto. Mentre scrivo, l'hashtag #sicilia su Instagram registra 100mila post in più rispetto alla settimana scorsa, e il non simpatico (c'è bisogno di ripetere che imitare il dialetto altrui non è simpatico?) #siciliabedda sta raggiungendo il mezzo milione.

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Effettivamente non è solo un problema dei miei amici sui social: quest'estate la Sicilia si è riempita di turisti, molto più del solito. Secondo un'indagine condotta dall'Adoc [Associazione per la difesa e l'orientamento dei consumatori] il 19,4 percento degli italiani ha dichiarato di avere trascorso o avere intenzione di trascorrere le ferie in Sicilia; nella Top 10 delle destinazioni preferite dagli italiani su eDreams ci sono ben tre aeroporti siciliani (Catania, Palermo e Trapani) e anche tra gli stranieri l'isola—"complice la crisi nel Mediterraneo"—si piazza discretamente.

Il turismo in Sicilia c'è sempre stato, mica è una novità—ci facevano il Grand Tour i ricchi giovanotti della nobiltà europea (avrete sicuramente letto almeno una volta qualche frase di Goethe sulla bellezza dell'isola stampata sopra il vostro tavolo al ristorante o al bar). E la gente si è sempre innamorata della Sicilia, al punto di tornarci ogni anno—Pantelleria e Panarea per esempio sono piene piene di case di milanesi o toscani o romani.

Perché sì, la Sicilia è davvero un posto pazzesco. Ma non per merito suo. Mentre sì, la Sicilia è anche un posto di merda. E il merito di questo è tutto, per intero, suo.

Disagio o folklore? Grab via Instagram.

In tal senso, l'altro dato interessante di quest'estate è stato quello del folkloristicissimo "sommerso", della gente che ha pagato la propria camera o casa in nero, per esempio. Per la prima volta la Regione ha calcolato che i turisti realmente presenti sull'Isola sarebbero addirittura quattro volte tanti quelli presenti secondo le stime ufficiali. In pratica, le istituzioni locali hanno messo a confronto quante persone si sono registrate nelle strutture alberghiere e i dati sui rifiuti e sui consumi con i numeri di quanti hanno preso l'aereo o la nave verso le isole minori, e si sono accorti che la discrepanza è del 400 percento—mica possono essere andati tutti dai parenti, no?—partorendo in conclusione un dossier di 180 pagine molto dettagliato che constata che "per prima cosa il sistema di rilevamento dei dati non funziona." Una scoperta non da poco, nel 2016.

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E qui arrivo al punto. Come ho già scritto altrove, sono cresciuto in Sicilia, i miei genitori sono siciliani e vivono lì, e lì io, come si dice in questi casi, ho le mie radici. Per questo, dovrei solamente essere contento che sempre più persone si accorgano che se dopo la costiera amalfitana si decide di proseguire, e invece di svoltare in direzione Gallipoli ci si accolla l'impegno di passare Lagonegro e Lauria e pagare 38 euro per farsi traghettare su tre chilometri di stretto si arriva in un posto della madonna. Dovrei brindare a ogni #sicilia #solemare. E invece quando vedo una foto della Valle dei Templi o della Martorana di Palermo la mia colecisti comincia a produrre un quantitativo spropositato di bile, causandomi una sorta di isterismo continuo.

Sia chiaro: il problema non è affatto la globalizzazione, né la perdita di un'ipotetica purezza incontaminata della Sicilia autentica—spauracchio di tanti miei conterranei nostalgici—violentata da quei cattivoni con lo zainetto che spendono soldi con la carta di credito. Tutt'altro.

"Folklore". Grab via Instagram.

Sono fermamente convinto che—solo per dirne una—se hai il culo di avere sette siti UNESCO (e sei quindi la prima regione per "quantità" di Patrimonio dell'Umanità in Italia, insieme alla Toscana) hai il dovere di investire nel turismo, che non vuol dire far diventare tutto come Rimini e Riccione (c'è questa regola che se sei siciliano devi odiare Rimini e Riccione). Puntare sul turismo significa che, oltre magari a evitare che la gente paghi in nero (e accorgertene solo dopo che hai prodotto 180 pagine di carta), potresti tipo concentrarti sull'avere cura di quelle cose che la gente poi ama fotografare—già, quelle specie di transenne arancioni svolazzanti sotto i templi di Selinunte non sono un simbolo di purezza o di autenticità. Magari i soldi del turismo riuscissero a trascinare fuori la Sicilia dall'asfissiante immobilismo, che troppe volte il turista confonde con "una caratteristica tipica della Sicilia".

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Ogni volta che qualcuno mi chiede "di dove sei?" e io rispondo che sono siciliano, vengo sommerso da esclamazioni tipo, "Oddio! Io amo la Sicilia, avete tutto." E l'unica cosa che posso dire io a quel punto è che "Sì, da turista è davvero il posto più bello del mondo." Anche io, fino a qualche settimana fa, ero a fare il turista a Taormina.

Perché in estate, pare, è tutto bello, ma al contempo proprio perché è estate non vediamo che i campi e le foreste da Palermo a Cefalù sono tutte bruciate per incendi dolosi di cui ancora i responsabili (nonostante i tantissimi sospetti) non si conoscono. Non riusciamo a vedere che i treni non partono, o non arrivano, perché ci sono 300 chilometri di rete ferroviaria chiusi per frane. Eppure ne parlavamo tutti, dopo quanto successo in Puglia.

Sia chiaro, questa superficialità estiva è un fenomeno non solo comune ad altri posti nel mondo, ma in qualche modo umano. Eppure con la Sicilia è ancora più marcata, perché non esiste luogo capace di tenere uniti così indissolubilmente tutta la bellezza e tutto lo schifo, e non vedere entrambi mi sembra assurdo. Mi fa rabbia che troppo spesso si voglia considerarne solo una parte, semplicemente perché la rappresentazione che ne viene fuori non è reale (e vale lo stesso ragionamento per quei poveracci che al contrario non vanno in Sicilia perché hanno paura di beccare un proiettile a caso, e vi giuro che mi è capitato di conoscerne).

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Perciò, qui di seguito, ecco qualcosa che andrebbe considerato tanto quanto le cose belle della Sicilia. Per esempio, che di idilliaco in una regione dove nel 2015 l'indice di povertà calcolato dall'INPS ha toccato quasi il 52 percento c'è poco. Quello non è folklore, ma arretratezza. Che se mentre si è in macchina fermi in coda al semaforo di Porto Empedocle, quando magari si arriva da Catania avendo attraversato la A19 (quella che è crollata lo scorso anno e che invece la giunta di Crocetta stava già pensando di far pagare la prossima estate, anche se quando da Caltanissetta vai a Palermo sei ancora costretto a superare una serie infinita di deviazioni o restringimenti di qualche chilometro), e dopo esser stati obbligati a prendere la Statale 640—perché l'autostrada lì son dieci anni che cercano di costruirla—e si aspetta che finalmente scatti il verde per arrivare a fotografare quella meraviglia di marna che è la Scala dei Turchi ecco, in quel momento sarebbe utile girare la testa e fotografare anche quella strada con tanto di galleria che si trova sotto il cavalcavia. Quella galleria non porta da nessuna parte perché quella strada non è mai stata completata.

E una volta arrivati a Palermo, quella disgraziatamente stupenda città, davanti al Politeama, ci si potrebbe girare a destra a fotografare anche il Bingo che il prefetto ha chiuso perché il titolare è indagato in due diverse indagini per mafia. E davanti alla scalinata del teatro Massimo che piace tanto agli americani perché è quella del Padrino Parte III, andare dietro al teatro per fotografare le colline di spazzatura causate da 15 miliardi di euro di sprechi accumulati dalla mala gestione dei rifiuti di chi ha governato Palermo—che poi dice che è colpa della Regione, che invece dice che è colpa dello Stato. E la sera, quando alla Vucciria succede una cosa tipo questa, non pensare che i tizi che scappano siano dei moderni Robin Hood, sono tutt'altro.

Qui non c'entra nulla la storia dello "stronzo che vai nel 'terzo mondo' a farti la vacanza senza pensare che la gente intorno muore". È solo una questione di consapevolezza, di vedere come stanno le cose. La Sicilia non può essere la casa della mafia da novembre a giugno—quando scagliarsi contro il "traditore Maniaci" o postare le foto di Capaci il 23 maggio ci fa sentire tutti delle persone un po' migliori—per poi trasformarsi nel posto dei sogni.

Soprattutto se i veri turisti superficiali e miopi siamo proprio noi siciliani, a partire da quelli che la Sicilia dovrebbero dirigerla. E la storia è sempre la stessa: c'abbiamo il sole e c'abbiamo il mare, la nostra Sicilia Bedda, che minchia ce ne fotte del resto. E se ci sono dei problemi, arrivano tutti dal passato. "E buon ponte dell'Immacolata a tutti".

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