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Open day a porte chiuse

L'inaugurazione della nuova base USA nel vecchio aeroporto Dal Molin è stata annullata, ma Vicenza è ugualmente fottuta.

Veduta aerea durante lo svolgimento dei lavori nell'ex aeroporto Dal Molin.

Domani doveva essere il grande giorno. Il giorno in cui i militari americani di stanza a Vicenza avrebbero accolto la cittadinanza veneta per lʼopen day ufficiale della nuova caserma Del Din, allʼex aeroporto vicentino Dal Molin. E invece non sarà così. Per qualche ragione ancora oscura ai più (qualcuno dice per il rischio attentati, qualcuno per la manifestazione in programma in città, qualcuno che semplicemente non avevano cazzi) il comando dellʼesercito americano a Vicenza ha cancellato lʼevento. Non è invece cancellata la manifestazione degli attivisti del Presidio No Dal Molin, che dal 2007 protestano contro lʼallargamento dello spazio concesso ai militari americani e che domani saranno comunque in piazza per una manifestazione cittadina contro la base. Olol Jackson, portavoce del presidio, ha dichiarato sul sito nodalmolin.it che "questo mancato appuntamento è la conferma che, a differenza di quello che pensano e dicono gli americani, cʼè ancora unʼopposizione in questa città e in questo paese forte e capace di far annullare appuntamenti di questo genere." Tutto molto bello, eppure nel frattempo i lavori alla base proseguomo, i militanti del presidio devono affrontare un processo per le [proteste](http://www.ilgiornaledivicenza.it/stories/Home/ 495905occuparonolaprefettura5mesiperi30nodalmolin/)e una [manifestazione non autorizzata](http://www.ilgiornaledivicenza.it/stories/ Cronaca/501852parcodellapacein42vannoaprocesso/)e la città di Vicenza diventerà a tutti gli effetti una delle nuove roccaforti dellʼesercito USA in Europa.

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Lʼex Dal Molin infatti è la seconda base americana costruita a Vicenza dopo la Ederle, storico insediamento militare che risale alla Seconda Guerra Mondiale e nel quale operavano forze dellʼesercito italiano. Dagli anni Sessanta invece vi si stabilirono truppe di soldati americani, oggi impegnati in Iraq, in operazioni di tipo logistico in Europa e, soprattutto, in Africa tramite AFRICOM, lʼorganizzazione militare USA operativa in Africa e il cui comando ha sede proprio a Vicenza. Alla Ederle si trovano spazi di addestramento, il centro informazioni e aree dedicate allo svago e alle famiglie dei militari (che possono trasferirsi e vivere tutti insieme a Vicenza) come scuole, fast food e cinema. Negli ultimi tempi però la situazione sta cambiando velocemente. Con le guerre in Afghanistan e Iraq nuove truppe della 173esima Brigata si sono spostate a Vicenza dalla Germania—dove risiedevano tradizionalmente—e oggi il governo USA ha deciso il trasferimento dellʼintero comparto (fatto di artificieri e paracadutisti) a Vicenza, che così ospiterà un totale di 5.000 soldati americani.

Il tutto è stato reso possibile dal governo italiano, bypassando completamente lʼopinione pubblica e le autorità locali, che di fatto non sono dotate degli strumenti giuridici—leggi, regolamenti o peso legale—per opporsi alla decisione. Nel 2007 il governo, allora guidato da Romano Prodi, concesse agli Stati Uniti il comodato dʼuso per 99 anni del territorio dellʼex-aeroporto vicentino Dal Molin, nella zona nord della città. Da quel momento in poi iniziarono i lavori che questʼanno porteranno allʼapertura della nuova base, quella per i soldati in arrivo dalla Germania. La città di Vicenza sarà quindi chiusa tra due basi americane, con un notevole impatto sulla sovranità territoriale, sullʼambiente e sulla sicurezza, come mi spiega Antonio Mazzeo, peace researcher, attivista e giornalista che si occupa regolarmente delle attività e della presenza degli USA in Italia. "Le operazioni militari americane in questa città cambieranno: le caserme di Vicenza si stanno trasformando in un vero e proprio centro dʼavanguardia per lʼaddestramento dei reparti dʼélite americani." I soldati infatti verranno riuniti nella nuova base in modo da rendere più semplici operazioni dʼemergenza, da realizzare in 48 ore in ogni parte del mondo, "e per farlo è fondamentale raggruppare tutte le truppe in caserme sempre più vicine: questo consente di risparmiare molto, senza contare poi la vicinanza con la base friulana di Aviano, da dove partono aerei carichi di soldati e munizioni. Sicuramente questa scelta è dovuta al fatto che lʼItalia non ha mai posto molte limitazioni ai militari americani. La base di Sigonella e il Muos ne sono un esempio. Nemmeno paesi amici come la Spagna, la Germania e la Polonia sono stati così massicciamente militarizzati. L'Italia dà evidentemente più garanzie."

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Garanzie che, come racconta Mazzeo, non sono solamente politiche. A livello economico infatti i rapporti tra Italia e Stati Uniti passano per buona parte dalla produzione e dalla vendita di armi e affini. La decisione di facilitare le operazioni militari americane in Italia ha permesso a Finmeccanica—la principale società per azioni italiana attiva nel settore aerospaziale e della difesa—di aprirsi molte porte negli Stati Uniti, in particolare presso il Pentagono, principale cliente delle aziende che producono armamenti. "Alcuni gruppi economico-finanziari italiani ci hanno guadagnato molto, soprattutto le aziende che producono aerei senza pilota. Anche alcuni gruppi bancari e fondi d'investimento possono così acquisire pacchetti finanziari importanti, da milioni di dollari. Questo ha consentito agli americani di avere il supporto di lobby importanti che hanno permesso una maggiore militarizzazione del territorio." Per capire lʼimpatto di queste operazioni bisogna cambiare prospettiva. Non sono solo basi americane. Ma sono vere e proprie grandi opere da realizzare sul territorio italiano e di cui possono beneficiare tante aziende. "Solo a Vicenza vengono investiti più di 200 milioni di euro nel Dal Molin e i maggiori beneficiari sono delle cooperative con sede in Emilia Romagna, le stesse coinvolte nelle basi americane in Sicilia, molto vicine al Partito Democratico." In particolare, lo stesso Mazzeo scriveva su[Peacelink.it](http://www.peacelink.it/conflitti/a/ 35934.htm) che al Dal Molin "i lavori, per un importo di 245 milioni di euro, sono stati affidati nel marzo 2008 a due aziende leader di LegaCoop, la Cooperativa Muratori Cementisti di Ravenna (CMC) e il Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna (CCC)."

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In più, queste nuove strutture dovranno essere adattate agli addestramenti svolti dai reparti speciali, in particolare con la creazione di megapoligoni di addestramento, "e quando vuoi risparmiare, non sposti certo tutti per poi portare la brigata in Germania ad esercitarsi, no?" Lo spazio alla nuova base Dal Molin però è limitato e presto ci sarà bisogno di trovare nuove aree che permettano di compiere esercitazioni. In Germania gli americani hanno ricostruito vere e proprie città in cui simulare i diversi scenari di guerra ed è molto probabile che in Italia avvenga lo stesso sullʼasse che collega il Veneto con Aviano. Una delle zone che sembravano candidate a prendere il posto delle città fantasma tedesche è quella di Longare, a sud di Vicenza.

Veduta aerea, Site Pluto.

Probabilmente non ne avete sentito parlare, a meno che non abitiate nella zona. Il centro di Longare, chiamato con il nome in codice Site Pluto, in realtà esiste già ed è stato chiuso allʼinizio degli anni Novanta dopo una serie infinita di inchieste giornalistiche locali che dimostrarono la presenza di armi nucleari tenute segrete dallʼesercito USA (lʼunico beneficiario della base) e quello italiano, che negli anni Cinquanta aveva espropriato i terreni dandoli in uso agli americani. Site Pluto, fatto di grotte carsiche e bunker, è sempre stato utilizzato per stoccare armi radioattive USA e oggi dovrebbe diventare il nuovo centro dʼeccellenza per lʼaddestramento dei soldati americani. Lʼobiettivo è creare un polo dove i soldati possano esercitarsi al lancio di bombe intelligenti e al controllo di droni, grazie ai computer per la simulazione bellica. Il comandante delle truppe AFRICOM di Vicenza aveva addirittura prospettato che potessero esercitarsi 300 soldati al giorno contemporaneamente. Questʼanno però il governo Obama ha chiuso il portafoglio, facendo sì che Site Pluto rimanga ancora per un po' quel groviglio misterioso di grotte che è stato negli utlimi ventʼanni. Restano però molti altri problemi da risolvere.

Gli attivisti e la cittadinanza vicentina—per lo più contraria alla costruzione della base americana, come sottolineato in questa indagine—non protestano solo per questo allargamento, ma anche per le conseguenze sulla sicurezza, sulla sovranità del territorio e sullʼambiente.

In particolare, per capire di più di questʼultimo problema ho parlato con Lorenzo Altissimo, direttore del Centro Idrico di Novoledo e incaricato per ben due volte dal comune di Vicenza, che già sospettava lʼinvasellamento, di capire se la nuova base Dal Molin potesse avere impatti negativi sul territorio. La risposta? Assolutamente sì. La prima volta che Lorenzo è stato incaricato insieme al suo team di ricercatori era il 2008, quando venne stabilito che la costruzione della base americana avrebbe comportato dei rischi notevoli per la stabilità del terreno—sabbioso e argilloso—in unʼarea circondata dal fiume locale, il Bacchiglione. "Il calcolo del rischio era stato fatto considerando che avrebbero impiantato nel terreno circa 1.000 pali battuti, lo scheletro su cui costruire le fondamenta in cemento della base. Poi però abbiamo scoperto che ne hanno costruiti 3.800, per un totale di circa 10.000 metri cubi di cemento." Non contenti, gli americani e i loro tecnici hanno fatto di meglio. Nella nuova base hanno costruito un sistema di drenaggio completamente nuovo. Piccolo particolare: sullʼarea del Dal Molin esisteva già un sistema di drenaggio, risalente al 1929 e perfettamente funzionante. La nuova costruzione ha danneggiato interamente il vecchio sistema, causando allagamenti in tutta lʼarea. "Lʼintera zona è ormai un acquitrino. Invece di un parco ci sono dei laghetti inagibili. I primi a notarlo sono stati gli avventori soliti dellʼarea, come i ragazzi che vanno a giocare nei campi di rugby. Abbiamo fatto diversi sopralluoghi da cui emerge chiaramente che i tubi di scolo sono pieni di litri e litri dʼacqua che non trova più una via dʼuscita, perché la base costruita ad ovest ha distrutto il sistema di drenaggio. Inoltre, secondo i progetti della base, è chiaro che ne hanno costruito uno completamente nuovo senza alcun collegamento con il sistema vecchio che è rimasto nella parte che verrà adibita a parco. Il che vuol dire che una rete di drenaggio che ha funzionato per 60/70 anni—costata allʼepoca allo stato italiano il corrispettivo di milioni di euro—è stata distrutta nella parte ovest e semi distrutta tra est e ovest," spiega Lorenzo. Per capire a tutti gli effetti lʼentità del danno basta citare un particolare spesso taciuto: lʼarea Dal Molin è stata divisa proprio dal governo in due parti, quella a est destinata alla nuova base americana, quella ovest dove dovrebbe sorgere il Parco della Pace, unʼarea verde concessa alla città di Vicenza come compensazione del danno. Implicito quindi il fatto che la nuova base abbia sicuramente causato danni alla popolazione. Peccato solo che la “compensazione” sia oggi allagata, inagibile e anche piena di bombe inesplose. "Al momento infatti è in corso una bonifica bellica dellʼarea, quindi non possiamo procedere con altre ricerche per valutare fino in fondo i danni e, soprattutto, trovare una soluzione a questo problema."

Insomma, la situazione al momento sembra più o meno la seguente: i cittadini vicentini, per lo più contrari alla base, sono stati compensati con un parco allagato e inagibile, un terreno cementificato e nuove truppe americane. Ma la parola fine su questa vicenda non è ancora stata scritta. Lʼevento di domani sarà anche stato annullato, ma nel frattempo i lavori verranno terminati per lʼarrivo definitivo di tutti i soldati, previsto per questʼestate. A luglio, nonostante tutto, si aprirà ufficialmente il Del Din-Dal Molin.

Segui Chiara su Twitter: @ChiaraCaprio