“Le famiglie povere lo condivano con funghi secchi, quelle ricche con un ragù di cervo o capriolo per chi abitava più in montagna, o di piccione”
Essere nata e cresciuta in Emilia mi ha reso estremamente patriottica. Il welfare emiliano, gli Appennini Emiliani, l’accoglienza emiliana: se chiedete a me, noi emiliani sappiamo fare quasi tutto meglio degli altri, sì, anche meglio dei nostri vicini romagnoli con cui condividiamo una regione ma non un senso di appartenenza. Ovviamente anche la cucina. Questo anno mi ha permesso di (costretto a) approfondire meglio la tradizione gastronomica emiliana, finendo così per rintracciare la storia di piatti come lo Scrigno di Venere, uno scrigno di pasta ripiena con ragù e besciamella.
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Parlando di piatti ciccioni e svergognati, ultimamente sono incappata nella Bomba di riso e non ho resistito all’idea di saperne di più.
Cos’è la bomba di riso reggiana
Nel Novecento la bassa reggiana c’erano le risaie. E quindi molte famiglie si sono trovate ad avere grandi quantità di riso che non sapevano come utilizzare. Da lì nasce la bomba
Il primo posto in cui ho assaggiato la bomba di riso, ancorché d’asporto, è stato all’Arrogant Pub di Reggio Emilia. Dell’Arrogant Pub ho già parlato in una mia ode alla provincia ma ne potrei parlare tutti i giorni a chi fosse disposto ad ascoltarmi. Il publican Alessandro Belli fa un’opera straordinaria di ricerca e lavorazione delle materie prime: a renderlo famoso sono stati gli hamburger ma nell’ultimo anno si è concentrato anche sulla carne, che vende già preparata sottovuoto, e su piatti tipici del suo territorio. La prima volta che ho visto la bomba di riso servita a uno dei suoi tavoli o proposta in versione take away ho alzato un sopracciglio. Il riso a Reggio Emilia? Da bolognese ero convinta che il riso facesse parte della tradizione emiliana solo nella torta di riso e che l’unica zona vocata alla coltivazione di riso nella regione fosse quella ferrarese.
Alessandro ci ha messo pochi minuti a dimostrarmi quanto avessi torto: “Nel corso del Novecento la bassa reggiana, soprattutto nella zona di Rolo e Correggio, c’erano le risaie. E quindi molte famiglie si sono trovate ad avere grandi quantità di riso che non sapevano come utilizzare. Da lì nasce la bomba. Quelle povere lo condivano con funghi secchi, quelle ricche con un ragù di cervo o capriolo per chi abitava più in montagna, o di piccione. Era un piatto domenicale.” Alessandro si ricorda il consumo della bomba in occasione di una qualche celebrazione cattolica agostana, ma non siamo riusciti a rintracciare con precisione quale.
“Al tempo numerose donne reggiane andavano ‘alla monda’ e venivano pagate con un chilo di riso al giorno, che si trovavano costrette a usare”
Insomma, come avrete già capito la bomba di riso reggiana è un piatto dal consumo prevalentemente familiare, che pochi ristoranti proponevano. Alessandro se la ricorda fatta al ristorante Da Gianni alle Casette di Carpineti, aperto nel 1965 dalla cuoca Valeria De Pietri insieme al marito Gianni Dallari. Il Covid mi ha impedito di visitarlo, ma dalle recensioni la bomba di riso sembra essere ancora il piatto più gettonato.
Ho parlato anche con Stefano Caffarri, esperto di comunicazione, editoria e fotografia del cibo che a Reggio Emilia è nato e cresciuto e che ha avuto la fortuna di andare da Gianni, la cui bomba di riso ha descritto come “riso morbido, cottura profonda, panna, funghi larghi e molli, sugosa e opulenta […]: la bomba di riso, quasi un poema iconografico della cucina pop degli anni ottanta.”
Racconta Stefano: “In casa mia la cucina era odiata da mia madre, che se ne occupava poco e malvolentieri. La bomba di riso era uno di quei piatti che faceva con un po’ meno di fastidio, con ingredienti privi di qualsiasi appoggio di ricerca: Riso Arborio, mantecatura con burro e formaggio, prosciutto cotto, fontina, funghi. Opulenza totale. Me la ricordo filante, golosa. Il piatto dei giorni di festa come alternativa al lesso e ai cappelletti: la preparazione era così lunga che non si poteva certo fare ogni giorno.” Anche lui mi conferma il legame con le risaie: “Secondo me per come è fatto e costruito il piatto è certamente una ‘novità’ degli anni Sessanta-Settanta. Decenni prima numerose donne reggiane andavano ‘alla monda’ e venivano pagate con un chilo di riso al giorno, che non sapevano come utilizzare, trovandosi così costrette a schiaffarlo dentro l’erbazzone, o nel minestrone. Di sicuro da noi non c’era la tradizione del risotto.” Stefano mi cita un altro indirizzo, ormai chiuso, dove si mangiava la bomba: la Villetta di Cavriago
Sì ma com’è questa bomba di riso?
La bomba è quello che succede al riso se lo dai in mano agli emiliani.
Per preparare una bomba serve uno stampo da ciambella. Generosamente imburrato, viene foderato di fette di prosciutto e poi fette di formaggio, farcito di riso precedentemente cotto e poi condito con burro (sul sito del turismo di Reggio Emilia si parla anche di panna, mozzarella e Parmigiano Reggiano) e cotto in forno per poi venire rovesciato e a volte riempito nel buco con il ragù.
La bomba di riso dell’Arrogant non viene servita come piatto da condividere ma come monoporzione. La preparano secondo la tradizione “povera”, con il solo ragù di funghi porcini secchi, con un ragù di Grigio Alpina macellata da loro, o ancora con quello di cervo. Io l’ho assaggiata proprio con il ragù di Grigio Alpina. “Che bomba” è l’aggettivo che io e il mio compagno utilizziamo spesso per descrivere piatti e vini che ci piacciono ma in questo caso è estremamente adeguato: è grasso al quadrato, al cubo. Ogni forchettata o cucchiaiata, a seconda di quale strumento abbiate deciso di utilizzare per aggredire il vostro apparato digerente, scende lentamente nel vostro stomaco con il chiaro e aggressivo intento di rimanervi, comodamente accoccolata, per ore.
Altre bombe di riso in Emilia
Se avete seguito le cronache della critica gastronomica negli ultimi anni avrete visto che si è fatto un gran parlare dell’Ostreria Fratelli Pavesi vicino Piacenza. Uno dei piatti che li ha resi più famosi è proprio la bomba di riso: preparata per 3-4 persone è farcita con anatra, salsiccia e funghi porcini secchi, o anche con piccione. La propone anche l’Osteria di Santo Stefano di Piacenza. Sul sito del Comune di Piacenza viene citata la ricetta di una bomba di riso, a differenza di quella reggiana, non è ricoperta di prosciutto bensì impanata con il pane. Pare che qui le prime tracce di una ricetta risalgano a fine Ottocento, quando la bomba con piccioni era molto apprezzata dai nobili.
È doveroso anche citare il Savarin di riso di Parma. La ricetta è stata resa famosa dalla Trattoria Cantarelli di Samboseto, provincia di Parma, chiusa nel 1982 ma ancora viva nei racconti degli appassionati di gastronomia che hanno avuto la fortuna di andarci. Mirella e Peppino avevano creato un luogo che era meta di pellegrinaggio per i gourmand internazionali il cui piatto simbolo era proprio il Savarin con funghi porcini secchi, ragù e lingua salmistrata. Ci dispiace non averlo assaggiato? Ovviamente sì. Le ricette familiari parmensi che ho trovato perlustrando l’Internet sembrano prevedere ragù, polpettine e involucri di prosciutto. Se conoscete altre ricette simil-bomba, o altri ristoranti che la preparano, per piacere condivideteceli.
La bomba è quello che succede al riso se lo dai in mano agli emiliani. Proprio come lo Scrigno di Venere la Bomba di Riso sembra uno di quei piatti che la cultura gastronomica contemporanea ha messo da parte. Troppi grassi saturi, troppi carboidrati, troppe ore di preparazione. Troppo tutto. Quanto ci mancano quei tempi in cui ci si poteva abbuffare e ammassare. In cui si esagerava con la spensieratezza di chi quei banchetti pensava di continuare a farli per sempre. Torneremo a fare festa. Torneremo a mangiare bombe di riso.
Nel frattempo, quella dell’Arrogant Pub potete pure portarvela a casa.
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