Il breathwork è un tipo di meditazione che vuole replicare gli effetti dell’LSD tramite la respirazione. Iperventilando per lunghi intervalli di tempo, il soggetto raggiunge uno stato di coscienza alterato. Il breathwork permette di trascendere dal corpo, esplorare vite passate, avere visioni e sentire voci. O almeno, questo è ciò che dicono.
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Gli sciamani e gli swami usano questa tecnica da migliaia di anni, ma la sua versione moderna deriva dalle ricerche sull’LSD negli anni Sessanta. Eroi della contro-cultura come Timothy Leary e Robert Anton Wilson praticavano entrambi questa tecnica, ma il vero fondatore è considerato Stanislav Grof. Grof è conosciuto per i primi studi sull’LSD, specialmente nel campo della “terapia psichedelica”—l’idea secondo cui le sostanze allucinogene aiutano la psicoterapia. Quando l’FBI ha dichiarato guerra alle droghe come l’LSD, Grof ha deciso di concentrarsi su una cosa per la quale non puoi essere arrestato: la respirazione.
Il breathwork di base è semplicemente una respirazione molto, molto veloce, con la quale l’anidride carbonica viene rimossa dal corpo causando un aumento del pH del sangue. Gli effetti vanno dai giramenti di testa, al formicolio, agli spasmi delle braccia e delle gambe. Molti di questi sintomi sono effetti dell’iperventilazione pura e semplice, ma il breathwork aggiunge anche una componente di meditazione guidata. In più, c’è una persona pronta a raccoglierti se sei sul punto di cadere.
In un recente viaggio in India, attaccato alla cassa di un’erboristeria a Gokarna, una piccola città sacra a un paio d’ore di aereo da Goa, ho visto un volantino che pubblicizzava un corso di breathwork. Il corso era tenuto da Franz Simon, che seguiva i metodi di Grof. Simon è un uomo sulla sessantina con un fortissimo accento svizzero, che ha scritto una serie di libri New-Age e ha una passione per l’armonium.
Di solito tiene le sue lezioni all’esterno di una guesthouse, ma il giorno in cui mi sono presentato lì insieme a due escursionisti tedeschi e tre israeliani, si era dimenticato della lezione. Ci siamo messi a bussare alla porta pregandolo di farci entrare.
“Scusate,” ha detto, “datemi cinque minuti.”
Qualche minuto dopo ci trovavamo in camera sua, seduti per terra su dei cuscini. La stanza era caldissima. Franz ha provato ad accendere un ventilatore, ma il motore era praticamente andato e l’unico risultato era che metteva in movimento aria calda. Eravamo tutti sudatissimi.
“Ok, cominciamo,” ha detto Franz.
Ci siamo seduti a coppie, a gambe incrociate e faccia a faccia con uno sconosciuto. La sessione è iniziata con una serie di domande—Chi sei? Che rischi ti assumi per essere felice? Cosa puoi cambiare nella tua vita per essere libero?—e durante il tempo stabilito per le risposte, che sembrava incredibilmente lungo, dovevamo rispondere il più sinceramente possibile.
Dopo ogni domanda, cambiavamo compagno. Le conversazioni avevano lo scopo di preparare la nostra mente a quello che sarebbe successo, di innescare quel meccanismo di inquisizione interna esistenziale, e creare un terreno fertile per il breathwork. Franz Simon girava per la stanza, ascoltando le nostre conversazioni, sistemando il ventilatore e riempiendo bottiglie d’acqua.
Questa sessione di domande e risposte è durata circa un’ora, e ha toccato corde molto profonde in noi. Eravamo dei totali sconosciuti che si stavano confessando i propri desideri, i propri errori, e i propri blocchi. Alcune delle mie risposte mi hanno colto di sorpresa. L’energia nella stanza—forse era l’aspettativa per quello che stava per succedere o forse il calore—in qualche modo ci rendeva più aperti. A farci sentire più vicini e simili c’erano il fatto che eravamo tutti sudati, smarriti, e forse un po’ infelici.
Poi Franz ci ha chiesto di alzarci. Ci ha spiegato che stavamo per entrare nel vivo della parte potenzialmente rischiosa—che i nostri corpi avrebbero potuto cedere e cadere, anche se non gli era mai successo. Quello che avremmo fatto era buttare fuori dai nostri corpi tutta l’anidride carbonica, e questo avrebbe potuto farci irrigidire. Gli esperti di breathwork chiamano questa fase “l’artiglio”: le dita dei mani e dei piedi si paralizzano a mo’ di artigli, e cadi.
Abbiamo cominciato a respirare col naso, al ritmo che dettava Franz, piegando le ginocchia in uno squat ogni volta che espiravamo. Ogni espirazione durava più dell’inspirazione. Abbiamo chiuso gli occhi e abbiamo respirato sempre più velocemente. Era sgradevole, volevo tornare a respirare normalmente. Nella stanza c’era troppo rumore; le gambe mi sono diventate molli e non mi sentivo più le dita. Frank mi si è avvicinato, come se se ne fosse accorto, e mi ha detto di mettermi in ginocchio. Qualche minuto dopo, mi ha fatto sdraiare supino. A un certo punto tutto si è fatto silenzioso, non percepivo altre presenze nella stanza se non quella di Franz. Non ero nemmeno più consapevole di essere nella stanza.
A quel punto Franz ha cominciato a intonare un mantra —you are made of love—ma in stile yodel, gorgheggiando.
Hanno cominciato ad apparirmi sulle palpebre disegni geometrici e figure di animali. C’erano una volpe e una figura che sembrava un elefante e, essendo in India, una vacca.
Poco dopo, Franz mi ha detto di aprire gli occhi. Quando l’ho fatto, ho visto che attorno a me, nella stanza, anche tutti gli altri erano sdraiati. Franz ci ha chiesto quanto tempo pensavamo fosse passato. Sembrava essere passata mezz’ora, ma Franz ci ha detto che eravamo stati sdraiati per 90 minuti.
Abbiamo fatto una pausa gelato, e quando siamo tornati abbiamo ripetuto lo stesso schema di respirazione. Questa volta ho respirato ancora più velocemente e la fase di trance è stata ancora più intensa. A un certo punto vedevo addirittura un lungo tunnel buio, e avvicinandomici, ci sono caduto. Era in tutto simile a quello che ti succede quando prendi una piccola dose di LSD o un funghetto allucinogeno, o quando vai a letto dopo aver fumato troppa erba. Ero in uno stato di trance, ma non era forte: sapevo che sarebbe bastato aprire gli occhi perché passasse. Il potere di questo stato di trance, comunque, stava nel fatto che a provocarla fossero semplicemente una respirazione sempre più veloce e un mantra.
Franz ha accompagnato con l’armonium una canzone conclusiva, poi ci ha svegliati. Aveva la voce rauca, da uomo anziano, ma durante la fase di trance mi era sembrata limpida e dolce.
“Allora,” ha detto, “abbiamo finito. Com’è stato?”
Una ragazza israeliana ha detto di aver sentito vibrazioni in tutto il corpo; un ragazzo tedesco di aver perso la sensibilità nelle braccia, e di essersi sentito come se stesse volando. (“Ci sei andato vicino,” gli ha detto Franz.) A un altro era sembrato che Franz stesse recitando in un’altra lingua. Secondo Franz il tunnel che avevo visto poteva essere una visione della mia rinascita.
Franz ci ha detto che quella che avevamo sperimentato era a malapena un’introduzione al breathwork; le persone che ci si applicano col tempo riescono ad andare molto oltre, arrivano addirittura ad avere visioni delle loro vite passate e a risolvere vecchi traumi. “Capita anche di passare un’intera notte in trance.”
Ho provato altre volte il breathwork da solo, ma senza Franz—senza l’armonium, senza i mantra e il 95 percento di umidità di quella stanza—ho semplicemente respirato fino a essere esausto. E poi mi addormentavo.
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