Perché siamo ossessionati dal calcio anni Novanta

Soltanto una di queste tre citazioni sulla nostalgia è efficace: “La nostalgia è il desiderio di non si sa cosa”; “la nostalgia è la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare”; “la nostalgia è la rovesciata di Mauro Bressan al Barcellona.”

Il gol di Bressan in Champions League viene citato da un fan della pagina FB “Serie A – Operazione Nostalgia”. Si trova in un post del 5 maggio, giorno dell’anniversario della disfatta dell’Inter all’Olimpico contro la Lazio. Il gestore della pagina precisa nel post: “Non ricorderò Gresko, Poborsky e altro perché non c’entra niente con lo spirito della pagina. La nostalgia è un’altra cosa.”

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Su Facebook da qualche mese si vede germogliare un numero sempre maggiore di pagine calcistiche a tema nostalgico. Lo schema è piuttosto semplice: non sono necessari filmati rari o un testo divertente, bastano i nomi e cognomi o la fotografia di una figurina.

Così, se per molte persone Stefan Schwoch può sembrare un’onomatopea, per i nostalgici che gestiscono queste pagine, e per quelli che le seguono, è l’attaccante del Venezia stagione 1997/98. E viene celebrato per nessuna ragione apparente, se non quella di essere Stefan Schwoch.

La memoria uditiva prima e quella visiva poi funzionano in modo immediato, e così mentre su Facebook si naviga a vista home nell’attesa della foto di un’amica in costume a Ischia per il ponte del primo maggio, può capitare che d’improvviso appaia Anselmo Robbiati, con la sua faccia sofferente e dolce, a far decollare la giornata.

Ronaldo a inizio carriera, con la maglia del PSV Eindhoven. Grab via

A vedere l’altissimo numero di utenti coinvolti in queste pagine, sembra quasi che il calcio non si sia fermato soltanto a venti anni fa, ma che la gran parte degli appassionati abbia conservato, in un inconscio collettivo sommerso, gli stessi archetipi: Edmundo che dà una birra a una scimmia, Taibi con la coppa intercontinentale in mano e Marco Sgrò.

Andrea, il gestore di “Serie A – Operazione Nostalgia” ha 28 anni e viene da Milano. “L’idea della pagina,” mi dice, “si è concretizzata quest’estate dopo un’ennesima asta di fantacalcio in cui sono stato costretto a puntare sui ‘sempreverdi’ Klose, Di Natale e Toni. Ho ripensato a quando dovevo combattere con i miei amici per accaparrarmi Batistuta, Ronaldo, Weah, Crespo, Balbo.”

Ma in realtà, tolti i nomi più clamorosi di quella Serie A trapassata, a regnare nella sua pagina sono gli altri. Le seghe e i fenomeni non esistono, esistono soltanto “i calciatori amati”: “Il vero nostalgico si ricorda quante presenze ha fatto Cleto Polonia nella stagione 1996-1997″.

Il metodo di pubblicazione del materiale nella pagina si divide in due fasi: la mattina si festeggia il compleanno di un giocatore del passato, ad esempio Stefano Torrisi, Pinga o Luigi Apolloni, e poi nel pomeriggio si prosegue a braccio, con la formazione del Parma di Ancelotti, Batistuta con le madigan viola e Vieri senza il bastone del selfie.

I giocatori del Parma festeggiano la vittoria in Coppa Uefa nel 1999. Grab via

A leggere i commenti della sua pagina si evoca un calcio pacato, sano, mai passivo-aggressivo. Niente insulti, né risse da bar. Non ci sono dibattiti su quale sia la prima squadra di Roma, sul 5 maggio o sul fallo di Iuliano. L’atmosfera è quella ideale che ci viene in mente quando ripensiamo agli anni Novanta. Un decennio in cui i giornalisti seguivano in treno le trasferte degli ultras, rispettabilissimi insegnanti di scuola durante un’intervista si distraevano cantando “Boia chi molla” e il calcio aveva un altro vocabolario, quello di Pasquale Luiso che atterrato a Londra per giocare il ritorno della Coppa delle Coppe col Vicenza contro il Chelsea disse: “Crossatemi una lavatrice e colpirò di testa anche quella.” Un decennio in cui parlare di calcio, anche all’estero, voleva dire parlare di calcio italiano.

Non è un caso che queste pagine siano nate in coincidenza con gli ultimi squallidi campionati di Serie A, in cui molti tifosi si sono allontanati dal calcio barricandosi nelle curve della propria squadra, o sostituendolo con l’NBA. Quello che prima era condiviso ora è separato, tutti più coglioni e più soli: “giornalisti pennivendoli”, “ultras da tastiera”, “tifosi sul divano” e “giocatori mercenari” di cui nessuno sentirà la mancanza.

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Smettere di seguire il calcio non è facile ma “se prima non mi perdevo una giornata di campionato alla radio,” mi dice Andrea, “adesso ogni tanto mi addormento davanti alla televisione.”

Quando gli chiedo se c’è qualcosa del calcio di oggi che in futuro potrebbe diventare oggetto di nostalgia, qualcosa per cui valga la pena restare svegli, mi risponde: “Il Sassuolo di quest’anno mi ricorda vagamente il Piacenza degli italiani, chissà il Carpi come si comporterà l’anno prossimo in Serie A.”

Poche davvero le similitudini con gli anni Novanta. “Mi viene in mente la stagione 1991-1992, con la finale di Coppa Campioni Sampdoria-Barcellona e la finale di Coppa Uefa Ajax-Torino, o lo splendore malinconico del Padova che acquista Alexi Lalas dopo il Mondiale americano, la Cremonese di Andrea Tentoni o il Vicenza di Guidolin che sfiora la finale della Coppa delle Coppe, trofeo nostalgico per eccellenza.”

Se nella pagina di Andrea la periodizzazione va dalla fine degli anni Ottanta ai primi del Duemila, Francesco ha un altro spettro di ricordi. Palermitano di 56 anni, è il gestore di un’altra pagina nostalgica intitolata “La nostra serie A negli anni ’70“. Il metodo usato è ugualmente asciutto e le immagini sono varie, senza distinzione tra i grandi e i piccoli giocatori.

La descrizione della foto è sbrigativa, il punteggio della partita e a volte i marcatori. Le immagini che pubblica Francesco, soprattutto prese dalle riviste in suo possesso e da foto originali di amici e conoscenti di Facebook, non ritraggono soltanto Haller, Altobelli e Prandelli, ma anche “le formazioni dei semiprofessionisti” con il Bolzano 1977-1978 o quella del Potenza dell’anno successivo.

Anche lui segue il calcio odierno con minore partecipazione, “quella Serie A non tornerà, dovrebbe cambiare la società, ma in pochi decenni, il protagonismo dei calciatori e i troppi interessi economici legati alle vittorie sono diventate il segno di una degenerazione.”


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Quando gli ho chiesto qual è la squadra che secondo lui meglio riassume e rappresenta lo spirito di quegli anni mi ha risposto senza indugiare: “La Nazionale, prima quando giocava era un evento, adesso significa una domenica priva di calcio, un disturbo per i tifosi.”

Sia che si tratti degli anni Settanta o dei Novanta, una cosa sembra certa: il “calcio era meglio prima.” E i motivi non sono dettati da un facile sentimentalismo, ma dovuti al fatto che l’universo del calcio è in espansione e non si può invertire il corso. Non siamo proiettati soltanto verso la miseria sportiva, ma anche verso la solitudine dell’esperienza calcistica. E così, sul divano di casa, ci restano soltanto due cose da fare: sperare domenica dopo domenica che arrivino tempi migliori per la nostra squadra, oppure aspettare sulla nostra home page che Fabio Bilica pari un rigore a Shevchenko.

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