Una volta, da questa parte del mondo il twerking non era altro che una serie di movenze oscure e dall’alto contenuto sessuale che di tanto in tanto affiorava in qualche testo rap. Non faceva parte del linguaggio comune, e solo quelli del giro, gli americanofili assetati di freestyle di Fat Trel e playlist video su World Star Hip Hop, lo usavano con una certa sicurezza.
Poi, dopo che una giovane popstar americana bianca ha shackerato i suoi glutei marchiati Disney Club davanti a mezzo mondo, la parola è esplosa. Nel giro di secondi, Twitter la marcava stretta come le mani di Thicke sulle chiappe di una groupie, e il numero di articoli sull’appropriazione culturale e le gif a tema di Buzzfeed hanno in breve superato le comuni capacità di calcolo.
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I giornalisti hanno sogghignato e si sono fregati le mani in una successione infinita di riflessioni e dibattiti. I lettori, per lo più, si sono chiesti “perché?”. In breve, così, il twerking è diventato l’ultimo prodotto di esportazione americano, la nuova Coca-Cola o “abbasso George Bush.”
Ma quando mi è giunta voce dei campionati inglesi di twerking, ho deciso che era l’occasione perfetta per mettere da parte le cazzate e vedere la cosa coi miei occhi. Anche se non ero sicuro che il twerking rappresentasse un qualche tipo di cultura, o se la Gran Bretagna se ne fosse fatta una a forza di condividere articoli sui social media.
Qualche immagine dagli UK Twerking Championships.L’evento è stato organizzato da Jump Off, nota al suo pubblico per lo più per le rap battle dello Scala. Probabilmente erano stufi di ascoltare ragazzotti con cappellini e varsity in coordinato infilare rime sui genitori dell’avversario, e hanno deciso di creare un’arena in cui la gente si potesse dare battaglia a colpi di sedere.
Lo Scala è uno di quei posti con i metal detector per i concerti dei Decemberists e l’abitudine di far trasferire il contenuto delle bottiglie di plastica di Beck’s nei bicchieroni per ragioni di sicurezza. Il fatto che fossi vestito come il caso umano di una campagna di sensibilizzazione anni Novanta sui pericoli del furto d’auto non mi ha aiutato granché nel guadagnarmi la fiducia dell’MC incaricato della stampa, che ha prontamente annunciato che “nessuno di voi è autorizzato a salire sul palco.” Ma come ci si veste poi per una gara di twerking? Il maglione a righe era a lavare, e ad ogni modo non ero lì per farmi degli amici.
Fortunatamente, il resto del pubblico si era impegnato sul serio. Soprattutto le ragazze, agghindate secondo quello stile post-Rihanna da punk-meets-dancehall-meets-rave. Top corti, leggings a vita alta, borchie, cappellini e t-shirt coperte di slogan erano praticamente la norma. Se fossi uno che scrive “contenuti fashion e lifestyle” direi che mi sentivo in un sogno ad occhi aperti degno di una sequenza di Mad Max, tra adepti di Andre 3000 del ghetto e le loro cyborg dominatrici. Ma dato che non è il mio mestiere, dirò solo che era tutto molto tumblr.
Per fortuna, per quelli arrivati al locale in abiti borghesi c’era questo tipo, il cui incarico era quello di “aiutare a pompare un po’ di swag.” È incoraggiante sapere che c’è una legione di gente che fa soldi sulle ragazzine bene che non vedono l’ora di scambiare il loro filo di perle e i pantaloni da equitazione per quel look da potenziale modella che ha appena scoperto Tupac.
Dentro l’arena le concorrenti avevano iniziato a solleticare l’interesse del pubblico mettendosi in posa di fronte alle telecamere, come piloti di auto sportive nel pre gara intenti a lucidare le carrozzerie e a sistemarsi il casco. È stato anche l’ultimo momento in cui i presenti hanno avuto occasione di osservare le ragazze in un breve momento di tranquillità, prima che tutto lo scala facesse la sua discesa nella follia.
Il pubblico appariva equamente diviso tra uomini e donne, e gli smartphone puntati verso i posteriori sembravano più segno di apprezzamento fisico che non di mercificazione—anche se c’è qualcosa di innegabilmente “problematico” nella vista di teenager in Lycra che fanno ondeggiare il sedere in direzione della fotocamera.
Questo è il “Team Lengman”. A quanto pare, i passamontagna erano necessari a tenerle al riparo da eventuali imbarazzi (nel pubblico c’erano forse anche le mamme?). Il risultato non era male, tanto che qualcuno avrebbe tranquillamente potuto scambiarlo per la linea “paramilitare” frutto di una collaborazione tra RiRi, Johnny Adair e River Island. Una linea per chi vuole avere sempre e comunque un bell’aspetto anche mentre gambizza uno spacciatore.
Osservando da una certa distanza gli sviluppi dell’evento, mi domandavo se le gare di twerking potessero in qualche modo diventare una competizione sportiva a livello internazionale. Forse succederà quanto successo con la disco, partita dall’underground, adottata dai fashionisti, atterrata nel mainstream e divenuta fenomeno globale per poi stagnare nei locali dimenticati dal mondo e, anni dopo, rivivere nelle playlist YouTube create da ragazzini con la nostalgia per la musica su cui i genitori li costringevano a ballare durante i matrimoni di famiglia.
E ovviamente mi domandavo dove le performer avessero imparato tutte quelle mosse. Impotente, mi sentivo come in una di quelle commedie romantiche a tema danzereccio che otturano i palinsesti nelle mattine estive. Stavo assistendo al culmine di anni di sforzi, sogni e speranze? O era soltanto un evento architettato per cavalcare l’onda?
Ma arrivati al clou dell’evento, non c’era centimetro in me che nutrisse ancora qualche dubbio. Le prime a esibirsi sono state le coppie, le cui performance ricordavano molto la crew di Janet Jackson in “Rhythm Nation” in una brutta manifestazione del Ballo di San Vito. Facevano balzi, spaccate, si dimenavano e facevano vibrare qualsiasi cosa.
Anche il pubblico sembrava completamente catturato, e allungava il più possibile le braccia per sventolare i cellulari in segno di approvazione. In quel momento, lo Scala era l’esperienza più vicina al video di Christina Aguilera in cui da adolescente sognavo di fare da comparsa.
A giudicare le esibizioni c’era un team di esperti di musica e danza. Non sono riuscito a sentire i loro nomi per via del frastuono, ma includevano la donna che ha coreografato il video a tema twerking di Lily Allen, un tizio che ha lavorato per una catena di strip club di Las Vegas e un altro componente del music biz che aveva collaborato con “nomi molto grossi.”
Ho avuto come l’impressione che più che l’esperienza fosse stata la disponibilità il criterio di selezione di questi individui, messi lì più per dare l’idea di competizione che esprimere veramente pareri, un po’ come i finti giudici alla fine dei giochi di pugilato sulla playstation.
Le concorrenti erano un mix abbastanza eterogeneo del sottobosco londinese, a cui si aggiungevano una ragazza di Manchester e una lituana buttante in mezzo per equilibrare il tutto. Ad ogni presentazione dell’MC, le esultanze del pubblico rivelavano le preferenze. Il South London si è aggiudicato il maggior numero di applausi, mentre in coda, come prevedibile, è finta la lituana. A Vilnius non c’è amore per il twerking.
O forse, semplicemente, non c’è twerking, dato che le sue movenze ricordavano più quelle di un leone appena uscito da una pozza d’acqua.
Aspetto interessante, la musica non era quella tradizionalmente associata al twerking. Nonostante il DJ offrisse alle concorrenti la possibilità di scegliere tra “bashment o hip hop” quasi tutte prediligevano il primo. Forse ero di fronte a una declinazione britannico-carnevalesca del fenomeno. Un po’ come quando il Royal Ballet decide di esibirsi su musiche contemporanee.
Ricapitolando, cosa ho imparato? Ho imparato che quando la musica viene riprodotta ad alto volume in un luogo chiuso denominato locale, alcune persone muovono il proprio corpo in una maniera che si accorda al ritmo della canzone. Spesso queste persone sono ragazze, talvolta ragazzi. E a volte questi ultimi cercano di coinvolgere le prime in un ballo a due. Altri bevono.
Ovvero, essenzialmente, non ho imparato alcunché. È una cacchio di mossa a ritmo di musica. Cosa avrei dovuto imparare? La macarena ci ha forse insegnato qualcosa sulla realtà degli immigrati ai tempi dell’America di Clinton? Qualcuno ha imparato qualcosa sulla Spagna post-franchista grazie alle Las Ketchup? Non credo.
Cercare risposte a quesiti di genere e razza durante una competizione di twerking è come cercare il senso della vita a un concerto degli Iron Maiden. Non ci caverete nulla. Apprezzatelo per quello che è: un modo di ballare.
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