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‘Castlevania’ è solo l’inizio di un nuovo esperimento di Netflix

Se si segue il catalogo Netflix, appare chiaro l’immenso sforzo che l’azienda sta facendo per produrre sempre più contenuti nuovi ed esclusivi. Visto il numero di serie — e, di conseguenza, di idee — che vengono lanciate ogni mese, ha del tutto senso che Netflix decida di andare a scavare nel mirabolante reame dei videogiochi, da sempre in possesso di un ottimo numero di idee interessanti da rielaborare anche per il piccolo schermo.

Sentite qua: un ragazzo scopre di essere il discendente di un adepto della setta degli assassini e rivive i ricordi del suo antenato per trovare un artefatto antico e potentissimo. Avvincente, no? Ma per ora rimandiamo le discussioni su Assassin’s Creed —del quale comunque è stata già annunciata la messa in cantiere di una nuova serie animata — perché Netflix ha pubblicato da pochi giorni le prime 4 puntate di una serie di animazione sul classico del videogioco Castlevania.

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Per chi non lo conoscesse, Castlevania è un franchise nato nel 1986 e che ha prodotto decine di titoli tra serie originale e spin-off usciti nel corso degli anni. In questo caso, l’idea narrativa alla base è molto più semplice: Dracula è tornato dopo 100 anni e toccherà a qualcuno della famiglia Belmont andare a sconfiggerlo e metterlo a nanna per altri 100. Nel capitolo in particolare raccontato nella serie di animazione (il terzo, uscito nel 1989) Trevor, ultimo erede della famiglia Belmont, si trova ad affrontare un’orda di demoni scatenati da Dracula, alleandosi lungo il suo cammino con Sipha la maga, Grant il pirata e Alucard il… bè, vampiro.

Lo scrittore della serie animata, Warren Ellis ha dato inizio al progetto nel 2007 insieme a Koji Igarashi, coproduttore del videogame, e solo nel 2015 Netflix ha annunciato di aver affidato la produzione ad Adi Shankar (lo stesso che lavorerà anche alla serie ispirata ad Assassin’s Creed).

Il risultato di questa intuizione è approdato sui nostri schermi il 7 luglio di quest’anno, con ben 4 puntate da 22 minuti l’una, per circa 90 minuti di materiale totale. È questa la prima cosa che salta all’occhio: rispetto alla durata media di un anime, la prima “stagione” di Castlevania sembra più che altro un grosso prologo a quella che sarà poi la missione vera e propria di Trevor Belmont e compagnia, — infatti è solo alla fine della serie che vediamo il gruppo comporsi in maniera definita.

Il sapore che lascia questa ora e mezza di animazione vampiresca è sicuramente misto

L’impressione che Castlevania sia soprattutto un esperimento preliminare per il colosso dello streaming è restituita anche, in un certo senso, dalla veste visiva del prodotto: lo stile dei disegni appare come uno strano mix di influenze giapponesi e americane, ricordando in alcuni tratti prodotti non proprio nobilissimi dell’animazione moderna, tipo certe serie per ragazze adolescenti.

Le prime impressioni sulla serie non sono proprio rassicuranti, specie quando si arriva a considerare il livello di scrittura — verboso quanto poco approfondito nel delineare i caratteri dei personaggi.

Il sistema sembra un po’ arrancare, cosa ancora meno gradevole da percepire se accade verso l’inizio dell’opera — il momento e che dovrebbe almeno in un certo modo lanciare la trama o perlomeno farla risultare interessante da subito.

Il problema del riprodurre troppo fedelmente i punti chiave narrativi di un gioco come Castlevania è che rischiano di essere deboli per una serie animata. Certo, siamo tutti affezionati al meccanismo classico della quest “vai in paese – prendi la missione dal saggio – vai alle catacombe – torna dal saggio col trofeo”, ma è chiaramente un processo che, specie in questi momenti preliminari della costruzione narrativa, non fa altro che appesantire.

Al motivo della furia di Dracula, in realtà nobile e quasi giustificabile, viene dedicata infatti solo la prima puntata, mentre quelle dopo sembrano avere semplicemente servire all’introduzione dei gregari e delle loro relative storie, fallendo nell’imprimere da subito una direzione precisa alla serie di eventi che più avanti si andranno (presumibilmente) a dipanare.

Tuttavia, la serie non fallisce nel tentativo di dare un minimo di speranza agli affezionati del videogame: risulta interessante il modo in cui si è scelto di descrivere la personalità di Trevor, protagonista meno nobile del previsto e in alcuni casi decisamente antieroico, doppiato nella versione Inglese dall’attore inglese Richard Armitage (noto ai più per il ruolo di Thorin Oakenshield nella trilogia di Lo Hobbit).

Intenzioni palesi. Screenshot via YouTube

Trevor risalta soprattutto in contrasto all’idea di eroe senza macchia che si aveva al cospetto della sua controparte pixellosa, con la quale risultava forse meno facile rapportarsi. Inoltre, anche se il design generale dei personaggi lascia a desiderare, le animazioni dei combattimenti sono fluide e dettagliate, rendendo gli scontri piuttosto appaganti da vedere. L’uso dell’elemento gore, infine è diffuso in maniera grottesca e quasi “ludica” ma poco utile al fine di veicolare la sensazione di terrore di fronte alla minaccia dell’esercito di demoni.

Il sapore che lascia questa ora e mezza di animazione vampiresca è sicuramente misto: non c’è dubbio che Castlevania sia innanzitutto un ibrido, un esperimento tra le grandi produzioni Netflix, i titoli che hanno fatto la storia dei videogiochi e una rielaborazione dello stile anime, la scuola d’animazione forse più conosciuta al mondo e che, storicamente, si è sempre presa molte libertà di stili e di temi anche all’interno del canone più o meno rigido del fantasy.

L’idea che Castlevania possa contribuire a introdurre un tipo di animazione per adulti più simile agli anime anche negli Stati Uniti è stata confermata ufficialmente dal produttore Fred Seibert, mentre a pochi giorni dall’uscita dei primi quattro episodi, è stata annunciata per luglio 2018 la produzione di una seconda stagione (o prima, se questo conta come prologo).

Eppure, per essere un esperimento, forse Castlevania non osa quanto potrebbe con gli elementi che mette in gioco.

C’è da sperare che questa uscita di soli 4 episodi acquisti maggiore ragione di esistere con uno svolgimento più organico della trama e più coerente visivamente.

Alla fine, comunque, vedere dei contadini che cercano di tirare giù un lungo tratto di intestino dal loro tetto mi fa pensare “Beh, a Netflix avrebbero potuto fare un seguito di Girlboss, diciamo che mi è andata bene”.