La mappa del punk a Milano è qua sotto, ma puoi anche ordinare quella vera stampata e supportare il lavoro di Dario, che l’ha disegnata.
Ogni sottocultura ha i suoi luoghi. Una delle parti più esaltanti quando si è giovanissimi e si decide di abbracciare una sottocultura è andare a vedere con i propri occhi uno di questi luoghi e ritrovarsi circondati da persone come noi, sentirsi capiti, sentirsi a casa. Nel caso del punk italiano, ci sono tante piccole “mecche” sparse per tutto lo stivale, e alcune di queste sono a Milano.
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Il capoluogo lombardo è stato all’avanguardia nel periodo d’oro dell’hardcore nei primi anni Ottanta, quando in via Correggio 18 è nato uno dei primi centri sociali occupati propriamente punk, il Virus. Alcuni posti sono stati mete di pellegrinaggio di punk da tutta Italia per anni e anni, come la fiera di Sinigaglia sui Navigli, o lo storico negozio di dischi Zabriskie Point. Oggi, di tanto in tanto, in una cantina minuscola in zona Darsena, in un negozio riconvertito su viale Monza o nella ex-cella frigorifera di un ex-macello vicino a Porta Vittoria, i punk continuano a partecipare a riti collettivi che riaffermano la forza e la rilevanza di una cultura che non ne vuole sapere di adeguarsi allo status quo.
Dario “Thunderbeard” Maggiore, che nel punk milanese ci ha passato gran parte della sua vita suonando (nei Fiftyardsmore e nei La Crisi), organizzando concerti, producendo fanzine, volantini, grafiche per i dischi, e che negli ultimi anni ha fondato la convention di artisti punk Filler, qualche giorno fa ha pubblicato una fantastica mappa illustrata che sarà presto disponibile anche in formato poster. Qui, i punti cardine della città non sono più il castello Sforzesco o il Duomo, ma il CS Leonkavallo o il negozio di dischi Psycho. Consultarla è un viaggio nella storia del punk a Milano, nostalgico per chi c’era e affascinante e istruttivo per chi non ha potuto vivere alcuni di questi luoghi. Abbiamo contattato Dario per approfondire la storia di questo lavoro.
Noisey: Se dovessi prendere tre luoghi chiave da questa mappa e spiegare la loro storia, quali sceglieresti?
Dario: Non è facile scegliere tre posti né spiegare la loro storia. Posso però fare – a fatica – una selezione e spiegarti la mia storia in quei luoghi. Il primo in assoluto è The New Zabriskie Point, un negozio di dischi che c’era in Via Santa Maria Valle, in una piccola traversa di Via Torino, e prima in Galleria Passerella. La realtà milanese punk l’ho vista per la prima volta un sabato pomeriggio nel 1995 quando mio fratello, Mayo, che all’epoca cantava nei Sottopressione, mi portò a fare il “giro dei dischi” che comprendeva le tappe Zabriskie/Psycho (che all’epoca stava ancora in via Molino delle Armi) e la bancarella del Cattaruzza in Fiera di Sinigaglia.
Zabriskie però, delle 3 tappe, era anche per questioni topografiche il punto di ritrovo per eccellenza della scena punk-hardcore-skin milanese. C’erano persone che il sabato per trovare tale disco punk, di tale band sotto tale etichetta, faceva chilometri dall’hinterland, prendeva il treno e a volte attraversava un paio di regioni per arrivarci. Era l’epoca in cui, se abitavi lontano, dovevi alzare prima telefono per sapere se era reperibile un disco e poi il culo per recuperarlo. Stiv Valli—che possedeva anche l’etichetta TVOR—non era solo un commerciante. Era un cultore del genere, curioso ed esperto. Sapeva indirizzarti su un ascolto appena gli davi due indicazioni. Diversi dei dischi e cd che ho regalato agli amici me li ha consigliati lui. Quando ha chiuso, anni più tardi è stata dura. Una grande perdita per il punk milanese.
“C’erano persone che il sabato per trovare tale disco punk faceva chilometri dall’hinterland, prendeva il treno e a volte attraversava un paio di regioni per arrivarci.”
Poi c’era Riot Records di Corrado “Riot” Gioia, in viale Monza, all’altezza della M2 Pasteur e al T28. Un altro negozio di dischi nella quale ho passato molto tempo, specialmente durante le mattine in cui marinavo scuola. Grazie a Corrado e alla sua Riot Records, l’omonima etichetta discografica, ho potuto pubblicare il mio primo lavoro in studio con la mia vecchia band, i Fiftyardsmore e suonato diversi concerti importanti in alcune di queste location come ad esempio il Tunnel di via Sammartini da spalla ai Karate, il Deposito Bulk di via Niccolini con Hot Water Music. Personalmente, mi sento di citare il Leonkavallo: con i Fiftyardsmore ho suonato da supporto ai Girls Against Boys poi ci ho visto i Fugazi (il mio gruppo preferito) nel 1998 nel durante il tour di End Hits. Inoltre, nel 2003, fu la luogo del primo concerto in assoluto dei La Crisi, la band fondata da mio fratello con la quale ho suonato fino allo scioglimento nel 2017. Anche se Dauntaun non c’è più da anni—uno spazio dedicato ai piccoli concerti punk/hardcore allestito nei sotterranei del centro—il Leonkavallo è tuttora un centro sociale vivo e vegeto.
Di cosa che possiamo ritrovare in questa mappa senti la mancanza in questo periodo di isolamento?
L’isolamento è relativo perché da quando ho due figli non sono molto attivo nella “scena”. Guardando al passato, mi manca il non riuscire ad avere tempo ed energie per andare a vedere un concerto, magari senza subirne i postumi il giorno dopo. Mi manca tutto ciò che era lo “sharing analogico”, il prestarsi i dischi, copiarseli, fare compilation su cassetta da portare agli amici quando ti beccavi ad un concerto e addirittura dimenticarsi a chi avevi prestato un CD. Tutte queste cose capitavano in questi luoghi perché facevano parte del modo di socializzare dell’epoca. Potrei sbagliarmi, complice la nostalgia che ti fa vedere i vecchi tempi migliori di quanto realmente lo siano stati, ma penso di aver avuto la fortuna di vivere un momento bello della scena milanese quando ancora i concerti in città erano ben frequentati e il calendario era veramente florido di eventi interessanti. Purtroppo gli ultimi concerti che ho visto c’erano i soliti quattro gatti e se non era la band hype del momento era quasi sempre un buco nell’acqua in termini di audience.
“Probabilmente i ventenni entusiasti che organizzano i concerti troveranno assurdo che noi, alla loro età, andavamo ad ‘attacchinare’ di flyers e manifesti fotocopiati locali, sale prova, negozi e pali della luce.”
Dal punto di vista di una persona che ha vissuto la scena punk e hardcore anche in epoche diverse, riesci ancora a interessarti a quello che succede e seguire la scena contemporanea o trovi che ci siano un linguaggio, un modo di fare le cose diversi da quelli in cui sei cresciuto tu?
Le cose sono molto cambiate ma è anche vero che io non sono più lo stesso fruitore di una volta. Tenersi aggiornati sulla “scena” attuale, sui nuovi gruppi e sui concerti è molto più facile di allora. È giusto che il linguaggio cambi a seconda di chi sta in prima linea. Probabilmente i ventenni entusiasti che organizzano i concerti troveranno assurdo che noi, alla loro età, andavamo ad “attacchinare” di flyers e manifesti fotocopiati locali, sale prova, negozi e pali della luce.
Personalmente io trovo che questo periodo in cui non ci si può vedere e non si può vivere la comunità in modo normale possa servire anche a resettare in un certo senso la situazione. Guardarla con distacco, da ferma, e capire che cosa si può migliorare, che cosa si può abbandonare, su cosa è necessario lavorare. La tua mappa aiuta anche in maniera molto visiva a fare un conto di cosa c’era e non c’è più. Vorresti vedere una Milano Hardcore diversa da quella che vedi nel 2020, o hai dei consigli per chi ha meno esperienza di te?
La mappa è un’illusione ottica. È un’immagine che converge tutta una serie di ricordi “positivi”. Considera che io non ho mai organizzato un concerto e ho vissuto la scena suonando e assistendo ai live. Quindi le considerazioni che faccio sono personali e viste da “fuori”. Ci sono due realtà da considerare: la prima è che moltissimi di questi posti sono nati e poi morti nell’arco di 40 anni. Alcuni non sono manco mai esistiti contemporaneamente. Quindi l’impressione è “Cazzo! A Milano c’era tutto questo! Che posto della madonna (madonnina!)”. Mica vero! Non sempre quantomeno.
Penso che ci si siano sempre stati dei “dispetti”—fatti magari senza malizia o forzati da questioni organizzative—tra le varie venue e organizzatori dei concerti. C’è sempre stata una “sana” concorrenza, come è naturale che sia e questo spiega, ad esempio, la sovrapposizione dei concerti nella stessa sera nei primi anni 2000, cosa che capitava abbastanza frequentemente. La “scena” Milanese quindi sembra unita vedendo la mappa ma non sempre son state rose e fiori. Forse la cosa che unisce quella che si può considerare “scena” sono proprio i ricordi di chi ci è stato, a chi ha contribuito attivamente e resisitito durante tutti questi anni. Perciò, augurandomi di tornare a vedere qualche concerto e, perché no, suonando con una nuova band, spero che questa mappa stimoli chi è tutt’ora in prima linea nell’organizzazione dei live o a chi porta avanti le iniziative punk, a lavorare con maggiore sinergia, ad essere più coesi sebbene si gestiscano location differenti anche se, giustamente, ognuno deve pensare alla propria baracca. Una visione romantica e molto hardcore il concetto “STAY UNITE”, però noi milanesi, forse, abbiamo troppo la tendenza a farci i cazzi nostri illudendoci di fare un favore agli altri.
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