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Com’è lo Champagne della LIDL che costa 13,99 euro?

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Per l’occasione non mi sono risparmiato: ho coinvolto degli amici, ho servito la bottiglia alla ‘cieca’ per evitare pregiudizi, ho usato dei calici importanti e adatti a una degustazione (salvo poi pentirmene)

Nelle mie giornate per un calice di champagne – c minuscola il vino, C maiuscola l’omonima regione francese da cui deve obbligatoriamente provenire – c’è sempre tempo. E anche per una bottiglia intera: unica condizione, che sia gradevole. È con questo approccio, mentre online ancora non si è spenta l’eco degli articoli su scarpe, ciabatte, gin, che ho affrontato lo champagne della Lidl, a marchio ‘Comte de Senneval’. 

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Sul web c’è chi lo decanta, fra giudizi personali e informazioni, anche tecniche, sbagliate. In questa recensione, ad esempio, lo definiscono un grand cru: in questo caso le uve dovrebbero venire soltanto dai 17 comuni della Champagne che tradizionalmente erano valutati 100 centesimi nella scala dei cru, ora abolita; qui, invece, è indicato come premier cru. Insomma, un po’ di confusione, online, c’è.

Il prezzo, 13 euro e 99 centesimi, è certo invitante per il consumatore, come da stile della casa. E, scavando un po’, si scopre che anche chi lo produce avrebbe tutte le carte in regola. Spoiler alert: alla prova dei fatti, almeno per me, l’esperienza non credo sarà ripetuta.

Comprare champagne economici al supemercato

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Comprare uno champagne senza saperne molto non è facile. Nella grande distribuzione si trovano abitualmente le etichette d’ingresso delle grandi maison (Moet Chandon, Mumm, Veuve Clicquot), con prezzi fra i 22 e i 30 euro. Gli champagne dei piccoli produttori, i cosiddetti Récoltant manipulant, difficilmente arrivano nei supermercati; nelle enoteche i prezzi per asporto possono partire dai 27-28 euro e online spesso si trovano offerte interessanti, su siti specializzati come Glugulp

Un passo indietro: bevo spesso champagne, e ne bevo tanto. Generalmente scelgo quello di piccoli produttori, in prevalenza giovani, che stanno trasformando una delle regioni vitivinicole più famose del mondo con un approccio alla coltivazione della terra più sostenibile e attento. Come tutti gli appassionati, però, ho bevuto i vini di grandi maison, dalle etichette base a quelle più prestigiose, dalle uscite recenti ai vintage più datati. Anche per questo, quando ne ho scoperto l’esistenza, mi sono incuriosito. L’assunto da cui è partita l’idea di assaggiarlo è stato semplice: quando si parla di champagne industriali, che escono dalla nicchia dell’artigianato e che non ambiscono alle vette delle cuvee più prestigiose, veri e propri oggetti di lusso, uno champagne come quello della Lidl ha qualcosa da invidiare ai prodotti d’ingresso di marchi blasonati? La risposta a questa domanda non è necessariamente univoca. Anche perché a produrre lo champagne della Lidl, alla prova dei fatti, è una storica maison. 

Ma com’è davvero lo champagne della LIDL?

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Per l’occasione non mi sono risparmiato: ho coinvolto degli amici, ho servito la bottiglia alla ‘cieca’ per evitare pregiudizi, ho usato dei calici importanti e adatti a una degustazione (salvo poi pentirmene). La bottiglia si apre bene, versandolo nel bicchiere il perlage – o detto più prosaicamente, le bollicine – è importante, come giustamente ci si può aspettare da un vino di questo tipo, e il colore ha dei bei riflessi oro rosa che tradiscono una buona percentuale di uve a buccia nera. Il naso non è particolarmente espressivo, la nota che spunta maggiormente è quella di crosta di pane, tipica dei lieviti selezionati, con uno spunto di fragola. Il primo assaggio non è sgradevole: fra il freddo del vino appena tirato fuori dal frigo e il dosaggio, decisamente più alto di quelli a cui sono abituato e verosimilmente nella parte alta del ‘brut’, ovvero meno di 12 grammi di zucchero per litro. Freddo e zucchero nascondono i difetti e il sorso scorre abbastanza piacevole con una punta di acidità da piccoli frutti rossi che lo sostiene fino a metà palato. Anche gli amici coinvolti, in prima battuta, non storcono il naso.

Fra una chiacchiera e l’altra, però, arriva il momento del secondo bicchiere e arrivano anche i primi guai. Appena prende un filo di temperatura, ovvero quando si riscalda un pochino, questo Comte de Senneval peggiora di netto. La bolla diventa più stanca e meno fine, il vino si sfibra e diventa stucchevole. Senza scendere sul fronte tecnico e parlare di fermentazione malolattica, il gusto che più gli si avvicina è quello di yogurt magro alla fragola con le bolle. 

Come ogni degustazione che si rispetti, ritappo la bottiglia con uno stopper e con gli amici passiamo ad altro, mentre io mi riservo un secondo round il giorno seguente, per sentire come il vino evolva. Per l’occasione cambio calice, scegliendone uno meno tecnico e più stretto. Il minor contatto con l’ossigeno aiuta sicuramente la bevuta. La bolla si disperde meno, il decadimento dei profumi è meno marcato.

Servitelo freddo, tenetelo in ghiaccio e riesumate quei cari vecchi flut che fanno tanto anni ’80

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Ma chi lo fa questo champagne? Le etichette, a volerle leggere, raccontano tante cose: innanzitutto è indicato che si tratta di un MA (marque auxiliaire), ovvero uno champagne che un produttore realizza su commissione per farlo etichettare a qualcun altro. Non esiste dunque nessuna tenuta che si chiami Comte de Senneval, né Lidl possiede o compra uva in Champagne per crearlo. A creare questo vino, partendo dai classici ‘trois cépages’ della regione, ovvero pinot noir, pinot meunier e chardonnay, è la Maison Burtin ad Epernay. Si tratta di parte del gruppo Lanson-Bcc, che al suo interno ha alcuni dei nomi più noti della denominazione, come Philipponat, o come la stessa Lanson, che è nata nel 1760. Maison Burtin, oltre a lavorare per alcuni dei principali nomi della grande distribuzione europea, crea anche lo champagne Alfred Rothschild, che nei Carrefour francesi costa 18,75 euro. Vista così, in fondo, Comte de Sennaval sembra quasi un affare.

Quindi cosa penso di questo champagne della Lild? Si tratta di una bottiglia senza impegno e di poche pretese, com’era in fondo intuibile. A portarla a un appassionato, non farete una gran figura e anche sugli scaffali dei supermercati per quel prezzo potete trovare qualche metodo classico italiano che vi darà più soddisfazioni: rimanendo sul fronte dei prodotti industriali, in Franciacorta ci sono Contadi Castaldi e Vezzoli, mentre dal Trentino arriva Ferrari.

Al tempo stesso, però, se vi piace l’idea di uno champagne, con qualche accortezza potreste anche cavarvela: servitelo freddo, tenetelo in ghiaccio e riesumate quei cari vecchi flut che fanno tanto anni ’80, ma che sono perfetti per vini che fanno dell’effervescenza e dell’immediatezza le loro caratteristiche principali. 

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