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I rapper possono farsi pagare per i balletti di Fortnite?

balletto fortinite chance the rapper

Qualche mese fa, Chance the Rapper ha pubblicato un messaggio polemico su Twitter in cui accusava il videogioco Fortnite di appropriarsi illegalmente delle mosse di danza create dagli artisti hip-hop. Per chi non fosse pratico del gioco, durante una partita a Fortnite, i giocatori possono acquistare i cosiddetti “emote,” o mosse di ballo, che i loro avatar utilizzano per esprimersi sul campo o per comunicare con altri giocatori. Molti di questi “emote” sono chiaramente ispirati alle mosse celebri dei videoclip rap e poi diventate virali. Tra gli esempi più famosi, la “Milly Rock dance” di 2 Milly, la “shoot dance” di Blocboy JB e il “Gangnam Style” di Psy – i cui nomi ovviamente non compaiono da nessuna parte all’interno del gioco.

Nel suo tweet, Chance punta il dito contro il videogioco per aver sfruttato il lavoro di “artisti e creativi di colore che hanno creato e reso celebri queste mosse senza mai pagarli” e suggerisce di “inserire in sottofondo le canzoni rap che fruttano così tanti soldi” – lasciando intendere che in questo modo il videogioco potrebbe rendere il giusto compenso agli artisti in cambio dell’utilizzo delle mosse.

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Bisogna chiarire fin da subito che i balli in questione sono tra i pezzi forti del gioco che, essendo gratuito, trae profitto esclusivamente dalla vendita degli add-on all’interno dell’app, come emote e skin per gli avatar. E non parliamo di qualche spiccio: dal momento del lancio lo scorso anno, il gioco ha generato oltre un miliardo di dollari di profitto e potrebbe raggiungere i due miliardi nel 2019.

Nella cultura hip-hop contemporanea, una mossa dance virale può rivelarsi fondamentale per il successo di un pezzo. In certi casi, un ballo è inequivocabilmente legato all’artista che l’ha reso celebre, come è successo con la “shmoney dance” di Bobby Shmurda nella hit del 2014 “Hot N****” e con “Watch me (Whip/Nae Nae)” di Silento che tutti i fan hanno imitato sui social. Grazie a questa associazione diretta, anche poche mosse possono rapidamente evocare nell’immaginario comune un determinato artista o una canzone, diventando in qualche modo un’estensione del brand per il rapper o l’artista in questione.

Eppure, il caso Fortnite evidenzia che gli artisti devono ancora capire come proteggere i passi di danza protagonisti dei loro video dall’utilizzo libero e selvaggio da terze parti, a fini commerciali. Sia 2 Milly che Blocboy JB hanno espresso pubblicamente il loro dissenso all’utilizzo degli “emote” su Fortnite, sollevando una questione: è possibile proteggere legalmente le mosse di danza create da un individuo?

Nonostante i casi simili siano molto pochi, probabilmente con argomentazioni legali ben studiate, qualcuno potrebbe riuscire a proteggerle legalmente. Dopo tutto, Michael Jackson riuscì a brevettare negli USA il suo famosissimo moonwalk, tratto dal video di “Smooth Criminal,” dimostrando che era stato lui stesso a inventare la scarpa che l’aveva reso possibile. Ma i brevetti, si sa, sono molto costosi (anche i più semplici possono arrivare a costare migliaia di dollari) e difficili da ottenere; per ottenerlo, tra l’altro, il prodotto deve presentare un altissimo livello di novità ed esclusività, che nel caso degli “emote” potrebbe essere difficile da dimostrare, non essendo la danza collegabile a invenzioni tecniche o scientifiche. D’altro canto, però, i balli di cui Fortnite si è appropriato indebitamente potrebbero essere considerati prodotti creativi, a cui si applicherebbero più facilmente altre normative nel quadro giuridico.

Il copyright permette agli autori di opere letterarie, musicali, visive e altre produzioni artistiche di proteggere le loro creazioni dallo sfruttamento commerciale altrui. Lo statuto americano sul copyright definisce espressamente la coreografia come forma di espressione che può essere protetta, a differenza dei singoli movimenti. In questo senso, un “emote” può essere paragonato a una nota musicale, che diventa oggetto di copyright solo se associata ad altri elementi singoli per creare una composizione più complessa. Nel caso di emote più lunghi, come quelli che comprendono più di una mossa, si potrebbe intentare un caso per violazione del copyright. Considerando che quasi tutti gli emote durano solo pochi secondi, una causa per violazione di copyright si rivelerebbe una battaglia estremamente ardua.

A prescindere dalla durata, però, è innegabile che ogni “emote” evochi il personaggio che ha creato quella mossa: infatti, sia i fan che gli artisti hanno immediatamente riconosciuto le proprie mosse all’interno del videogioco.

Fortnite, tra l’altro, non è il primo a sfruttare questo fenomeno a proprio favore. In uno spot TV di Pizza Hut, i testimonial Antonio Brown e Juju Smith-Schuster fanno la mossa di Blocboy JB, conosciuta come “shoot dance.” Ai fini legali, il fatto che ci sia un’associazione diretta tra la mossa e l’artista, in particolare da parte dei consumatori, è fondamentale. Se il consumatore non riesce a identificare chiaramente chi c’è dietro un prodotto o a capire se un personaggio pubblico ha sponsorizzato quel prodotto oppure no, l’artista potrebbe avere più possibilità di vincere la causa ed essere effettivamente definito come parte lesa in seguito all’appropriazione.

https://youtu.be/ecGt4Et-CBk

Il marchio registrato e il diritto all’immagine (che nei Paesi anglosassoni si chiama right of publicity) tutelano un brand – anche nel caso di artisti e celebrità. Inizialmente, i marchi registrati si applicavano soltanto a parole o loghi, ma la gamma di formati si è espansa recentemente, con l’avvento di strategie di marketing sempre più innovative da parte di brand e artisti. Per esempio, oggi i marchi registrati includono colori (il verde Tiffany), suoni (il “dlin” di NBC), e anche movimenti (il modo in cui si aprono le portiere delle Lamborghini, parallelamente all’auto e verso l’alto).

Per ottenere il marchio registrato, un prodotto creativo deve avere la cosiddetta “capacità distintiva” ed essere quindi inconfondibile, ben riconoscibile tra tanti. Nonostante ci siano pochissimi movimenti registrati sul registro statunitense, una mossa di danza resa nota da un artista specifico potrebbe rientrare in questa categoria. Come succede in ogni ambito legale poco esplorato, ottenere una registrazione o ipotizzare una violazione potrebbe essere difficile per gli artisti, ma sicuramente remunerativo.

Inoltre, molti stati hanno leggi molto estese sul “diritto all’immagine e allo sfruttamento dell’immagine,” che si applicano anche a qualsiasi elemento caratteristico della persona, come il nome, l’aspetto, l’immagine o la performance, permettendo agli individui di prevenire la commercializzazione di questi elementi.

In linea generale, se un artista sostiene di aver reso così famosa una mossa di ballo al punto da renderla sinonimo del proprio brand, l’appropriazione commerciale (in pubblicità, o videogiochi) potrebbe violare il diritto all’immagine dell’artista stesso. Nel caso istruito dalla Corte Suprema del 1977, per esempio, a un uomo dell’Ohio è stato riconosciuto il diritto di tutela della propria performance di 15 secondi in cui si esibisce come uomo-cannone.

Ovviamente, non ci sono garanzie sul fatto che perseguire queste strade legali possa portare ai risultati sperati e che all’artista venga riconosciuta la proprietà sulle mosse, ma forse anche la minaccia di una causa legale potrebbe comunque bastare per mettere pressione a chi di dovere, spingedoli a regolarizzare la propria posizione. Per quello che può valere, 2 Milly ha dichiarato che sta esplorando le opzioni legali a sua disposizione. Non c’è dubbio che la commercializzazione manifesta di queste mosse di ballo sia ingiusta, ma ad oggi, il panorama legale è ancora troppo inesplorato per dare certezze. La speranza è che in futuro, con la crescita e l’evoluzione di questi nuovi fenomeni e formati creativi, anche la conversazione legale in materia di appropriazione artistica possa evolversi e adeguarsi alla situazione contemporanea.

Jessica Meiselman è avvocato e scrittrice, lavora a New York. Seguila su Twitter.

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La versione originale di questo articolo è apparsa su Noisey USA.