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Che cos’è il Tamango, il “drink allucinogeno di Torino”

L’articolo è stato originariamente pubblicato il 22 gennaio 2016. Nella notte del 15 ottobre 2017, un 16enne di Torino è stato ricoverato in ospedale poco dopo aver bevuto un bicchiere di Tamango con degli amici. Le cause del malore sono ancora sconosciute, ma sono in moltissimi a ricollegare il caso alla somministrazione del Tamango.

Update 16/10/2017: secondo quanto riportato da alcuni quotidiani torinesi, tra cui La Stampa, il tamango sarebbe stato la causa di un ricovero d’urgenza la notte scorsa.

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Torino è un gran bel posto: si vive bene, si mangia bene e si beve bene. Non lo dico perché ci sono nato e cresciuto e poi l’ho dovuta abbandonare in preda alle grinfie del mondo del lavoro, è davvero così. Il suo unico problema è che, da alcuni anni a questa parte, dopo il calar del sole si trasforma in una giungla urbana in cui non c’è assolutamente nulla da fare.

Per questo, il passatempo preferito dei giovani torinesi è bere, ed è sempre per questo che Torino è indubbiamente l’avanguardia più sofisticata nel mondo per quanto riguarda il settore delle bevande alcoliche.

Tra le mille diavolerie partorite dal reparto brevetti piemontese per la sbronza—prima fra tutte: l’amaro San Simone, la più preziosa eredità lasciataci dai Savoia—, oggi è finito sotto i riflettori inglesi e italiani il Tamango, quello che dovrebbe essere un infuso di un particolare tipo di erba che, nelle leggende tramandate dalla movida torinese, sarebbe capace di garantire effetti allucinogeni.

Tutto inizia con un articolo pubblicato ieri sul sito della BBC, firmato da un italiano, che racconta la storia della “risposta italiana all’assenzio.” L’articolo, benché a tratti un po’ sensazionalistico, riesce nell’incredibile impresa di fornire informazioni puntuali sul mistero del Tamango e di Les Arcades, il locale che lo serve. “Il drink è un mix di alcol e un’infusione di piante e radici,” spiega Elena di Lorenzo, la proprietaria del locale, alla BBC “dopo aver viaggiato in giro per il mondo abbiamo scoperto diverse piante e radici che venivano mescolate nelle bevande per ravvivare matrimoni, funerali e altri eventi. Ogni pianta e ogni radice hanno uno scopo e un effetto diverso”.

Il cocktail deve il suo nome al romanzo omonimo di Prosper Mérimée, pubblicato nel 1829.

“Il Tamango, un preparato di alcune piante e radici africane, prende il suo caratteristico colore rosso dalle foglie di Hibiscus, che, secondo Di Lorenzo, innesca un senso di euforia e di voglia di ballare in chi lo beve,” continua l’articolo della BBC. Il gioco è fatto: il mercato italiano delle sostanze stupefacenti legali ha un nuovo competitor, e il prodotto viene immediatamente quotato nella borsa mediatica nazionale con previsioni di toni da guerra al Krokodil.

“L’effetto che dà è soggettivo, è un super alcolico con un’altissima gradazione. Ti dà una sbronza molto decisa che sale rapidamente, e non decade sopratutto—è consistente. Rispetto alle altre sbronze, è molto prolungata nel tempo e può durare anche un’intera serata,” spiegano due clienti del locale ai microfoni di Repubblica. “Retrogusto complesso, il mio fegato mi odia un po’: però tutto sommato… Ne riparleremo fra una mezz’oretta probabilmente,” aggiunge un collega dei primi.

Il mistero del Tamango è, nei fatti, un vero e proprio mistero: non c’è modo di sapere cosa effettivamente contenga la bevanda senza avere una reale lista degli ingredienti sotto gli occhi o senza portarne un bicchiere all’antidroga. La cronostoria dell’internet italiano è costellata di tentativi di fare chiarezza sulla questione, “Il Tamango è un cocktail, una cosa simile all’assenzio, molto forte fatto con la radice di una pianta africana che ha gli stessi principi attivi della canapa: color rosso amaranto, va servito con ghiaccio—Ha effetti allucinogeni e un gusto molto persistente. Gli ingredienti del Tamango sono segreti, ma si crede che sia fatto da tamarindo, mango e alcol puro più il principio attivo preso dalla radice della pianta africana,” spiega AmanitaMuscaria, utente di un forum il cui URL corrisponde a un rassicurante “it.discussioni.droghe.”

“Qualcuno dice che dentro vi sia tamarindo e mango, alcool puro e una strana radice africana, con il principio attivo della canapa…”

“Non è nella scarna lista drink del locale, se non sai cosa chiedere non lo assaggerai mai. Nessuno sa gli ingredienti. Qualcuno dice che dentro vi sia tamarindo e mango, alcool puro e una strana radice africana, con il principio attivo della canapa…” Spiega Odin, utente del forum Naruto Addestramento Ninja (sic), “Quel che è certo sono gli effetti del Tamango. Dovrebbe fare sui 70 gradi, il gusto è quasi insopportabile all’inizio, l’odore sorprendentemente delicato. Sconsigliato a chi non è abituato a bere. In poco tempo ci si abitua, il battito cardiaco aumenta, il corpo si accende, ma non stordisce. Impossibile non esser presi dall’euforia, le percezioni si acuiscono e a volte si distorcono. Niente nausea da alcool, niente confusione da canapa, i “benefici” di entrambe e forse altro ancora. Lievi effetti allucinogeni, stupore,” conclude.

I tentativi di spiegare la reale natura del Tamango sono tanti, ma le certezze invece sono ben poche. Ciò detto, sono rimasto piuttosto sorpreso dai toni usati per parlare di questa bevanda, in primo luogo perché, al di là della giustissima aura mistica che vi fluttua attorno e in cui riconosco un bel folklorismo, è piuttosto estemporaneo pensare davvero che un drink che nei fatti viene descritto come psicotropo possa essere venduto apertamente per così tanto tempo—36 anni. Cosa pensereste se in Italia, anno domini 2016, il locale sotto casa vendesse al bancone del tè al Kratom?

Il grosso problema del mistero del Tamango, è che spesso e volentieri le testimonianze dei locali non trovano riscontro in quelle dei forestieri di passaggio per il locale di Torino: io stesso, sopravvissuto fino alla maggiore età solamente grazie all’eco del mito del Tamango, una volta provato—anche più di una volta—non sono riuscito a provare questi effetti stordenti miracolosi che vengono invece citati dalla BBC, “Andrea, un ventottenne, ricorda di aver passato due ore a correre dietro a un cane in un parco dopo averne bevuto più di uno,” o ancora, “Tullia, in una sera di ormai 10 anni fa, dopo aver bevuto il suo terzo Tamango in una serata ricorda di essere saltata fuori da una macchina in movimento in cerca di una fontana, di essersi addormentata lì e di essere poi scappata da un ospedale su una sedia a rotelle.”

Deciso a voler condurre un’inchiesta indiretta per scoprire i veri effetti del Tamango, mi sono rivolto al gruppo WhatsApp dei miei amici di Torino. Questi i responsi.

Mi sembra tutto abbastanza chiaro—Il Tamango, per quanto avvolto da una coltre di mistero e misticismo, non sembra essere nient’altro che un alcolico molto forte: da provare, certo, ma ben lontano dagli effetti allucinogeni che molti millantano di aver provato.

C’è da dire, però, che la saga degli “infusi naturali” italiani è piuttosto ricca: a Roma, per esempio, vive il mito del Bar Stella, in cui il suo proprietario ‘Gargamella’ sarebbe solito a preparare intrugli erboristici dagli effetti miracolosi—La ritualità del Bar Stella ricorda molto la nebbia mistica che fluttua attorno al Tamango, in particolare nella descrizione che Valerio Mattioli scrive in un articolo a riguardo:

“Allora. Qui si servono delle bevande a base di fermentazioni e acqua ionizzata. È tutta roba naturale, che non provoca dipendenza, non ha alcun tipo di controindicazione, ed è perfettamente legale”. Scandisce bene le parole, il tono è pacato, e il discorso fila lento. Più che una descrizione del prodotto sembra l’annuncio di qualcosa di estremamente importante e grave. È una cosa seria, vuole lasciarci intendere. Noi, in silenzio, ascoltiamo.

“Esistono tre tipi di cocktail: cocktail bianchi, cocktail rossi e cocktail… neri. Io faccio solo cocktail bianchi. Uso prodotti erboristici, vale a dire radici interne e esterne. Niente roba animale, quindi la bevanda va bene pure per i vegetariani. Dovete sapere che, ad esempio, i cocktail neri usano elementi di derivazione animale. Ma io non faccio cocktail neri, quindi il problema non si pone”.

Comincio a capire qualcosa: la distinzione tra i diversi tipi di cocktail rimanda inevitabilmente alla triade magia nera/magia rossa/magia bianca. Ma non posso credere che il parallelismo sia voluto. Almeno per il momento.

Il barista, che a un certo punto si presenta col nome di Gargamella (…), ci spiega che questi cocktail vanno affrontati con attenzione: esistono varie gradazioni e vari livelli (in pratica, capisco io, si va da effetti blandi a effetti più consistenti). Ovviamente si comincia col livello più basso. Prima però si deve fare un test: a seconda di come va questo test, lui preparerà un cocktail secondo le nostre caratteristiche. In tutto esistono novantotto livelli: a ogni nuova “bevuta”, che dovrà essere – sottolinea lui – a scadenza settimanale, si sale di livello. Se si salta una settimana bisogna ricominciare dal livello precedente. A un certo punto, questi livelli si differenziano, ramificandosi in due tronconi: il livello sex e il livello hard (a quel punto fa una riga sul quaderno, traccia due ramificazioni, su una scrive “hard”, sull’altra “secs“). Poi, via via che si arriva verso il novantottesimo, si può cominciare ad affrontare argomenti quali l’io (!), il superio (!!), il subconscio (!!!), il trascendentale (!!!!), l’anima (!!!!!!!!!!) eccetera. Ma questo è un processo lungo: con un gruppo che ormai lo frequenta da due anni si è forse arrivati a questo punto, per il resto, già da prima del novantottesimo livello, si può cominciare a parlare di “aura”, o per dirla con lui di “aurEa”. “La vedete quella ragazza che sta la fuori?” ci fa. “A quella gli abbiamo acceso l’AUREA”. “Ah”, facciamo noi, annuendo convinti.

In conclusione, per quanto il mistero del Tamango continui a essere tale e per quanto non possa che fare piacere che una pagina così particolare del folklore torinese arrivi sulla BBC, non si può dire con certezza che il Tamango sia il “drink allucinogeno da sballo” che tutti stavamo aspettando, principalmente perché le testimonianze a riguardo sono spesso troppo discordanti, e sopratutto perché è piuttosto improbabile che un intruglio psicotropo scappi alla legge per ben 36 anni. In ogni caso, andate a bere il Tamango e sopratutto andate a Les Arcades, è un bel posto.

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