Duecento. Tondi tondi. Sono i servizi che rimangono a Dani Garcia, da cuoco tristellato. Perciò, cari gastrofissati (no, gourmet non si dice), avete circa un anno esatto per programmare un viaggio per la soleggiata Marbella, a sud della Spagna, e godervi la cucina dello chef originario di Malaga. Che vivrà ancora 11 mesi con i tre macaron rossi sul petto. Che forse non ha chiuso subito solo per salvare il record di Gerard Huber, l’uomo che ha mangiato in tutti i 3 stelle Michelin del mondo. Se no sai che figuraccia.
Il 22 ottobre 2019 Dani Garcia smonterà baracca e burattini, sia che Huber sia venuto a Marbella, o meno. E tramuterà, come d’incanto, il ristorante dell’Hotel Puente Romano in una più accessibile steakhouse, specializzata in hamburger. “Realizzato il sogno della terza stella, vorrei diffondere la cucina andalusa in giro per il mondo, attraverso una formula più accessibile per tutti”, è il messaggio estrapolato da, più o meno, tutti i siti spagnoli, dalla lunga intervista rilasciata dallo chef a Lavanguardia. Tradotto in cifre: si passa dai 220 euro del degustazione a uno scontrino medio di 40/50 euro.
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“È impossibile ripetere tutto questo. Una volta che hai raggiunto quest’obiettivo, devi riflettere: che cosa c’è più di questo?” chiede Dani Garcia alla sua brigata e al suo staff, in un video pubblicato sul suo profilo Twitter. “Ho passato vent’anni qui, di sofferenza, di pena, di tutto. Quello che abbiamo fatto, non potremo riviverlo un’altra volta, anche se prendessimo tre stelle in giro per il mondo. Quello che abbiamo sofferto e ottenuto rimane nel nostro cuore e nella nostra testa, ma non ci sarà mai un’altra prima volta”.
Parole che rispondono piuttosto bene ai dubbi e all’incredulità del mondo Michelin e degli addetti ai lavori, scossi dall’apparizione tristellata più breve della storia della Rossa. Sì, perché Dani Garcia ha conquistato la terza stella durante la presentazione della guida 2019 in Spagna e Portogallo, il 21 novembre scorso, a Lisbona.
Una decisione puramente personale, non dettata dalla mancanza di motivazioni o nuovi progetti, che non ha proprio nulla di scandaloso. Ma non tutti la pensano così. In Spagna, dopo la chiusura di un mostro sacro come Carmen Ruscalleda, che a 60 anni ha chiuso il suo ristorante vicino Barcellona, è scoppiato un altro caso. Ansia da prestazione? Senso di appagamento? Come mai i migliori chef spagnoli abbandonano le stelle? Nessuno sa, nessuno vuole credere alla normalità, perciò la disperazione dell’universo gastronomico spagnolo si è rifugiata in Ferran Adrià, che tutto sa e tutto conosce. “Una volta che si vince la Champions, si può anche decidere di lasciare”, vota per la despedida all’apice, il sommo Ferran.
Michelin sorride al pensiero che un ristorante che abbia ottenuto il riconoscimento più alto, possa diventare una steakhouse. Ma, forse, il gesto di coronare e lasciare in serenità una carriera nell’alta ristorazione con la terza stella, dovrebbe inorgoglire la guida francese.
O, forse, è più contemplabile suicidarsi, al pensiero di veder minacciata quella fatidica terza, come ‘Il Perfezionista’, Bernard Loiseau, nel 2003? Meglio rifiutarle come ha fatto Sebastien Bras, stanco di stress e pressione, o come fatto a suo tempo da Marchesi, in Italia, in protesta a critiche e stelle. Oppure, riconsegnarle con garbo ed eleganza, come fatto da questi chef gallesi, per motivi familiari. Una sorta di fantomatica giustifica scolastica, per non dover sottostare alla pressione o al giudizio altrui.
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