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Qual è il prezzo del successo nell’America del 2018?

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È morto XXXTentacion e nei prossimi giorni la discussione sarà divisa in due fazioni.
Quelli che faranno prevalere il suo valore artistico sulle cose orrende che ha fatto, e quelli che faranno prevalere le cose orrende che ha fatto sul suo valore artistico. Penso che una cosa non escluda l’altra: che ci siano fior di testimonianze a dimostrare che fosse decisamente una brutta persona, ma che allo stesso tempo sia anche stato un artista dotato e originale, con una poetica e un percorso personalissimi, uno che ha lasciato il segno e che probabilmente avrebbe potuto fare ancora molto di più (era spaventosamente giovane).

Non so dire cosa dovrebbe prevalere, anche se di fronte a una morte è normale che entri in gioco soprattutto la pietà umana. Quello che però questa dicotomia rischia di fare scomparire è il quadro più ampio della situazione.

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Se proviamo a distanziare un attimo il nostro punto di vista e ad allontanarci dai singoli casi e dalle
loro colpe personali, siamo di fronte alla seconda morte di un certo peso ad avvenire, in circostanze diversissime, tra gli esponenti di un certo ambiente. E il timore è che possa tranquillamente non essere l’ultima. Anche in Italia qualcuno ci è andato vicino.

Violenza, droghe, problemi psicologici, ossessioni. Quella trap è una scena artisticamente molto creativa che coglie in pieno lo spirito del tempo e riesce a far risuonare determinate corde nei coetanei in tutto il mondo. Ma a quale prezzo? Questi giovani artisti che fanno arte a partire dal loro profondo disagio e da vite non facili rischiano di diventare gli agnelli sacrificali di una società malata, e per quanto possa essere significativo e interessante osservarlo da un punto di vista esterno, seguire le loro evoluzioni e come trasformino questo disagio in arte, forse è anche necessario farci qualche domanda in più.

Abbiamo letto tante riflessioni e infiniti longform su come questi ragazzi fossero un’espressione cristallina della società senza valori in cui sono cresciuti, dove vigono le leggi del più forte, del più ricco, del più cattivo, del cane mangia cane e tutto il portato post-capitalista nel quale siamo talmente immersi da non riuscire neanche a immaginarne uno diverso (“è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo”, scrive Mark Fisher). Ed è ancora più inquietante in questo senso vederne morire un paio nel giro di pochi mesi.

XXXTentacion ha accoltellato una persona per difendere la madre quando aveva sei anni, ha passato l’infanzia e l’adolescenza lontano dai suoi genitori, tra povertà e istituzioni carcerarie, ha avuto per tutta la vita problemi con la giustizia e con l’autorità. Ha fatto cose orribili, inscusabili, ed è diventato un mostro, ma, come scrive l’amministratore di Kanye Leftposting, non è nato mostro, lo è diventato.

Se non vogliamo essere delle persone di merda e commettere lo stesso errore di chi se la prende con gli extracomunitari a partire da singoli casi di crimini o violenze, dobbiamo riconoscere che XXXTentacion è cresciuto in una società che non offre nessun appiglio a chi cresce in un contesto di minoranza e di povertà, e lo trascina quasi inevitabilmente verso la violenza, o per lo meno in un contesto in cui è molto più difficile allontanarsi da essa che non abbracciarla. Questo non scusa l’uomo e le sue azioni, che condanniamo per l’ennesima volta, ma è importante che si torni a pensare a delle soluzioni, a fare qualcosa perché si possano migliorare contesti sociali devastanti in cui crescere lontano dai problemi è difficilissimo, anche per chi ha la fortuna di avere molto talento. Lo dobbiamo alle migliaia di ragazzi che in questo momento stanno crescendo nelle stesse condizioni di disagio, a contatto con violenze di ogni tipo, e che molto difficilmente riusciranno a sottrarsi a un destino già scritto.

Come facevamo notare in un’analisi di qualche tempo fa, quella che più riesce a parlare ai ragazzi di questi tempi è una musica, di cui noi siamo i primi fan e nella quale siamo i primi a cogliere qualcosa, “che corre dritta verso il baratro […] i cui temi sono esclusivamente scopare, fare soldi e esserne ossessionati, la fama, e stare male”. Viviamo in una società post-capitalista che uccide i suoi figli, anche quelli più famosi e più dotati, figuriamoci gli altri di cui non si parla.

Federico è su Instagram.

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