
Un esempio di quello che si può trovare nei gruppi fascisti su Facebook
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Da quanto posso vedere, Facebook in Italia ha alcuni trend persistenti. Alcuni sono decisamente innocui e ridicoli, come il proliferare dei BUONGIORNO su immagini di merda, oppure tazzine di KAFFE’ postate a ogni ora del giorno; altri, invece, sono decisamente più fastidiosi—e qui mi riferisco alle pagine e ai gruppi che invocano il Dvce e sognano di tornare nel Ventennio.
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Di quest’ultimo aspetto ne avevo parlato tempo fa proprio su VICE, quando mi ero immerso in quella porzione del social network che ho definito “FascioFacebook.” Rispetto ad allora, non è cambiato poi tanto; e nonostante le ripetute segnalazioni degli utenti e l’attenzione dei media mainstream, il fenomeno non si è per nulla placato: in certi gruppi continuano a girare fotomontaggi “romantici” con il faccione di Mussolini che si staglia sul tramonto, bufale di ogni tipo e razzismo spicciolo, il tutto controbilanciato (di tanto in tanto) dalle trollate dei “comunisti.”
Tuttavia, c’è un motivo se ritorno sull’argomento: negli ultimi tempi gli inquirenti hanno iniziato a prendere di mira alcuni gruppi, e ad agire di conseguenza.
Lo scorso marzo, al termine di un’inchiesta coordinata dalla procura di Varese, 13 persone attive nel gruppo ” VESSILLI NERI” (sottotitolo: “boia chi molla”; più di 1000 iscritti) sono state denunciate per apologia di fascismo e violazione della legge Mancino sull’odio razziale. Tra gli indagati sono finiti anche gli amministratori, oltre a “professionisti, piccoli impreditori ma anche operai,” tutti facilmente identificati perché postavano con il loro nome e cognome.
Nel gruppo, si legge in un articolo di un quotidiano locale, “gli indagati avrebbe spiccato per ferocia: dai forni riaperti praticamente per tutti, ai barconi affondati, agli insulti veri e propri con tanto di istigazione a compiere violente azioni dimostrative.” Gli amministratori, in particolare, non solo “avrebbero favorito lo sfogo” degli iscriti, ma “averebbero del tutto ‘scordato’ di moderare gli interventi eliminando quelli più violenti.”
Qualche giorno fa, invece, un 35enne di Bergamo è stato denunciato—sempre per apologia di fascismo—dalla polizia postale. L’uomo è il creatore del gruppo “DVX NOBIS,” che contava su centinaia di iscritti, e l’indagine è partita da Imperia “a seguito della denuncia di un utente del social network che si è ritrovato per caso nella pagina piena di immagini inneggiati al Duce.” E non solo: secondo le cronache, la polizia starebbe conducendo “ulteriori accertamenti a carico degli utenti che hanno aderito al gruppo.”
La notizia di queste denunce—e delle possibili conseguenze per gli iscritti—ha comprensibilmente gettato nel panico gli utenti di altri gruppi, ben più numerosi dei due colpiti. Su ” Il ‘DUCE Benito MUSSOLINI’ a differenza dei nostri politici Italiani” (più di 10mila iscritti), un utente ha lanciato l’allarme:
Mentre un altro ha postato questa immagine di “sfida”:
Subito dopo l’inchiesta della procura di Varese, inoltre, il giornale di destra Il secolo d’Italia si era meravigliato che qualche magistrato si fosse permesso di applicare la legge. Nell’articolo—intitolato Siamo in guerra, ma per la Procura di Varese il pericolo è l’apologia di fascismo —l’autore scrive che “mentre tutta Europa trema di fronte al terrorismo […] è sorprendente constatare che la ‘minaccia’ venga solo da alcuni siti su Facebook.”
Per chi si occupa di queste cose, invece, le autorità starebbero facendo anche troppo poco. Dopotutto, nonostante il monitoraggio costante delle rete, è realisticamente impossibilmente bloccare i gruppi e le pagine che diffondono certa spazzatura. A livello normativo, poi, la legge Mancino fissa dei paletti ben precisi, ma è stata pensata per un’altra epoca storica e mostra tutti i suoi limiti; una sua modifica però – stando a quanto mi aveva detto l’avvocato Fulvio Sarzana—potrebbe addirittura costituire “un pericolo,” data la “la natura incerta dei reati di opinione.”
Certo: ogni tanto qualche pagina davvero grossa chiude (come “I giovani fascisti italiani,” che era arrivata a oltre 100mila fan), oppure partono le denunce. Peccato che basti mettere “Il duce” sulla barra di ricerca di Facebook per avere un risultato del genere.
Il punto è che—come ha sostenuto Manuela Caiani, ricercatrice e autrice del saggio Web Nero—pagine, gruppi e siti “vengono chiusi di continuo, [ed] è difficile avere una mappa costantemente aggiornata,” e di conseguenza valutare appieno la portata del fenomeno. Questo è dovuto anche al fatto che “i social media sono la nuova frontiera” dei movimenti di estrema destra, i quali “li utilizzano molto bene e sempre di più.”
In un questo senso, un’altra riflessione da fare è che questi gruppi nostalgici sono anche quelli più relativamente facili da colpire, visto il loro livello di rozzezza. Organizzazioni come CasaPound e Forza Nuova fanno propaganda online in un modo molto più sottile, e soprattutto non punibile a norma di legge. Parlo, ad esempio, del proselitismo sui gruppi cittadini (i famigerati “Sei di [città] se…”), oppure della irrefrenabile moltiplicazione di associazioni connesse e collaterali ai partiti “ufficiali.”
Per il resto, di sicuro qualche denuncia e la chiusura di una manciata di gruppi non cambieranno un granché. Ma è sempre bene ricordare a certi individui che postare una .jpeg sgranata di Mussolini con frasi apologetiche può avere delle conseguenze spiacevoli—così come può averle un saluto romano fatto durante una partita di calcio, come ha recentemente stabilito la Corte di Cassazione.
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