“Abbiamo testato una classe di modelli olografici sui dati delle osservazioni dell’universo primordiale e abbiamo scoperto che questi competono con il modello standard della materia oscura fredda.“
L’articolo, firmato da un team di ricercatori italiani, inglesi e canadesi e pubblicato su Physical Review Letters è diretto fin da subito: un modello olografico per descrivere il nostro universo è possibile e sembra avere la stessa precisione dell’attuale teoria cosmica.
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In totale opposizione con le ultime “teorie del tutto”, come quella delle superstringhe che prevede che la materia sia composta da minuscole corde vibranti in uno spazio di 11 dimensioni (10+1, 7 in più dello spazio 3D a noi noto senza contare la dimensione temporale), il modello olografico prevede che lo spazio sia descrivibile utilizzando solamente due dimensioni (più il tempo).
“ L’idea alla base della teoria olografica dell’universo è che tutte le informazioni che costituiscono la ‘realtà’ a tre dimensioni – più il tempo – siano contenute entro i confini di una realtà con una dimensione in meno” spiega Claudio Corianò, ricercatore dell’Infn e professore di fisica teorica dell’Università del Salento che ha firmato l’articolo. Il modello olografico dell’universo è noto alla comunità scientifica sin dagli anni novanta, ma ad oggi mancavano le conferme sperimentali necessarie ad accreditare il modello. Qualche anno fa si era tornati a parlare della questione: il modello nel 1997 del fisico teorico Juan Maldacena dimostra che svolgendo i calcoli con la teoria olografica in un particolare spazio, chiamato anti-de-Sitter, allora la teoria quantistica dei campi e quella gravitazionale sembrano sovrapporsi perfettamente. Il problema fondamentale è che il nostro universo non è uno spazio anti-de-Sitter e per questo si è dovuto aspettare fino al 2015, quando Daniel Grumiller (TU Wien) e il suo team di ricerca hanno dimostrato che il principio è valido anche nel nostro tipo di universo (il problema fondamentale è che l’universo anti-de-Sitter ha una curvatura negativa, mentre il nostro è piatto o addirittura incurvato positivamente, il che spiegherebbe l’espansione).
Lo studio si è focalizzato sui dati che si celano nella radiazione cosmica di fondo ( Cosmic Microwave Background Radiation o CMBR), il segnale che, principalmente sotto forma di microonde, permea l’universo dall’evento del BingBang e che ne è diretta conseguenza. Come si legge nell’articolo, le simulazioni tridimensionali di alcuni modelli della quantum-field-theory nell’ipotesi del modello olografico riescono a predire su larga scala la CMBR e potenzialmente spiegare le apparenti anomalie.
Se questi risultati saranno comprovati in futuro, potremmo aver trovato il vero modello del nostro universo e riuscire, una volta per tutte, a conciliare la teoria gravitazionale (e quindi la relatività) con la teoria quantistica dei campi. Una (vera) teoria del tutto.
Siamo davanti a uno di quei casi in cui la fisica supera la fantascienza, aprendo scenari che sono difficili anche solo da immaginare: dovremmo accettare di vivere in un’illusione sensoriale perenne, un gioco della natura che come nel cinema 3D dà profondità ad una superficie piatta. Nel frattempo la tecnologia delle immagini olografiche in questi anni sta producendo risultati davvero interessanti. Basti pensare a Mr Lei Wang (Australian National University’s) che ha creato il device olografico con la risoluzione più alta mai raggiunta ispirandosi al mondo di Star Wars e al messaggio olografico della Principessa Leia per Obi Wan Kenobi. Vogliamo parlare delle “Fairy Lights” (letteralmente: luci fatate), una tecnologia giapponese (dal genio di Yoichi Ochiai della Tsukuba University) che sfrutta laser al femtosecondo (un milione di miliardi di volte più piccolo di un secondo) ad alta frequenza per creare degli ologrammi a mezz’aria che interagiscono al tocco umano, che possono essere “toccati”. Una tecnologia del genere invaderebbe qualsiasi area della vita quotidiana, dal lavoro alla svago (immaginiamo solo le conseguenze nell’industria del porno, che da sempre è all’avanguardia con la tecnologia).
Nel disegno, il tempo scorre da sinistra verso destra. All’inizio, nella zona olografica, l’immagine è sfocata in quanto spazio e tempo non sono ancora propriamente definiti. Alla fine di questa fase l’universo è entrato nella “fase geometrica”, rilasciando (circa 375mila anni dopo) la radiazione cosmica di fondo. Le informazioni impresse in questi segnali contengono informazioni sul primissimo universo.