Dopo il panel su come filmare una buona scena di sesso anale, ma prima dell’invasione di palco che ha spinto Lil Wayne a chiedersi se fosse “morto e finito in paradiso”, i protagonisti e il pubblico degli AVN Awards si sono confrontati con il concetto di morte come realtà e termine ultimo.
Solitamente gli “Oscar del porno“, che si sono tenuti sabato sera all’Hard Rock Casino di Las Vegas, non sono sede di considerazioni metafisiche. Ma questa volta è stato molto diverso. Chiamato sul palco a ritirare il premio come regista dell’anno, Greg Lansky—fondatore di Tushy, Vixen e Blacked Studios—ha detto solo un veloce grazie prima di invitare il producer Kevin Moore a parlare al suo posto. La moglie di Moore, la pornostar August Ames, si è tolta la vita il 5 dicembre 2017, a 23 anni.
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“Sono a disagio, qui,” ha detto Moore, producer per gli studios Evil Angel. “Sono a disagio con gli applausi perché, onestamente, non me li merito. L’ho delusa. Ho deluso la sua famiglia. E devo convivere con questo dolore. Ma il fallimento non è più un’opzione. Non ci deve più essere una serata degli AVN Awards in cui ricordiamo giovani donne morte.”
Moore non faceva riferimento solo a sua moglie, ma anche a Shyla Stylez, Olivia Nova e Yurizan Beltran, tutte morte negli ultimi tre mesi. Quando una quinta giovane donna, la 23enne Olivia Lua, è morta in rehab il 18 gennaio, Moore ha twittato: “Sta diventando un’emergenza.”
Nel suo discorso Moore ha anche annunciato il lancio di The August Project, in memoria di sua moglie, che, dice, sarà “una rete di supporto fatta su misura per chi lavora nel settore.” Ha anche risposto a chi aveva criticato sua moglie online, e c’è stata una vera standing ovation quando ha detto: “È il tuo corpo. È la tua scelta. Né agenti, né producer, o società, né sicuramente i social media decidono cosa devi farci.”
La morte di Ames è stata collegata fin da subito ai social media. Il 3 dicembre la donna era stata vittima di un’ondata di cyber-bullismo dopo aver twittato: “A chiunque mi rimpiazzerà domani per @EroticaXNews: giusto perché tu lo sappia, stai girando con un uomo che ha fatto porno gay. Posso dire solo questo… Agli agenti importa davvero chi rappresentano?… Io tutelo il mio corpo.”
Il tweet ha aperto una frattura nell’industria. Da una parte, quelli che pensano che gli attori dovrebbero sempre poter avere l’ultima parola in merito a con chi fare sesso. Dall’altra, chi crede che la posizione di Ames—quella per cui gli uomini che fanno sesso anche con gli uomini avrebbero più probabilità di contrarre l’HIV e altre MST, rispetto a quelli che girano solo porno etero—perpetui un mito omofobo.
La rabbia nei confronti del suo tweet è venuta sia da dentro l’industria, sia da fuori.
In un post sul suo blog pubblicato meno di una settimana dopo la morte di Ames, Moore ha scritto: “Voglio che sia chiaro: è il bullismo che l’ha uccisa.” Moore si è scagliato in particolare contro due persone. La più nota è la pornostar Jessica Drake, che aveva twittato il suo sostegno ai colleghi LGBTQ: “Performer, davvero, scopate chi volete scopare… ma se eliminate delle persone in base alla loro partecipazione a film gay o crossover, vi sbagliate.”
Moore ha anche fatto il nome di Jaxton Wheeler, performer che si identifica come pansessuale, e che il 5 dicembre aveva twittato ad Ames: “Il mondo aspetta che ti scusi o ingoi del cianuro. Oppure ci pensiamo noi.” Wheeler non lo sapeva, ma a quel punto August era probabilmente già morta. Ha pubblicato l’ultimo tweet a mezzanotte esatta del 4 dicembre: “fuck y’all.”
Anche se non c’è un legame evidente tra le morti di queste cinque pornostar—alcune sono state suicidi, altre overdose, e di altre la causa è ancora da confermare—la prossimità temporale ha aperto numerosi interrogativi. Uno tra tutti: l’industria sta proteggendo come dovrebbe le sue attrici più giovani e vulnerabili?
Fan e performer hanno indossato per tutta la settimana della AVN Adult Entertainment Expo—che precede gli Oscar—le magliette commemorative di August Ames, mille delle quali pagate e distribuite da Moore. Alcune dicevano “Never Forget” mentre altre, in riferimento al suo ultimo tweet, “Fuck Y’all”.
In privato, molti performer hanno espresso preoccupazione per le conseguenze psicologiche di un’onnipresenza sui social media necessaria a coltivare la propria fanbase. Dopo le ultime morti, Tasha Reign—che lavora nel porno da otto anni ed è presidentessa dell’Adult Performer Advocacy Committee—mi ha detto che secondo lei c’è “un’ombra che si allunga sull’industria del porno. I miei colleghi provano una solenne tristezza.”
Reign ha spiegato che gli attori—soprattutto le donne—si sentono spesso “soli e alienati” per gli abusi che subiscono sia sui social media sia quando cercano di accedere a servizi pubblici come banche o sanità. “Non importa che tu sia una prostituta di strada, una escort o un’attrice porno che lavora alla luce del sole, il modo in cui il mondo e soprattutto l’America ci trattano è terribile,” dice. “Dire cose orribili sulle ‘puttane’ e ‘quei disgustosi pezzi di merda’ che sono le pornostar è lecito. La società non permetterebbe che succedesse a nessun altro, ma per qualche ragione assurda a noi sì.”
Reign sostiene che sia necessario un programma di sostegno per le giovani donne che si avvicinano all’industria del porno, e portare l’età di accesso da 18 a 21 anni, ma sa che è difficile sapere come reagiranno i singoli individui allo stigma collegato alla professione. “Non so come dire alle ragazze che mi contattano via email che sì, amo il mio lavoro, e mi piace quello che faccio, ed è una grande parte della mia identità, ma no, non posso consigliare di farlo se non conosco la tua situazione mentale,” dice.
Mike Stabile della Free Speech Coalition si dice d’accordo sul fatto che la discriminazione sia un motivo per cui gli attori non accedono alle cure mediche, e suggerisce una somiglianza con la situazione della comunità LGBTQ nel secolo scorso. “Se fossi andato da un professionista della salute mentale e gli avessi detto: ‘Sono depresso,’ ti avrebbe risposto, ‘Be’, è perché sei gay, e finché non guarirai da questa malattia non andrai da nessuna parte’,” mi ha detto. “Se chiedi ai sex worker, fanno davvero fatica a parlare di depressione o di problemi di dipendenze, o anche solo di una gamba rotta. I medici dicono, ‘Non potrai mai essere felice con questo lavoro.’ E penso che sia questo che spinge le persone a non chiedere aiuto.”
Kevin Moore ha detto che spera che The August Project aiuti i performer ad avere accesso ai servizi di salute mentale, e ha informato il pubblico dell’AVN che ci sarà “una risorsa dedicata, perciò se mai vi troverete sull’orlo del precipizio, basterà una telefonata per avere aiuto.”
Per Riley Reyes, “Una delle sole cose positive emerse da questi tragici eventi è che le persone si stanno aprendo riguardo ai loro problemi di salute mentale, e riescono ad ammettere davanti a colleghi e fan di non avere una vita perfetta. Tutti ogni tanto hanno bisogno di aiuto, perché nessuno ha la vita perfetta.”
Segui Kevin su Twitter: @KevinEGPerry