Mentre ai fan di House of Cards toccava fare i conti con la dipartita di Kevin Spacey dalla serie, io e l’assai meno talentuoso fotografo Kevin Spicy tornavamo a Torino per il Club To Club. Proprio quello che avete visto nelle stories di tre quarti dei vostri contatti social. Proprio quello che ha luogo nel decimo girone dell’inferno, ovvero i padiglioni di Lingotto Fiere. Proprio quello che almeno nel nostro caso ha trovato in MYSS KETA la sua fonte primaria di scintillio, sulla scia del tema del festival, cioè “La luce nel buio”.
La buona notizia è che KETA, accompagnata dal suo produttore RIVA, ci ha regalato la puntata più favolosa di Concertini finora. La cattiva è che i fan di questa rubrica dovranno dirle addio, innanzitutto perché non esiste vita oltre la MYSS e in secondo luogo perché l’unica cosa che ci faccia trovare a fatica la forza di non gettare la spugna sarà una brandizzazione da parte di Absolut che, come vedrete dalle foto, era uno dei principali sponsor del festival di musica elettronica più importante d’Italia.
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Planata in elicottero direttamente sul tetto dell’hotel che ci ospitava (e che ha immediatamente e con successo tentato di corromperci con le sue secret room, ognuna posta a un piano dell’albergo, ognuna con un’istallazione artistica, ma, soprattutto, ognuna con un cocktail a base di vodka offerto gratuitamente per renderci tutti vicendevolmente gradevoli agli altri), MYSS KETA ha letteralmente sconvolto la folla di addetti ai lavori che vagava nella hall.
Dal momento esatto in cui le porte dell’ascensore del pianterreno si sono spalancate e l’ultima delle non caste dive ha fatto il suo ingresso nella zona denominata “sforziamoci tutti di essere cool ma anche dei gran mattacchioni” è scattato un gran parapiglia. Come davanti a un buffet gratuito la gente si è riversata sulla MYSS, chi chiedendole un selfie, chi una guarigione, chi il pronostico di Udinese-Milan, chi di candidarsi alle prossime politiche, chi di celebrare matrimoni, battesimi e funerali. Sono stati minuti difficili, ma quando la situazione si è fatta troppo pesante (quando, cioè, un paio di influencer hanno cercato oggettivamente di sequestrarla) ho deciso di optare per un intervento d’emergenza, e, portandola in spalla per ben quattro rampe di scale, mentre lo Spicy faceva altrettanto con Riva, seminando il codazzo di fan, l’ho messa al riparo in camera mia.
Lì finalmente sole, anche se non quanto avrei voluto, abbiamo ordinato un modesto room service a base di tagliolini con ostriche giganti australiane, caviale iraniano e plancton, chips di tartufo placcate oro, anguria nera giapponese e altre cose non propriamente legali nel nostro Paese. Il tutto, che ve lo dico a fare, innaffiato da fiumi di vodka di quella marca là (il cui ufficio marketing è caldamente invitato a contattarci). Così, in quest’atmosfera votata alla semplicità, abbiamo chiacchierato con la MYSS di questo suo momento speciale, dell’imminente data di Keta al Berghain, ma anche di haters, di Young Signorino, di coming out e di talmente tante altre cose, anche off record, che mi servirebbero almeno altre due puntate per raccontarvele tutte.
Noisey: MYSS, partiamo da C2C: sei già stata o è la tua prima volta?
MYSS KETA: Conoscevo di fama C2C ma non ero mai riuscita a venire, quindi ringrazio Noisey per questa fantastica opportunità.
Chi ti interessa di più tra gli artisti che suoneranno stasera?
Sono molto eccitata per Aphex Twin, un Dio in terra, un pezzo di storia della musica elettronica totale. Oltretutto è la prima volta che lo vedo, dopo una vita a guardare un botto di suoi video live tutti pazzi, come piace a me. Poi mi interessa moltissimo Yves Tumor, lo amo tantissimo, e questo suo ultimo disco mi ha fatta impazzire. Adoro sia la sua musica che la sua immagine, come la usa, come la tratta.
Il legame tra lato musicale e lato estetico conta molto per te?
Sì, infatti entrambi questi artisti hanno un’estetica estrema, fortissima. Poi quando vai a dei live di questo livello è interessante vedere come viene organizzata la scenografia, che tipo di switch si inventano per lo show, che anche dovesse essere scarno ed essenziale sarebbe comunque simbolo di una scelta precisa, ragionata.
Ami andare ai live?
Sono un’amante dei concerti da tantissimi anni, ma anche delle performance, dei DJ set o anche del teatro d’avanguardia. Cerco di andare almeno una volta a settimana a vedermi un concerto, di qualunque tipo: metal, hardcore, punk, rap. La dimensione del concerto per me è molto speciale, perché anche se vai a sentire una band sconosciuta che fa pop norvegese c’è sempre uno scambio di energia tra chi fa la performance e il pubblico, e questa è una cosa che mi ha sempre affascinata. Ovvio che, anche se sono lì per godermi lo show e quella carica quasi sensuale che scatta, se vedo delle cose particolari nel mio cervello scatta la parte professionale, e quindi mi “segno” mentalmente le soluzioni di messa in scena che mi colpiscono. Ma questo click può succedere anche mentre cammino e vedo un’insegna.
Mi dici un artista italiano che in quest’ultimo anno ha colpita molto dal vivo?
I Ninos du Brasil sono stati una roba scioccante la prima volta che li ho visti dal vivo. Tremavo, dopo. Il loro è un live davvero sensuale, nel senso che lo tocchi con tutti i sensi. Ti cito poi Cazzurillo, che ha suonato prima di me al Magnolia di Milano. Prima di incontrarla avevamo visto giusto qualche live su YouTube. Quando è arrivata ci ha messo un’ora a preparare sul palco tutti i ninnoli che avrebbe usato e è venuto fuori che ha un sound che è una manata. Insomma, io trovo che Cazzurillo sia un genio della musica elettronica. Ha fatto un set che era art: era dark, poi diventava ballabile, poi rallentava. Mi ha gasato tanto. Poi se devo uscire dall’Italia sono fresca di SOPHIE e dei Lavascar, che sono per il 50% italiani dato che vedono coinvolto Rocco Rampino [Congorock, nde], che è il mio padre spirituale.
Il 2018 è andato molto bene per te. Pensi che questo successo sia dovuto al fatto che hai intercettato qualche bisogno silente ma nuovo del pubblico?
Secondo me è un mix di cose. Quest’anno è uscito il primo vero album di MYSS, quindi se noi siamo stati in grado di buttare fuori un disco pensato e strutturato com’è UNA VITA IN CAPSLOCK, vuol dire che siamo maturati, formati. Siamo in giro da quasi cinque anni, e parlo al plurale perché parlo per tutto Motel Forlanini. Nel primo periodo buttavamo fuori le cose a lunga distanza, poi le abbiamo iniziate ad accorciare perché eravamo sempre più concentrati sul progetto. I video che ho fatto, e me lo dico da sola, sono delle belle sberle che è rarissimo vedere in Italia. Poi, certo, ha contato anche l’arrivo di Universal, Saturno in Capricorno, e il fatto che dopo anni di performance io e le ragazze di Porta Venezia abbiamo assunto una nuova consapevolezza del palco, oltre ad assumere altre cose.
In questo alzare l’asticella, quanto conta la fame?
Quando fai bene una cosa poi ti vuoi superare, e questa per me è la fame. Se fai un bel video, un bel singolo e arriva una risposta positiva, è ovvio che vuoi subito spingerti più in là. In questo campo cerchiamo di puntare al passo più, che sia uno shooting, uno styling o un video. “Perché non proviamo a farlo come non lo abbiamo mai fatto, spingiamo di più?”, ci chiediamo. La cosa bella è che lavorando con un collettivo come è Motel arrivano sempre spinte diverse, stimoli diversi. Il video di “Monica” è teatro d’avanguardia spagnolo, “Una donna che conta” è hi-tech. È bello avere così tanti input e così tante tipologie di metodi ed obiettivi.
Quanto è stata, o è ancora, dura giocarsi una carriera sulla carta ostica dell’ironia?
L’ironia è una carta davvero difficile, forse in Italia ancora di più. Perché l’ho fatto? Perché ironia e sarcasmo sono i modi con cui noi davvero ci rapportiamo al mondo. Conosciamo e usiamo bene questo linguaggio, non ne abbiamo altri. Uno può chiudersi in se stesso, fare discorsi filosofici, scrivere agende intere: a noi è sempre venuto naturale fare e dire cose sarcastiche, quindi in pratica non ci siamo nemmeno posti il problema. Noi parliamo così, quindi facciamo cose coerenti al nostro modo di essere. Poi è bene sapere che ogni cosa che butti fuori da te stesso, che sia una canzone, un video, o un oggetto che plasmi con la plastilina, è nelle mani del mondo. Deve parlare per sé, deve camminare con le sue gambe. Non puoi stare lì a spiegarlo a tutti ogni secondo. Quindi ci sta anche che MYSS sia fraintesa. Poi tanto alla fine parlano le cose che faccio.
Ma all’inizio la risposta a MYSS com’è stata?
Un bagno di sangue. Molto, molto dura e anche se lo è tuttora, grazie al cielo si sono moltiplicate le reazione positive ed è aumentata la nostra corazza a rispondere alle cose negative. Paradossalmente il bello di partire in modo così hardcore, con la gente che ti stronca o peggio, fa sì che o ti fai la corazza o affondi. Noi ci siamo fatti la corazza.
RIVA: Anche perché i commenti degli hater non sono mai stati più cattivi di quelli che ci facevamo tra di noi.
A proposito di hater, tu hai difeso Young Signorino quando era all’apice della sua shit storm: che cosa pensi di lui?
Keta: Allora, Young Signorino noi lo abbiamo conosciuto a Padova quest’estate, quando eravamo entrambi al Je T’Aime Festival. Cosa succede: arriviamo tutti convinti che ci saremmo fatti la serata della vita con lui, volevamo diventare suoi amici.
Riva: Ce lo volevamo fare tutti
Keta: Anche. Comunque, eravamo super felici di suonare con lui e di conoscerlo, dopo esserci più volte scritti su Instagram. Poi a me “Mmm ah ah ah” piace tantissimo perché è figa, nichilista, giusta, punk e pensavo fosse una bomba a mano, che fosse l’America in Italia. Cioè, noi stiamo sempre e berci la roba americana, poi quando hai l’avanguardia in casa la prendi per il culo? Poi una volta lì ci siamo purtroppo resi conto che era quasi impossibile avvicinarsi a lui, causa il suo management che ce lo teneva fisicamente lontano, impedendoci anche solo di chiacchierare tranquillamente. Vedendo quella roba lì, da persone che si sono sempre auto gestite, c’ha fatto tanto strano. Anche perché il palco dell’AMA è enorme, è una roba da duemila persone. Chiunque si caga in mano di fronte a quella situazione, figurati Signorino che era ai suoi primi concerti, senza amici con cui dire “bomba, saliamo e spacchiamo” ma ha solo quel tipo di manager e quel tipo di booker, sfido a non sgrippare. Poi quando c’è stato Personal di Noisey abbiamo capito che era tutto vero quello che avevamo intuito noi.
Ma come si riparte da una roba del genere?
Eh, difficile. Perché lui ha anche sacco di fan che si sono rivelati solo gente che lo seguiva per vederlo inciampare. Poi ci sono persone che apprezzano la sua vena artistica, come me che vedo in lui un guizzo punk e folle che in Italia non esisteva. Chi lo deride, poi, magari c’ha la maglia di Sid Vicious che a 17 anni era ritenuto un perfetto coglione, molto peggio di Signorino, e oggi è idolatrato. A me sta cose mi fanno sbroccare. Quella stessa gente che dice “no perché il punk sì che…” eh, il punk riconoscilo quando ce l’hai davanti.
Eh, ma qui è tutto più difficile. Pensa solo a quanti pochi coming out nel mondo della musica.
Esatto, qui in Italia sono ancora pochi e il coming out viene visto come un marchio a fuoco sulla tua carriera. Però il discorso non è questo, è che bisogna normalizzare e far diventare paritetico il fatto che uno possa stare con una donna o con un uomo o fare come cavolo gli pare. C’è un tabù gigantesco verso le donne gay, verso i maschi bisessuali, o verso chiunque abbia una sessualità altra. Per dire, Michele Bravi ha fatto qualcosa di importante dicendo di aver amato un ragazzo: queste cose servono. Di base non ci deve essere nella testa degli artisti la paura di vendere meno perché ci si dichiara omosessuali. Siamo tutti dentro questa cosa.
Pensi che la maschera che indossi ti potrà mai annoiare?
Keta: Per me MYSS KETA ha la maschera, sinceramente. MYSS è quel personaggio lì quando la indossa, prima non la è.
Riva: Senza è un’altra persona, è una celebrity diversa. Ovvero Pamela Anderson.
Keta: No, è Joan Thiele. Però posso dire una cosa? Secondo me bisogna anche un po’ assecondarsi. Pop star come Lady Gaga, per esempio, che a un certo punto s’è tolta il travestimento, s’è spogliata di certi outfit e anche di un certo sound, optando per cose più normalcore. Ecco, non ha fatto una cosa molto diversa da noi, che con UNA VITA IN CAPSLOCK abbiamo compiuto una rivoluzione myssketiana. Nei testi guardo non fuori, ma dentro. Non è da poco passare dal guardare il mondo-di-fuori e giudicarlo, al fare lo stesso con il mondo-di-dentro. Io mi sono già spogliata, mi sono già tolta molti strati, sono già più svelata che mai così. Spesso l’azione artista svela molto di più che togliersi la maschera. MYSS è più intima con la maschera.
Raga, ma il Berghain?
Keta: Mega felici! Quando è arrivata la mail pensavamo fosse uno scherzo. Abbiamo letto “ciao, siete
available per un concerto a Berlino a fine novembre?” Firmato: Berghain.
Riva: Io ho detto che secondo me volevano chiamare Miss Kittin e avevano sbagliato finale.
Keta: Dopo il Berghain può esserci solo Sanremo. E un reality show.
Quale ti piacerebbe?
Pechino Express mi piacerebbe tanto. È molto divertente, ma anche molto emotivo, poi con Costantino dietro è un programma di qualità per forza. Lui è bravissimo, un drago, ha quell’ironia super sottile che capisci quasi solo seguendo l’andamento della sua voce.
A questo punto non solo non avevamo più quel super alcolico di cui sopra ad accompagnare le chiacchiere, ma eravamo anche in un fottuto ritardo rispetto alla timeline, cosa che, complice il cambiamento di posizione dei palchi, ci ha mandato in tilt e ci ha fatti arrivare, arrancanti, nel corridoio che portava al Main Stage nell’esatto momento in cui un fiume di gente se ne veniva via. In questo fiume stavano risalendo la corrente anche alcune ragazze di Porta Venezia, che sì, ci hanno detto, “Yves Tumor ha già finito”.
A rendere ancora più amaro il momento è pure arrivata una ragazza, che era “tutta fatta, zio tutta fatta”, a proporci lo scambio affatto equo di una birra per una cannetta. Dopo averle comunicato di odiare a fronte compatto le droghe leggere, ce ne siamo andati ad ascoltare Blood Orange e ad ammirarne la sconfinata figaggine. Dopo qualche pezzo e dopo il commento della MYSS, che si sentiva “in una soap opera degli anni Novanta” diceva “Dai questa è musica per scopà!” siamo andati nella zona fumatori (ovvero una lingua di cemento fuori da Lingotto, vicino ai cessi chimici) a parlare a ruota.
Tra gli argomenti toccati ci sono stati X Factor, gli hater (“Quando abbiamo fatto il People Vs per Noisey mi hanno chiesto se volevo che cancellassero i commenti più cattivi ma io ho detto che dovevano rimanere tutti, la gente si deve rendere conto di quello che ci sentiamo dire soprattutto noi donne”) e i fan (“MYSS, un tuo fan insospettabile?” “Berlusconi”, “Ma la Bellucci ti ha mai scritto per ringraziarti per Monica?” “Bellucci mi scrive ogni giorno”). Da quel momento in poi le nostre strade si sono divise: la MYSS e Riva hanno proseguito con la loro noche peligrosa, io ho proseguito sempre dritto, poi a destra. La mattina dopo, però, ci siamo ritrovati per un brunch gentilmente offerto dal nostro hotel per i commenti finali al Club To Club.
Ora che abbiamo portato a casa la pelle da C2C, che cosa ti è piaciuto e cosa no?
Allora, la location is not my cup of tea. Preferisco posti più piccoli e raccolti, ma capisco che è un evento talmente internazionale che è difficile piazzarlo altrove.
E gli show?
Blood Orange è stato forse il più presente nelle stories, quindi azzeccata come scelta perché ha un hype altissimo. A me ha fatto mega piacere che l’ospite a sorpresa sia stato Kode9, perché sono in fissa con tutto quel racconto cyberpunk/distopico, che fa lui e che fa Burial. Durante il suo set mi sono sentita come in Matrix, quando ballano tutti insieme. Ci sono stati anche molti momenti emotivi, un set davvero bellissimo. Pazzesco. Aphex Twin: non ci potevamo aspettare un set ballabile da lui, ho apprezzato molto il set e la presenza. Purtroppo siccome era stipato non sono riuscita a infilarmi tanto davanti, a entrare proprio nel vivo della cosa, ma lui è comunque il dio dell’elettronica. Ah, comunque Yves Tumor l’ho beccato durante Aphex e mi sono avvicinata dicendogli “Tu sei un genio, il tuo ultimo album è una bomba, sei un cazzo di genio”. Lui mi risponde “grazie”, prende e se ne va. Quindi anche Yves Tumor da New York ha paura delle donne forti e indipendenti, credo davvero di averlo spaventato. Poverino.
Un’ultima domanda: che cosa pensa la tua famiglia di questa tua carriera?
La mamma di MYSS KETA è Madonna, suo papà e Michael Jackson, quindi la supportano tantissimo. Ti posso rispondere solo così, sennò devo chiamare il mio avvocato.