Música

I Coldplay sono la peggior band mai esistita?

Nota: questo articolo è stato scritto ascoltando ininterrottamente la playlist “COLDPLAY SUPER BEST SONGS” giusto per fomentare l’odio.

Nell’ormai lontanissimo anno Duemila nessuno avrebbe mai sospettato che quattro sbarbatelli di zona Londra sarebbero diventati decisamente uno dei gruppi più influenti e, per quanto mi riguarda, più infestanti, del panorama musicale internazionale. Parachutes, il debut dei Coldplay, fece timidamente capolino accompagnato da un video in cui Chris Martin sembra appena uscito da una sacca di placenta. Da quel momento in poi i Coldplay sono entrati sicuramente nell’ipod e sulla bacheca Facebook di mia sorella, che è un po’ la mia finestra sul mondo, e soprattutto in heavy rotation di qualsiasi momento triste/malinconico/energetico/sentimentale/politico dell’immaginario collettivo mediatico mainstream. Da quel momento in poi i Coldplay sono diventati il Papa Francesco della musica rock, riuscendo con un colpo di coda inaspettato a cagare in testa amore a Bono Vox e compagni.

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Il principe irlandese delle iniziative di beneficenza e Live Aid, infatti, era da un po’ già nel mirino di alcune critiche maliziose che andavano aumentando nel corso degli anni Duemila, culminando in un epico episodio di South Park in cui veniva letteralmente smerdato. Serviva un volto nuovo per rappresentare il colonialismo positivo all’inglese. Ed eccolo qua.

Non ho mai capito cosa ci sia in quest’uomo e negli inutili pupazzi che si porta dietro a darmi così fastidio, forse la sensazione che stia sempre per sputarmi in un occhio. L’indagine che segue non è quindi frutto di una critica musicale strutturata oggettivamente, anche perché davvero non varrebbe la pena di snocciolare critiche musicali tout court su un fenomeno di fama mondiale, il cui sound è costruito apposta per essere medio e quindi piacevole per la maggior parte delle orecchie e dei cervelli che non si fanno molte domande sulla musica. Credo sia più una sorta di autoanalisi volta a scoprire come mai quando si creano mitologie clericali attorno a un musicista mi venga l’orticaria, probabilmente perché sono allergica alla mistificazione in generale, o forse perché non riesco a capire la poesia (ma non sono sola). In tal caso non credo ci sia nulla da fare per la mia povera anima. Visto che nemmeno il prete Chris Martin mi potrà salvare, procedo a bruciare nell’inferno della “musica da cattivi” elencando le ragioni per cui i Coldplay sono ancora più degradanti degli U2.

I COLDPLAY SONO IL PAPA

Esiste un articolo del Daily Mail che definisce i Coldplay “as rock’n’roll as a bowl of tofu”. Ora, a parte che caro critico del Daily Mail mi stai sulle palle perché usi il tofu come un termine di paragone negativo quando invece il tofu è molto più rock’n’roll di tutte le uova e bacon che ti fai preparare da tua moglie la quale comunque schifa i coldplay ma non schifa te che dici che “alle ragazze possono piacere, ma per il rock’n’roll ci vuole testosterone”. Wow. Non è questa la sede per aprire un dibattito sulla questione di genere all’interno delle produzioni musicali, ma così su due piedi direi che A. Basare un’argomentazione sul testosterone denota una mancanza di fantasia, quantomeno e B. Non è il testosterone il problema dei Coldpalle, è più un altro il punto centrale dell’articolo, che resta vagamente in ombra dato tutto il contorno di cazzate, ossia questo:

They take all the most easily likeable bits from some of your favourite bands – the shimmery guitars and floating-in-space atmospherics of Pink Floyd, the soaring falsetto of Radiohead’s Thom Yorke, the epic, anthem quality of U2 in their pomp – to create a sound exactly like the one you’d get if you programmed a super-computer to create ‘pop/rock music most likely to fill stadia, sell records and alienate no one’.

Ed è proprio questa volontà ecumenica, lo stesso pan-qualunqismo che mi dà le fitte allo stomaco quando lo vedo applicato da artisti di calibro ben inferiore come Jovanotti, a rendere ai miei occhi deteriore un prodotto come i Coldplay, come se appiattire ogni significato e significante in favore di qualcosa che vada bene a tutti non fosse un atto criminale. Ecco, il fatto stesso di non riuscire a delineare un genere, un pubblico e un senso di questo gruppo mi fa pensare che non siano un gruppo e che quella che sto ascoltando non sia musica, ma la colonna sonora di una pubblicità di un programma televisivo, e tutti gli usi commerciali della musica dei Coldplay mi danno ragione.

QUELLE COSE SULLE DITA

In un forum in cui ci si chiede cosa siano quelle cose che Chris Martin indossa sulle dita, la risposta più centrata è “because he’s a try hard ****** from middle/upper class trying to pretend he’s all rock star”. Certo, lo fa perché è il simbolo del commercio equo solidale, la lotta che il neo-Bono ha deciso che sarebbe stata la sua, ma come ogni operazione umanitaria di grosse band milionarie la cosa mi puzza un po’ di atteggiamento, soprattutto perché non è con uno sbrago in faccia che Martin ha deciso di sponsorizzare la propria causa, ma con dei carinissimi pezzetti di scotch tutti fashion che lo fanno sembrare una rockstar tatuata sulle mani. A questo punto Chris sarebbe potuto andare fino in fondo e tatuarsi un contadino dell’Ecuador sul collo, ma mi rendo conto che il livello di sopportabilità per le famiglie che ascoltano il suo gruppo con il Don, e soprattutto il livello di indossabilità fashion dell’accessorio umanitario sarebbe stato fuori dalla sua portata.

VIVA LA VIDA



Prendiamo La Libertà che Guida il Popolo, quadro di Delacroix che mi valse un ventisette in storia dell’arte contemporanea, dovuto soprattutto al fatto che l’assistente comunista fu compiaciuto nel mio commento di quanto il popolo ritratto in questo quadro fosse in realtà quello borghese, verso un futuro libertario e non comunista come il termine rivoluzione, e il quadro stesso, vennero travisati più tardi. Il popolo non è tutto il popolo francese e la libertà è una libertà d’azione che sì, schiaccia la vecchia classe nobiliare, ma allo stesso tempo schiaccia anche il popolino, quello che non ha la libertà a guidarlo, ma probabilmente solo la fame. Ecco, questo quadro è stato preso dai Coldplay e utilizzato come copertina del loro album dal titolo in spagnolo Viva La Vida, scritto con lo sperma sopra all’immagine di una rivoluzione che manco era quella del loro Paese. Questa confusione di fonti e destinazioni culturali sarebbe stata giustificabile solo se quella sulla copertina del loro disco fosse davvero una macchia simili ai residui di un ex presidente degli Stati Uniti sul vestito blu di una sua ex stagista, ma così (credo) non è, quindi tutta l’operazione sa di pacco.

I VESTITI DA BABBI

Lo so, noi in Italia abbiamo i Ministri che si vestono come dei coglioni da anni. Ma appunto, i Ministri hanno scelto di adottare questo look che è un po’ (passatemela) come la divisa dei Devo, anche se i Devo sono dei geni e loro più che altro hanno pensato che fosse ok vestirsi da coglioni pretenziosi anziché da coglioni tout court. Almeno, però, si sono sempre travestiti in quel modo. I Coldplay no. I Coldplay ci hanno dato l’idea di essere dei ragazzi normalissimi, per la prima parte della loro carriera, che è pure l’unica salvabile. Erano persone normali, che facevano della normalità, del basso profilo, una delle loro armi. A un certo punto, però, si sono inventati che dovevano vestirsi come dei coglioni mezzi militari. In parallelo, la loro musica è traslata da qualcosa di molto personale ed intimo a una roba che deve muovere gli stadi, deve far urlare i loro “OOOOOOOOHHHHHH AAAAAAAAH” a tutta la curva, quindi si sono sergentpepperati senza però avere con sé l’ironia che rendeva Sgt. Pepper il capolavoro estetico che è, anzi, con un’operazione direi opposta a quella dei Beatles, ossia una mossa di pseudo-militanza e proselitismo puro. Una roba quasi spaventosa che ha spaventosamente tirato su una milizia di pubblico acritico e un’espropriazione di livelli semantici talmente profonda che, anni dopo, ovviamente, anche trasmissioni televisive tipo X Factor si sono sentite in diritto di appropriarsi di quella stessa estetica per dare quell’idea di rivoluzione ai propri promo.


Coldplay capsule collection for X Factor Italia


I CORI DA STADIO

Rientrano sempre nell’immaginario populista di diversi gruppi, ma con quei vestiti e con quell’estetica diventano pericolosamente offensivi per una serie di riferimenti a sommosse popolari di cui questo gruppo deve veramente finirla di appropriarsi.

E poi davvero basta con gli OOOOOOHHHH AAAAAAH. Avete anche contagiato Tiziano. Tiziano, io ti credevo diverso.

ANCHE MENO

Come probabilmente già traspare da quanto ho scritto finora, quello che mi dà maggiormente fastidio dei Coldpalle è l’operazione moralmente indegna di voler passare per ragazzi semplici tutti acqua e sapone quando nei fatti assistiamo a un ego in costante espansione, tanto che, nel 2011, dopo aver impersonato il grande romanzo popolare ottocentesco, decidono di diventare i cosplay della letteratura distopica novecentesca, con l’album dal titolo più fastidioso della storia, Mylo Xyloto (non me ne frega niente se l’ho scritto sbagliato, è un titolo di merda). Da loro descrizione, questo disco è “un concept album, un’opera rock”—vediamo quale concept sta sotto a questo nuovo Quadrophenia, di questo degno successore di The Wall«È la storia di Mylo Xyloto, giovane abitante dell’immaginaria Silencia sul fronte di una guerra per reprimere la musica e i colori nel suo mondo. Mylo scopre che quello per cui è stato addestrato a combattere e odiare non è del tutto un suo nemico.» Abbiamo altre parole per la povertà di questi concetti?

La cosa più degradante è che mi pare quest’album sia uscito poco più di un anno dopo rispetto a The Suburbs degli Arcade Fire, altro concept album che parlava di temi leggermente meno egomaniaci, ed ha rappresentato per tutti i fan più onesti degli AF il momento più alto della loro carriera, essendo un piccolo capolavoro. Ora, lasciando da parte le evidenti somiglianze della traccia qui sopra con “Ready To Start”, tutto l’album non è altro che un ricalco di una tendenza già in atto, in ambienti non troppo underground, ma ben più underground del loro.

Insomma credo che la mia insofferenza nei confronti di questa band sia di fatto dovuta all’impressione che ci troviamo di fronte al più grosso falso d’autore della storia della musica, una specie di leviatano che assume, a seconda dei casi, le sembianze di quello che il “grande pubblico” potrebbe trovare digeribile. Come se si mettessero ogni volta a tavolino a dire ok dobbiamo dare l’impressione di essere rock ma non troppo, ecosostenibili ma pieni di luci, parliamo di temi universali ma li facciamo passare per cose di tutti i giorni (ved. Jovanotti) sono il ragazzo della porta accanto tutto umanitario ma mi sposo l’attrice più antipatica della storia e ci faccio una figlia che si chiama come una delle più grosse aziende del mondo ma che è anche un frutto, sono rock ma sono triste perché sono dolce, e tutto questo contribuisce ad avvicinare l’industria musicale un passetto in più verso l’appiattimento, cosa che tanti musicisti fanno, ma almeno non lo spacciano per qualcosa di controculturale. Se ancora non siete d’accordo con me ricordatevi che esiste questo pezzo e questo video.

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