Com’è vivere con la sindrome di Tourette

Mi trovo in una stanza al 14esimo piano di un palazzo a Milano nord, e il colore verde acqua dei muri mi ricorda quello delle scuole medie, il luogo dove per Andrea è iniziato tutto. “Ho manifestato la sindrome di Tourette quando avevo più o meno 12 anni,” mi dice con lo sguardo vitreo e un leggero sorriso in faccia. “I dieci anni a venire sono stati un incubo: il malessere causato dai tic mi impediva anche solo di uscire la sera per andare a mangiare una pizza o più semplicemente di rimanere seduto a lungo a fare una chiacchierata con qualcuno.”

Fino a quel momento, per me, l’esperienza più vicina alla Tourette era la puntata di South Park in cui Cartman è al supermercato e si imbatte in un ragazzo tourettico che nel giro di mezzo minuto se ne esce con almeno una decina di “fuck”. Ed effettivamente è un luogo comune pensare alla Tourette come quella condizione che ti fa urlare parolacce e bestemmie tutto il giorno. Ma la verità su questa sindrome che colpisce l’un percento della popolazione mondiale è che si tratta di un disturbo neurologico che si manifesta con la ripetizione di gesti meccanici incontrollati—e che solo in una piccola percentuale di tourettici si registra attraverso il fenomeno che a Cartman piace tanto.

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Oggi Andrea ha 32 anni. Mi sembra tranquillo e mi spiega che negli ultimi anni la sindrome è diventata più sopportabile, a seconda dei fattori ambientali o situazionali. “La frequenza dei tic può essere molto elevata, si possono superare i 500 all’ora,” aggiunge la dottoressa Dina Zanaboni, che è seduta accanto ad Andrea e davanti a me. Da anni si occupa di Tourette e sindromi correlate con il professor Mauro Porta al Centro Tourette-IRCCS Ospedale Galeazzi Milano, il primo d’Italia.

“La sindrome,” continua la dottoressa, “può essere composta da tre tipologie di tic: in primis ci sono quelli motori, poi ci sono quelli sonori. Dico sonori perché non coinvolgono solo la voce, ma possono manifestarsi anche in forma di soffi, ad esempio. E poi ci sono quelli ideici.” Nel caso di Andrea, le sue palpebre si chiudono freneticamente, di tanto in tanto alza le ginocchia come fossero collegate a fili invisibili e mentre parla sposta di scatto la testa verso sinistra—tutte cose che non passano inosservate.

Provo a immaginare la difficoltà nel vedersi circondato da persone che furtivamente si danno colpetti sulle tempie e se la ghignano e non riesco a nascondere un po’ di vergogna per le volte che l’ho fatto io. Per molto tempo la sindrome è stata ritenuta una malattia psichiatrica, ma “sarebbe opportuno parlare di un disturbo neurologico,” mi dice Andrea. “Tuttora si fa molta confusione e si scambiano i tic con altri disturbi come l’OCD e il [disturbo da] deficit di attenzione e iperattività [ADHD], proprio perché spesso correlano con la sindrome.” Difatti il tourettico spesso si agita, non riesce a stare fermo, ha difficoltà nel concentrarsi e spesso mostra atteggiamenti di sfida, esattamente come una persona con l’ADHD.

In alcuni casi, poi, ci sono le parolacce. Quando chiedo perché proprio queste e non altre parole, la dottoressa mi spiega che è tutto legato al concetto del “non posso”. I tic ideici, quelli comportamentali, “sono spesso legati appunto al concetto del ‘divieto’, ecco perché le bestemmie, per esempio. La religione vieta le bestemmie e quindi bestemmio; rubare non è socialmente accettato e quindi rubo. Le persone con la sindrome, poi, compiono tali azioni in rarissimi casi, ma hanno comunque l’impulso.” “E dopo vaglielo a spiegare alla polizia,” commenta Andrea ridendo.

Questi episodi non mancano: come spiega la dottoressa, “i pazienti talvoltadevono essere difesi in tribunale perché vengono accusati di stalking o condannati per la loro coprolalia,” la necessità impellente di pronunciare parolacce o bestemmie.

In Italia ogni anno aumenta il numero di diagnosi, ma non perché aumentano i casi. Oggi, stando ai dati dell’Associazione Italiana Sindrome di Tourette, nel paese si contano 350.000 sindromi, delle quali le forme gravi sarebbero 50.000-70.000. “Quando ero bambino non si sapeva granché di questa sindrome—non si conosce adesso, figurati 20 anni fa,” mi dice Andrea, a cui è stata diagnosticata a 26 anni. “Solo ora, grazie ai giornali e internet si inizia a parlarne.” Ed è proprio su internet che Andrea è riuscito a dare un nome al suo disturbo ancor prima di una conferma medica. “Ho iniziato a lavorare in uno studio commerciale dove stavo molto davanti al computer. Solo dopo svariate ricerche su Google, dove inserivo parole chiave come ‘tic costanti’, sono riuscito a capire di cosa si trattasse realmente.”

Su internet Andrea ha conosciuto anche un sacco di tourettici. “Abbiamo dei gruppi dove ci parliamo e ci confrontiamo. Condividere le stesse preoccupazioni con qualcuno è stato molto utile, anche per il solo fatto di dare e ricevere consigli su come affrontare la giornata.”

La diagnosi, del resto, non è sempre semplice; la dottoressa mi spiega che “ancora non ci sono esami diagnostici di laboratorio che la dimostrano, ci si avvale della visita neurologica e di scale standardizzate. C’è una predisposizione genetica, generalmente ereditata da parte del padre. Solitamente verso i 6 anni si ha l’esordio, poi c’è un picco intorno ai 14 anni e poi un miglioramento intorno all’età della maturità cerebrale, in cui si cerca di combattere gli impulsi.”

L’adolescenza è il momento di passaggio in cui si modella il proprio essere, si cerca un posto nella società e allo stesso tempo si tenta di capire se stessi. Non è facile per nessuno, e nel caso di Andrea e di moltissimi tourettici la situazione si complica. Il fatto che la Tourette raggiunga il suo picco in questo periodo delicato fa sì che “ti porti appresso i segni della discriminazione sociale per gli anni a venire,” mi dice.

“Penso spesso a quel periodo. Non riuscivo ad approcciarmi alle ragazze, avevo paura di entrare nei locali, nei bar, nei negozi. La gente ti fissa, a volte addirittura ti chiede ‘Ma che hai?’ La sera quando i miei conoscenti mi chiedevano di uscire pensavano fossi depresso; la verità è che volevo starmene a letto—nel corso della giornata accumulavo un sacco di tensione e avevo solo bisogno di riposare. C’è gente che arriva all’autolesionismo perché non ce la fa più.”

Nonostante varie tipologie di trattamento, tuttora non esiste una terapia farmacologica funzionale al 100 percento. “Io ho preso delle pasticche. Ma mi creavano ansia, depressione, rigidità muscolare. Il medico me le aveva prescritte, poi però ho smesso. Sono dei neurolettici, servono a regolare il livello di dopamina che è alterato,” dice Andrea.
“I farmaci utilizzabili in Italia per la sindrome di Tourette sono ancora scarsi, è possibile però che il medico prescriva farmaci off-label con l’approvazione dei pazienti o caregiver. I medicinali possono avere degli effetti indesiderati di lieve entità,” aggiunge la dottoressa, specificandomi che esistono terapie psicologiche alternative da abbinare eventualmente alle cure farmacologiche, ad esempio la terapia Habit Reversal Training di stampo cognitivo-comportamentale.

Tra le possibili terapie, da qualche anno si parla anche di quelle basate sulla cannabis. Come ricorda la dottoressa, però, “in Italia non vi è per ora l’indicazione ufficiale. È utilizzata sì, ma per altre patologie.”

Andrea mi dice che su di lui la marijuana non ha avuto buoni effetti—”A me in alcuni casi i tic aumentavano. Non sempre mi rilassava”—mentre uno dei tourettici con cui ho parlato online ha avuto un riscontro positivo. “Certo non è che ti fa sparire la sindrome, ma ti rilassa,” mi ha detto Giorgio. “E ti assicuro che percepire i tic che rallentano o per attimi smettono è una cosa bellissima, soprattutto se durante il giorno non sei riuscito a calmarti un secondo. Riuscivo a studiare meglio. Ho sempre studiato molto ma mi muovevo di continuo. Giravo in camera con il libro in mano, non mi fermavo un secondo.”

“Dal momento che in Italia non è approvata per la sindrome di Tourette, l’indicazione che si da è di rivolgersi ad un medico neurologo specialista per la prescrizione di farmaci veri e propri,” dice la dottoressa, “senza considerare le conseguenze sociali che comporterebbe procurarsi la sostanza per vie illegali, ciò in un paziente spesso già socialmente in difficoltà”. E aggiunge: “In altri paesi, come degli Stati Uniti ad esempio, è già stata impiegata—dai medici e in forma di farmaco naturalmente—con discreto successo.”

La sintomatologia tende a migliorare con l’età adulta, anche se possono permanere dei sintomi, spesso comportamentali. Come mi spiega la dottoressa, “i tic motori e sonori regrediscono nel 75 percento dei casi, talvolta fino ad estinguersi totalmente, viceversa nell’adulto permangono spesso i tic ideici.” In generale, mi spiegano, è bene intervenire quando la qualità di vita del paziente si riduce per via della sindrome stessa. Accanto alle terapie farmacologiche esiste la tecnica psicologica Habit Reversal Training, di cui la dottoressa si occupa con pazienti delle diverse fasce d’età.

“In taluni casi,” difatti, mi dice, “il paziente può arrivare ad atti autolesionistici, cosiddetti SIB, ma mantiene pur sempre la capacità d’intendere; per questo motivo la sindrome non può essere considerata psichiatrica. E va ricordato nelle aule di Tribunale.”

A quel punto cala una sorta di silenzio, le ginocchia di Andrea si ritirano e i suoi occhi si chiudono e si riaprono velocemente. Poi mi dice: “Sai, credo sia giusto definirla una malattia. È come avere il diabete o altre malattie. Io ho la Tourette. E non è vero che ha solo aspetti negativi. Ho sviluppato un carattere fortissimo e assorbo tutto quello che ho intorno. Altri sviluppano delle capacità musicali o teatrali incredibili. E forse la miglior definizione per descriverla l’ha data Oliver Sacks ne L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello: ‘Non so se sia un dono o una maledizione’.”

*Alcuni nomi sono stati modificati per tutelare la privacy dei pazienti.

Illustrazione di Marco Brancato. Segui Leon su Twitter: @letweetbenz