La versione originale di questo articolo è uscita su Noisey Danimarca.
È il 2017. Il semplice fatto di non avere talento non può impedirvi di registrare una canzone orribile. E non può nemmeno impedirvi di comprare 10mila ascolti in streaming di suddetta canzone per l’#influenza.
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Ecco, noi di Noisey Danimarca abbiamo deciso di investire sforzi, tempo e soldi per creare quella che è probabilmente la peggior “musica” (scusaci, musica) mai prodotta, soltanto per comprarci un’enorme quantità di riproduzioni su Spotify senza merito alcuno. Ma per spiegare perché abbiamo concepito una traccia che nessuno mai dovrebbe ascoltare e l’abbiamo imposta agli ascoltatori di tutto il mondo bisogna partire da un’altra parte, in un altro momento. Bisogna partire da un aneddoto che riguarda il presentatore televisivo danese Mickey Fredie Pedersen.
Lui è il perennemente hawaiano padre di Gigi e Sonny, due bambini diventati famosi negli anni Novanta per essere comparsi in svariati reality insieme ai propri genitori. Al di là di essere stati tra i primi a sfruttare un genere musicale che sarebbe poi diventato il passatempo preferito di tutta la civiltà occidentale, i due famosi fratelli si sono anche lanciati in un’ambiziosa carriera pop a inizio anni Zero.
Ma poi si è scoperto che si trattava di una truffa. Il loro primo album Sonny vs Gigi debuttò al numero 2 della classifica danese soltanto perché Papà Pedersen ne aveva comprate così tante copie da superare le vendite di, tra gli altri, U2 e Mariah Carey. Così abbiamo scoperto che il vecchio trucco funziona ancora. E nel mondo digitale di oggi, in cui puoi ottenere praticamente qualunque cosa restando comodamente seduto sul tuo divano IKEA con patatine e vinello a portata di mano, è più facile che mai. Come? Grazie a servizi come Streamify.
Il concetto è molto semplice. Se hai una traccia che non si sta facendo abbastanza notare, puoi comprare delle riproduzioni. Streamify chiede circa 4€ per mille riproduzioni, e ne puoi comprare fino a due milioni alla volta (naturalmente ci sono dei pacchetti, quindi più ne compri meno spendi). Dopo aver pagato, non resta che decidere quando iniziare la tua ascesa all’Olimpo di Spotify e nell’arco di quanto tempo vanno suddivise queste riproduzioni. Senza rotture di palle come la promozione e il dover produrre vera musica bella da ascoltare, puoi rilassarti e guardare la tua canzone che scala la classifica degli ascolti. Il tutto senza nemmeno dover noleggiare un furgone da caricare con pallet di CD o qualunque cosa passi per formato fisico della musica oggigiorno.
Ma come spesso accade nelle truffe ben architettate, qualcuno vince e qualcuno perde. Le royalty pagate da servizi come Spotify dipendono da quante riproduzioni ricevono le tracce in questioni. Il che significa che comprandole potresti rubare fette di torta ad altri artisti più meritevoli.
Perché dovrebbe importarmi se 21 Savage guadagna lo zerovirgola in meno?, vi starete chiedendo. Ma c’è un motivo valido per diffidare dell’acquisto illecito di riproduzioni. Se un artista paga abbastanza da raggiungere le posizioni più alte delle classifiche di streaming, ha più possibilità di finire su varie playlist. E secondo le maggiori etichette discografiche, il piazzamento sulle playlist ha conseguenze dirette sulla crescita degli ascolti, perché molti consumatori usano le playlist come fonte primaria di nuova musica. Ciò permette a tutti gli effetti a chiunque possieda una carta di credito di pagare fino a entrare in una spirale di riproduzioni digitali, e può portare gli utenti del servizio di streaming ad ascoltare musica che non è così famosa quanto sembra. O bella quanto sembra.
Anche se è improbabile che uno sia in grado di arrivare soltanto pagando dall’anonimato a livello Drizzy in un mese senza essere sgamato dai controllori di Spotify, mercati più piccoli come quello danese, dove bastano molte meno riproduzioni per raggiungere la cima, sono molto più vulnerabili a operazioni di fake stream. Tanto per cominciare si spende meno, e poi è più difficile notarle.
“Ehi ragazzi, ieri stavo giocando con qualche beat e mi sono ritrovato con una roba che fa schifo al cazzo. Così l’ho salvata per oggi”. E questo è stato l’inizio.
Naturalmente, provare che un artista in particolare si è comprato il successo è improbabile, visto che servirebbe l’accesso al suo account o una confessione. In altre parole, è difficile determinare quanto sia diffuso il fenomeno, e le case discografiche non ne parlano volentieri, anche se tutti ovviamente concordano sul fatto che le riproduzioni false esistono e che si tratta di una cattiva usanza da estirpare.
Spotify ha dichiarato in passato di star prendendo provvedimenti per impedire le frodi, utilizzando algoritmi e moderatori per individuare comportamenti sospetti. In risposta alla richiesta di un’intervista, Noisey ha ricevuto la seguente dichiarazione dal servizio di streaming: “Prendiamo estremamente sul serio l’attività fraudolenta. Spotify ha messo in atto svariate misure per il rilevamento delle frodi che tengono sotto controllo il consumo per individuare, investigare e gestire l’attività illecita. Stiamo continuando a investire fortemente nella rifinitura di questi processi e nel miglioramento dei metodi di rilevazione e rimozione, e riducendo l’impatto di quell’attività sui creatori e detentori di diritti legittimi”.
Il che ci porta alla nostra canzone. Abbiamo incominciato dando al progetto un nome che ci sembrava descrivesse al meglio il nostro intento: Cl1ckba1t. Poi siamo andati in studio a trovare un nostro amico producer, che si è dichiarato disponibile ad aiutarci a patto di restare anonimo. Ci ha guardato con eccitazione e ha detto: “Ehi ragazzi, ieri stavo giocando con qualche beat e mi sono ritrovato con una roba che fa schifo al cazzo. Così l’ho salvata per oggi”. E questo è stato l’inizio.
Dopodiché ci siamo passati il microfono tra di noi, scegliendo stili completamente diversi per impersonare diversi MC ugualmente merdosi. Qualcuno ha preferito usare l’autotune per le barre stonate, altri hanno semplicemente tirato fuori i versi più imbarazzanti che potessero immaginare. Un paio di trucchetti di produzione da due soldi e avevamo per le mani l’esatto opposto di una bella canzone. Dopotutto, non potevamo rischiare di ottenere riproduzioni organiche. Una settimana o giù di lì dopo, la traccia è comparsa nei nostri inbox, masterizzata e pronta per mostrarsi al mondo. Poi l’abbiamo ascoltata. Una volta. Da quel momento non ci siamo più rivolti la parola.
Ecco una cosa che forse non sapete sull’industria musicale: è molto più semplice comprare riproduzioni per una canzone che farla caricare su un servizio di streaming. Abbiamo selezionato alla cieca un servizio di intermediazione che prometteva di far entrare la nostra canzone nel database di Spotify. Dopo giorni passati a compilare moduli e in attesa di approvazione, finalmente è successo. Abbiamo ricevuto un’email che ci comunicava che “Streamz (Klicklyfe)” era in viaggio verso Spotify e, una settimana dopo, è diventata disponibile per le masse.
Abbiamo deciso di buttare 40$ per 10mila riproduzioni, pensando che meno di così sarebbe stato troppo poco. Con la gloria di Spotify a portata di mano, ci siamo lasciati prendere dall’avidità e abbiamo tentato di ottenere tutte e diecimila le riproduzioni in un giorno. Fortunatamente, Streamify conosce bene il mondo dell’acquisto di popolarità e ci ha immediatamente mandato un avviso, dicendo che superare le diecimila riproduzioni in un giorno sarebbe stato “pericoloso” per la nostra traccia.
Il servizio ci suggerisce invece di spalmare il tutto su 60 giorni. Ma noi non siamo delle pappemolle, quindi abbiamo deciso di suddividere i nostri 10mila ascoltatori in dieci giorni. È a questo punto che le cose hanno iniziato davvero a ingranare.
Ogni giorno, il numero delle nostre riproduzioni e degli “ascoltatori mensili” cresceva esponenzialmente. Dopo dieci giorni avevamo raggiunto il nostro obiettivo. Eppure, anche se al picco avevamo raggiunto i 5000 ascoltatori mensili, oggi ne abbiamo zero, mentre la traccia è stata riprodotta 10mila volte, come promesso. Grazie Streamify.
Stranamente, è stato più difficile far ammettere la nostra traccia a Spotify di quanto sia stato comprare gli ascolti. Considerando quanti milioni di ore di musica a caso, dimenticata, giacciono nascosti nei meandri di Spotify, c’è voluto uno sforzo sorprendente per far caricare il nostro pezzo. Ma una volta raggiunto questo obiettivo, cinque minuti di clic e una visita a PayPal sono bastati per assicurarci 10mila riproduzioni per la nostra traccia con Streamify. E ne avremmo potute comprare di più.
Non stiamo dicendo che tutte le canzoni che hanno molte riproduzioni sono brutte e/o cattive. Ma gli ascolti portano soldi. E i soldi portano ascolti, il che rende potenzialmente più difficile controllare la qualità della musica sulle piattaforme digitali. Se noi possiamo produrre una traccia e comprare gli ascolti, chiunque può farlo. E se è così, è ancora giusto misurare la popolarità di una canzone con il numero di volte che è stata riprodotta? Non sappiamo dirlo con certezza. Benvenuti alla nuova frontiera digitale.