Música

Come disegnare un flyer per una serata che non faccia vomitare

Nel corso degli anni abbiamo visto delle opere di design decisamente eccezionali create nel nome della club culture. Per esempio, ricordiamo i lavori di Peter Saville per la Factory e l’Hacienda a Manchester, o i fantastici poster per il Ku di Ibiza negli anni Ottanta—in tutto e per tutto rappresentazione estetica di tutti gli eccessi chimici e sessuali di un’epoca che la maggior parte di noi è inaccessibile salvo dal lato visuale. L’iconografia di serate come Gatecrasher è tanto parte dell’età dei superclub quanto i sex show di Ibiza e i DJ milionari con la coda di cavallo che vivevano in elicotteri e bevevano diamanti a colazione. Il designer del momento, David Rudnick, allarga i confini—nei suoi lavori per serate come i Trance Party di Evian Christ o per la Turbo Records di Tiga—e guadagna ammiratori ogni secondo. Un buon poster, flyer o copertina di disco può attrarre, arricchire culturalmente e, in definitiva, dare grande soddisfazione. 

Ma molto spesso queste cose tendono a fare un po’ schifo. Specialmente i poster. Hai presente, no? Incollati alle saracinesche di negozi permanentemente chiusi, o infilati a forza nelle tue mani sudate mentre abbassi la testa e cerchi di raggiungere il taxi più vicino a fine serata. In gran parte si tratta di veri e propri abomini artistici. 

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Ci sono alcuni temi ricorrenti: una foto vagamente misteriosa del DJ, che spesso è soltanto un ultraquarantenne con la faccia di uno che sta litigando con il vicino di casa per una siepe invadente. Questa superstar è circondata da font pacchiani, possibilmente annegati nell’effetto ombra. Ma le vere cagate—il peggio del peggio del peggio, poster tanto brutti che rendono comprensibile il dolore di un chiodo arrugginito nella cornea e ti fanno venire nostalgia dello sguardo di tua madre—di solito comprendono sagome di mani agitate in aria dal “pubblico adorante”, o un prototipo di bella ragazza con le cuffie, rapita da un momento di intenso piacere orgasmico. 

Ma il fatto che molti poster di discoteche lascino molto da desiderare non dovrebbe sorprenderci. Una volta sperperati tutti i soldi per il cachet del giovane talento e le spese correlate, pagare un’agenzia per mettere insieme un’identità visuale ragionata e attenta è l’ultima cosa che passa per la mente del promoter. E se paghi il tuo amico designer in lattine di birra e la promessa del nome in lista… be’, in cambio otterrai quello che ti meriti. 

“Uno dei problemi è che i promoter non hanno tutti ‘sti soldi e tutti ‘sti contatti con il mondo del design—questo è il motivo per la foto del ‘DJ misterioso’”, dice Seb Marling, fondatore dell’agenzia di design londinese Village Green, che ha lavorato a poster e artwork per il fabric fin dagli inizi del club.

Ma non serve spendere una fortuna per fare un poster che spacca. Per risparmiarvi nottate insonni passate davanti a MS Paint e un bel po’ di mal di cuore, abbiamo deciso di chiedere ad alcuni dei migliori grafici della scena di buttare giù qualche linea guida per insegnarvi a fare un buon lavoro senza spendere un mucchio di soldi.

Opera di Seb Marling

1. Guarda che cosa fanno gli altri (e fa’ il contrario)

Il fabric deve la sua molto imitata ma mai eguagliata cifra estetica dal fatto di aver spinto gli artisti a produrre qualcosa che andasse al di fuori dell’arte da club tradizionale. 

“Uno dei principi base del fabric era fare qualcosa che avesse un approccio lontano dalla club culture—arrivarci da una strada inaspettata. C’è sempre stato un sottotesto oscuro—riferimenti all’arte folkloristica, surreale, molti collage, un gran mischione”, dice Marling. 

Ma non era solo il fabric a mettere la parte visuale in prima fila. Back to Basics di Leeds è un’istituzione, ha organizzato la prima festa nel 1991, ed è stata fondata con una mentalità da bastian contrari che si rifletteva nei suoi poster, derivanti dalla cultura punk rock che era il background del promoter Dave Beer. “A quei tempi era appena passata la criminal justice bill. Tutte le serate si chiamavano tipo Sunrise e avevano poster colorati—pensavo che avrei vomitato se ne avessi visto un altro”, ricorda Dave Beer. “Così tornai alle mie radici e alla mia identità punk rock. Era una cosa completamente diversa”. 

Qualche anno fa i poster del Basics sono stati esposti in una galleria a Leeds, cosa che ha sorpreso Beer più di tutti. “Se pensavo che li avrei visti in una mostra? Neanche tra un miliardo di anni—mi lusinga che la gente voglia vederli, immagino che si possano considerare una parte della cultura di Leeds. Coniugare arte e party, quella è sempre stata la mia idea”. 

2. Non avere paura di fare tutto da solo

Se stai organizzando una piccola festa techno nel sotterraneo di un locale con un headliner per cui ti sei svuotato completamente le tasche, con te e i tuoi amici a riempire la serata come guest DJ, non ha molto senso approcciarsi al flyer come se fosse Hakkasan a Las Vegas. 

“In un certo senso è più appropriato mantenere un senso di ‘fatto in casa’, non fare una cosa troppo patinata”, ammette Seb Marling. “Deve avere impatto ed essere memorabile. Il clubbing è un mercato molto giovane, e la gente riconosce quello che vede ‘suo’”. 

Una serata che utilizza questa estetica DIY è la famosa serata house e techno Just Jack di Bristol. Tom Rio è uno dei promoter del club e resident fin dagli inizi dell’iniziativa. È anche il responsabile della direzione visuale del club fin dalla prima festa nel 2006, più per caso che altro. “A quei tempi probabilmente non avrei dovuto farlo—il primo flyer lo feci con un Photoshop che mi passò un amico. A scuola mi piaceva l’ora di arte, così mi misi a fare i flyer”, racconta Tom. “Eravamo molto tirchi e non tiravamo su un soldo, quindi li facevamo da soli. Mi piace pensare che siano belli oggi, ma non abbiamo mai avuto una visione coerente. Seguivano il nostro umore del momento”.

Opera di Tom Rio

3. Ricordati Art Attack

Ora, naturalmente è sbagliato e non si fa, ma non è difficile trovare una copia aumma aumma di InDesign o di Photoshop e guardare qualche tutorial su YouTube se ti va. Ma come nel caso del sampling, tagliare e riutilizzare materiale già fatto può creare risultati incredibili, ed è piuttosto facile da fare usando vere forbici e colla. È un approccio vecchia scuola al collage che tanto Dave Beer quanto Tom Rio hanno utilizzato per poster e vari materiali promozionali. 

“Ho imparato a farlo spendendo poco—scartabellando tra vecchi National Geographic e rovistando su internet, ritagliando roba e giocandoci finché non veniva fuori qualcosa di bello”, dice Rio.

Quando Beer, che aveva studiato arte, iniziò a lavorare ai primi poster di Basics, la strada digitale non era tra le opzioni. “Ritagliavamo fisicamente roba perché non avevamo un computer—be’, non ce l’aveva nessuno a quei tempi”, ricorda. 

4. Non prenderti troppo sul serio

Allora, tornando a quelle foto promozionali di DJ con broncio. Seb Marling ci mette in guardia dall’approccio da muso lungo. “La giocosità è sempre una buona strada da prendere—prendersi troppo sul serio può dar fastidio alla gente”.

Mescolare i diversi campi semantici è un altro buon metodo. “Una settimana facevamo un poster molto scioccante, quella dopo una cosa molto dolce”, dice Beer. “È tutta una questione di avere qualcosa che ti renda riconoscibile—un’impronta digitale. Nel momento in cui riesci a provocare una reazione emotiva, hai fatto il tuo lavoro”.

Opera di Dave Beer

5. Mantieni la semplicità

Il locale, la data, l’indirizzo, il prezzo dei biglietti online, il prezzo dei biglietti alla porta, l’indirizzo di Facebook, il nome su Instagram di ognuno dei 12 DJ di supporto: ci sono molte informazioni da inserire in un poster, ma ricordati che “less is more”. Come dice Tom Rio: 

“Penso che all’inizio si sia sempre tentati di scrivere tutto a caratteri cubitali perché si legga facilmente, ma poi si impara che la cosa importante è concentrarsi su qualcosa che attiri lo sguardo”. 

E così si conclude la guida al poster perfetto per una serata in discoteca, che ti frutterà una coda chilometrica fuori dal locale e una carriera che culminerà nella tua autobiografia pubblicata a puntate da un giornale scandalistico e in una mostra dei tuoi poster al MAXXI come artefatti di grande importanza culturale. Magari ricordati di ringraziarci, poi. 

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