Ogni anno, l’Istat pubblica i suoi dati sul reddito medio dei comuni italiani. E ogni anno, puntualmente, in cima alla classifica—dove uno si aspetterebbe di trovare posti considerati comunemente “da ricchi”, come Portofino—c’è un paesino di 7mila anime alle porte di Milano i cui abitanti, stando agli ultimi dati, hanno un reddito medio di 43mila euro, più del doppio della media nazionale. Quel paesino è Basiglio.
A leggere soltanto le nude statistiche ci si fa l’idea che Basiglio sia una specie di emirato tutto grattacieli, isole artificiali e miliardari arabi con i ghepardi domestici. In realtà è un posto dove un tempo c’erano solo cascine e risaie e che oggi ospita Milano 3, un quartiere residenziale modello con un sacco di verde e piste ciclabili tirato su dal nulla negli anni Settanta dalla Edilnord di Silvio Berlusconi.
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Un piccolo mondo a parte con i suoi centri commerciali e le sue sedi di Banca Mediolanum, insomma, ma niente di speciale. Come fa questo paesino a essere anche il posto con la maggior concentrazione di ricchezza del nostro paese? E soprattutto, che vita fanno i suoi abitanti? Dato che in vita mia non sono mai stato né ricco né a Basiglio, ho deciso di passarci una giornata con l’unico scopo di “fare la bella vita.” Perché è quello che fanno i ricchi. E a Basiglio sono tutti ricchi.
Sono arrivato a Basiglio in tarda mattinata, perché i ricchi possono fare quello che vogliono. Già sulla strada mi sono reso conto che si trattava di un posto particolare, per quanto diverso da ciò che mi aspettassi: all’ingresso del paese c’erano cartelli multilingue con il logo di Fininvest per darti il benvenuto e un’enorme scritta “Milano 3 City” come se fossimo a Hollywood. Era tutto deliziosamente kitsch ed esagerato.
Ovviamente sono arrivato in macchina fin dentro il “centro storico” (una strada lunga forse 20 metri) di Basiglio, dove ho parcheggiato. In quanto forestiero in un paesino con le sue dinamiche, sapevo che appena fossi sceso dall’auto avrei avuto addosso gli occhi di tutti gli abitanti tra i 60 e i 95 anni. Mi avrebbero squadrato e giudicato. Dovevano riconoscermi come uno di loro, come un appartenente a quella specie umana che nei film di vent’anni fa evade il fisco, va alle Maldive a Natale e tradisce la moglie con la segretaria. Così mi sono abbottonato la giacca, aggiustato la mia cravatta d’oro à la Galliani e mi sono appoggiato a una grande berlina nera che ho trovato parcheggiata nei paraggi come se fosse la mia auto. Come potete notare ero perfettamente credibile.
Per la stessa ragione sono andato a prelevare. Mentre mi avvicinavo all’unico bancomat del paese, incassato su un lato del municipio, ho detto ad alta voce facendo finta di parlare tra me e me cose tipo: Chissà se qui prendono l’Amex nera e Meglio prelevare due o trecento euro per le piccole spese.
Nella mia testa questo serviva a rassicurare i miei nuovi compaesani sulla solidità della mia situazione finanziaria. In realtà le poche persone rintracciabili nel centro storico del paese a quell’ora continuavano a guardarmi in modo strano. Come se non avessero mai visto una persona contare vistosamente soldi (sempre gli stessi 20 euro) in mezzo alla strada.
Per entrare un po’ più nello spirito di Basiglio e legare con i suoi abitanti sono andato a fare aperitivo in un bar del centro. L’unico bar del centro, a voler essere precisi. Ho chiesto uno “champagnino fresco fresco” e il barista mi ha guardato perplesso, così ho ripiegato sul crodino—pretendendo però di berlo in un flûte. Poi mi sono seduto fuori per farmi vedere da tutto il paese mentre lo sorseggiavo mangiandoci insieme due patatine.
A questo punto forse dovrei specificare che gli unici altri due clienti del bar erano due anziani signori che bevevano un bianchino. Immaginavo che avrebbero parlato di affari (nella mia testa, a Basiglio non si sarebbe dovuto parlare d’altro) così mi sono messo a origliare discretamente la loro conversazione. “Sai che l’hanno arrestato?” ha detto uno. “Ma và!” ha risposto l’altro. Ecco: frode al fisco, pensavo tra me e me. Finalmente un po’ di azione.
E invece: “Sì, ieri sera gli hanno fatto il test del palloncino! Ma tanto lo rilasciano tra due ore.” Ho buttato giù indignato un altro sorso di crodino.
Poco dopo i due signori sono usciti fuori dal bar e si sono messi a interagire con me. Volevano sapere cosa ci facessi a Basiglio e io gli ho detto di essere lì “per affari.” Poi ho chiesto loro come potevo incontrare il sindaco. “Abita lì, vai a citofonargli,” mi hanno risposto. Spiazzato, ho farfugliato qualcosa sul fatto che intendevo “in veste ufficiale.”
Dopo l’aperitivo, rimandato il mio appuntamento con le istituzioni, ho deciso di dedicarmi davvero agli affari e di andare a fare un giro nella “city” di Milano 3. Nello specifico, volevo andare nella sede di Banca Mediolanum e chiedere “con chi devo parlare” per ottenere l’apertura di una linea di credito con cui finalizzare il closing del Milan.
La sede di Mediolanum si trova in una piazza soprelevata tra un gruppo di palazzoni dove hanno sede alcune altre grosse aziende di vari settori. Appena arrivato ho capito di aver scelto l’outfit giusto: in mezzo a decine di persone ingiaccate e incravattate, il mio mimetismo era perfetto. Purtroppo però non sono riuscito nemmeno a entrare, perché sono stato allontanato dalla sicurezza. Non lo sapevo, ma fermarsi a fare foto davanti all’enorme fontana con il logo di Mediolanum (una M in un cerchio) all’ingresso della banca era vietato.
Saltato l’accordo come un Mr. Bee qualsiasi, mi è venuta fame e ho deciso di andare a pranzo. Così sono tornato in centro a Basiglio alla ricerca di un ristorante stellato.
Ovviamente non ce n’erano. L’unico posto aperto per pranzo era Pizza&Pane—che, come dice il nome, vendeva prevalentemente focacce, panini e pizzette. Quando ho chiesto se avessero niente con il caviale, la signora alla cassa mi ha guardato strano. Poi si è messa a ridere. “Al massimo posso farti un panino con la mortadella.” Ok.
Mi sono seduto fuori su una panchina a mangiare il mio panino, mentre intorno a me alcuni cani apparentemente randagi venivano a reclamare la loro parte. Un signore sulla sessantina mi si è avvicinato e mi ha deliziato raccontandomi la storia del paese. A suo dire il dato statistico sui redditi elevati è fuorviante: molti degli abitanti del comune sono in realtà residenti temporanei, dirigenti di grandi aziende estere che si stabiliscono a Basiglio per qualche anno per la tranquillità e per mandare i figli alla vicina scuola americana.
Comunque, dopo pranzo ho deciso che era arrivato il momento di rilassarmi un po’. E cosa fanno i ricchi per rilassarsi? Almeno nella mia immaginazione, giocano a golf. A Basiglio c’è un golf club—ovviamente—ma quando ci sono andato ho scoperto che era chiuso. Così ho ripiegato sul fare una bella cavalcata rilassante nel verde del quartiere. Anche il maneggio era chiuso. Comunque ho fatto amicizia con il figlio di sette anni dei proprietari e sono riuscito lo stesso a passare qualche minuto ad accarezzare un bellissimo cavallo bianco.
Alla fine, dato che ogni altro tentativo di fare attività rilassanti era fallito, sono andato al parco. Passeggiare al parco non sarà una cosa molto da ricchi, direte voi, be’ nel parco di Basiglio c’è un laghetto finto e un ponticello di legno e tutti i cestini dei rifiuti portano il logo di Fininvest. Ne stiamo ancora parlando?
La breve passeggiata mi ha fatto rientrare in contatto con la natura, ma in quanto ricco ero comunque indignato per non aver potuto giocare a golf. Così mi sono ricordato dei due signori che al bar mi avevano detto di “andare a citofonare al sindaco.” Ecco, ci sono andato davvero. Non era in casa.
Comunque sia, lungo la strada ho avuto un’interessante conversazione con Mr. Garlaschelli, un imprenditore locale attivo nel settore dei pezzi di ricambio per veicoli (ripara biciclette).
Anche lui mi ha raccontato un po’ di cose su Basiglio, dov’è nato e cresciuto, e su com’era il paese prima che Berlusconi arrivasse a costruire. Mi ha anche dato qualche consiglio sui luoghi di interesse nella zona, suggerendomi di andare a visitare una certa cascina e il cimitero del paese, “molto carino.”
Ormai era pomeriggio inoltrato. Ho deciso di fare un salto al cimitero, sia perché mi era stato raccomandato sia perché i ricchi hanno tutti una cappella di famiglia su cui portare fiori, per cui mi è sembrata un’attività in tema con la giornata.
A quanto pare il cimitero di Basiglio è l’unico posto in tutto il paese in cui si può entrare liberamente. Forse è perché sta proprio sul confine esterno del comune, accanto al cartello su cui una striscia rossa diagonale segnala il termine del centro storico. Di fronte c’è il parcheggio degli autobus di Basiglio. Ho parcheggiato la macchina lì, perché pensavo di fermarmi giusto cinque minuti e perché quanti autobus passeranno mai a Basiglio?
Il problema non è quanti, ma quando—l’ho scoperto dalle urla di un autista che è venuto a prendermi fin dentro il cimitero, mentre facevo un minuto di raccoglimento sul sagrato della cappella per ricordare il mio trisavolo Carlo Alberto, fondatore dell’azienda di famiglia nel 1899.
È in quella posizione di suspense drammatica alla “ultimi minuti di Don Pietro in Gomorra“, tra gli improperi dell’autista, che è finita la mia avventura a Basiglio—meno ricco di quando ci sono arrivato, ma quantomeno ancora vivo.
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